“Repubbliche Italiane”: quante sono?
 











"Verso la Terza Repubblica”, convention del 17 novembre scorso, a Roma, attraverso la quale il think tank “Italia Futura” di Montezemolo ha rotto gli indugi, ha raccolto parte della società civile (che vuole continuare l’esperienza di Monti) per prepararsi a una partecipazione politica attiva. Lo ha ribadito lo stesso leader, sottolineando, più volte, la volontà di mettere fine al “disonore dell’Italia”. In quest’ultima rivendicazione è stato, sicuramente, più originale dei predecessori e dei contemporanei.
Il nome è affascinante e ambizioso, infatti ha raccolto le prime pagine dei media e uno spazio notevole. In un clima di confusione politica, in cui l’autunno caldo volge a un austero (a livello economico) inverno che si concluderà con le elezioni di febbraio e marzo, lo slogan può essere davvero efficace e seducente. I personaggi di rilievo che hanno partecipato all’iniziativa, tra cui lo stesso presidente della Ferrari (Montezemolo), ilministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione (Riccardi), il segretario della Cisl (Bonanni), il presidente nazionale delle Acli (Olivero), concorrono ad aumentare la cassa di risonanza.
La Seconda Repubblica è ascritta a Tangentopoli e alla successiva disgregazione avviata per due partiti: la Dc e il Psi.
Il fatto che sia stata orchestrata e parziale, la pone già in una condizione di relatività, in più non è stata accompagnata da modifiche sul piano istituzionale o nella forma di Stato. Senza sconfinare nel qualunquismo, è pacifico affermare che nulla, dal 1992, sia cambiato, anzi, dopo un’illusoria pausa tangentizia, il “vizietto” è ripreso in grande stile e lo dimostra la cronaca quotidiana.
Sviluppo e sovranità italiana sono solo termini e concetti più vacui. I partiti hanno chiamato vorticosamente nome, con definizioni più legate ai leader ma, alla fine, hanno posto in essere gli stessi eccessi imputati a quelli dei decenni addietro.
Le tante illusioni,prospettate con il clamoroso tramonto della Prima Repubblica, sono state completamente disattese, in qualsiasi settore. Anche l’elettore più distratto, beneficiato da anni di “voto di scambio”, innamorato delle istituzioni e bardato di paraocchi di piombo, non potrebbe affermare il contrario.
Legare il “cambio” di Repubblica a un evento importante ma non di vera svolta del sistema politico e istituzionale, pare piuttosto un’operazione di maquillage, senza sostanza. Sembra quasi un voler indicare, al popolo “bue ed elettore”, una sterzata, una specie di versione più recente come se si stesse trattando di un programma informatico o di un telefono cellulare di successo. La cosiddetta Seconda Repubblica, nata da Mani Pulite, potrebbe chiamarsi Italia.2, con aggiornamenti vari: tipo Italia.2.1 (con l’avvento del Cavaliere nel 1994), Italia.2.2 con la riforma costituzionale del 2001 e adesso, trionfalmente, Italia.3.
La Francia è a quota 5; vista la tradizionale antipatia reciproca e,soprattutto, l’invidia che ci lega ai cugini transalpini, il rischio è che si voglia far “meglio” di loro, arrivando in pochi anni a quota 4, poi uno slancio verso il numero 5, infine il sorpasso.
Le 5 repubbliche francesi hanno un senso, uno spartiacque vero e proprio fra le stesse, intramezzate da guerre, imperi, colpi di Stato e decise revisioni costituzionali. La Prima Repubblica nacque nel 1792, in piena Rivoluzione, quando si mise fine alla monarchia. Terminò nel 1804 quando Napoleone si proclamò imperatore.
La Seconda Repubblica iniziò con i moti del 1848 che condussero all’insediamento di un governo provvisorio e alla destituzione del re Luigi Filippo; finì nel 1852 con un incruento colpo di Stato di Luigi Napoleone che svuotò di poteri l’Assemblea costituente e modificò la costituzione a favore dell’esecutivo.
La Terza seguì alla disfatta dell’imperatore Napoleone III a Sedan nel 1870, conobbe la gloriosa fase della Comune (repressa nel sangue) e rimase sino al 1940,quando ci fu la capitolazione francese dinanzi all’esercito tedesco.
La Quarta durò dal 1946, dopo la fine del conflitto mondiale, al 1958, anno in cui, attraverso una revisione costituzionale che fece della Francia una Repubblica presidenziale, con De Gaulle, cominciò la Quinta esperienza.
L’Italia può vantare altre e antiche fasi repubblicane ma non a livello unitario. In questo senso è possibile menzionare l’avventura delle Repubbliche marinare, poi la Cisalpina (dal 1802, per 3 anni chiamata pomposamente Repubblica Italiana) e la Cispadana di fine Settecento. Nel 1849 ci fu quella Romana di Mazzini, Armellini e Saffi.
La prima Repubblica dopo l’unità d’Italia fu quella Sociale, dal 1943 al 1945, per cui quella nata in seguito, nel 1946, è la seconda Repubblica dello Stato italiano.
La nostra Costituzione è stata aggiornata da diverse leggi che si sono succedute sino a oggi ma senza mutarne molto la struttura, compresa la riforma più “corposa”, quella del 2001(confermata da successivo referendum), relativa a un principio di modifica per una struttura federale del Paese.
E’ necessario dunque, non illudere gli italiani attraverso la proclamazione o l’obiettivo di una seconda, terza, o quarta Repubblica che sia; un vero colpo di spugna con il passato procede per “azione e pensiero” con risultati concreti per l’occupazione, la difesa dei diritti del lavoro, la casa, la sicurezza, la salute e l’istruzione. Non è necessario numerare le presunte svolte, soprattutto a priori: occorre farle davvero e se saranno utili per il popolo, allora potranno essere “battezzate”.
La Repubblica auspicabile dovrebbe avere un’altra peculiarità distintiva (sulla falsariga di “presidenziale” e “parlamentare”): quella di “autonoma”; non è necessario scriverla, basta crearla, prendendo le distanze dal vassallaggio atlantico e dalle relative disposizioni interne e internazionali.
La Seconda Repubblica potrebbe essere quella che, presa coscienza dell’inutilitàassoluta (in tutti i possibili termini di valutazione), ritiri immediatamente i contingenti sparsi nei teatri di guerra e rifiuti, solennemente e nei fatti, di partecipare ad altri futuri scenari.
Quest’Italia può ancora definirsi (in barba all’epiteto di “passatista”) come Prima Repubblica, senza assecondare, così, i “consigli” dei buonisti, degli opinionisti e dei parolai; dimostrando, altresì, di non credere alle fandonie, dopo 70 anni di fantapolitica.
La Prima, dunque, avrebbe avuto una durata di quasi mezzo secolo (46 anni), dal 1946 al 1992, l’altra sarebbe rimasta per pochi anni, per la precisione 20. C’è da chiedersi quanto durerà questa fantomatica Terza.
Gli slogan possono essere anche efficaci e tentare l’elettore poco prima di recarsi alle urne, ma lo stesso potrebbe riflettere e valutare se sia il caso di farsi turlupinare ancora, mentre ha perso il posto di lavoro, non ha soldi sufficienti per la casa e per i figli e deve credere all’avvento di nuove repubblichein luogo dell’attuale spazzata via. In questa operazione di pulizia, la polvere che ne uscirà dalla finestra, rientrerà dalla porta principale.Marco Managò

 









   
 



 
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