CORRUZIONE Transparceny International da’ i numeri
 











A difesa della signora Huguette Labelle – per chi non lo sapesse è il presidente della Transparency International – va subito detto che il termine classifica non lo usa mai. Usa il termine “percezioni”. Il criterio di misurazione del grado di corruzione è dato da una serie di interviste in cui si chiede a un campione di cittadini quale sia la loro percezione circa l’esistenza del fenomeno corruttivo nel loro paese. Con questo criterio, in campo musicale negli Stati Uniti, scopriremmo che Elvis Presley è ancora vivo. Su 176 paesi indagati, l’Italia è settantacinquesima con 42 punti su un massimo di onestà pari a cento.
Il mondo globalmente inteso ha 43 punti su cento. Noi italiani siamo a quota 42: a pelo d’acqua. La Francia si duole di essere al 22mo posto, gli Usa sono al 19mo, mentre i paesi più virtuosi sarebbero la Danimarca, la Finlandia e la Nuova Zelanda. Molto più responsabile sarebbe dire che il sondaggio fatto corrisponde all’umore el’opinione che gli interrogati hanno del proprio paese.
Il criterio “nazionale” di valutazione lascia in piedi la domanda: se l’Italia offre una “mazzetta” a un generale indiano per vendergli , mettiamo, quindici elicotteri, il fenomeno viene registrato a carico dell’Italia, dell’India o di entrambe?
Ugualmente invalido il criterio etico adottato secondo i canoni del protestantesimo quacchero . Quando gli Stati Uniti nel 2011 pagarono “il prezzo del sangue” previsto dal Corano in Pakistan per la morte di due pakistani uccisi da un contrattista della Cia per evitargli il processo, fu la spesa corruzione per evitare il processo o ”alta mediazione culturale”? E i 150.000 dollari alle famiglie dei malcapitati pescatori uccisi dai due marò italiani in India, tenuto conto che si trattava di cristiani (niente alibi coranico quindi), come li spesiamo?
A mio parere l’Italia è molto più corrotta di quanto appaia a prima vista, mentre inserire in classifica l’Africa sub sahariana vuoldire non conoscere la compassione né l’antropologia.
Un criterio accettabile potrebbe essere calcolare una serie di parametri quali: il numero di denunzie, il numero dei processi, quello delle condanne, la definizione legislativa di corruzione recepita da ciascuna legislazione, I casi di corruzione internazionale, l’esistenza di una industria bellica che – questo lo sanno tutti – si basa unicamente sulla corruzione, i casi di richiesta di “pizzo” ai negozianti, l’importo della spesa pubblica ( nazionale e locale) di un paese. La percentuale di impiegati pubblici in servizio non assunti per concorso potrebbe essere un altro criterio di valutazione interessante, così come una valutazione in termini assoluti del volume di corruzione. La Somalia che non ha quasi più impiegati statali, si poggia per funzionare, sulle regalie. Considerarle corruzione è da dementi.
Mettere in classifica paesi dove è in corso una guerra è un nonsenso, mancano invece – in nome del political correct – lecorruzioni operate in natura, usando il sesso o la coercizione con minacce. Insomma è un esercizio da tronfi benestanti che ormai non devono corrompere più nessuno.
Abbiamo invece la solita organizzazione che macina milioni facendo una ventina di nomi di finanziatori (c’è una italiana, una certa Giovanna Longo ) e ha la faccia tosta di dire che vive di contributi ”pubblici e privati”. Aspetto di vedere se qualche persona ben avvertita dirà che la classifica è sciocca dal punto di vista statistico, la metodologia è da lupetti dei boy scout, la diffusione mondiale è da Agenti di influenza ben pasciuti, ma ignoranti di usi e costumi del mondo.
La Turchia, inventrice del termine internazionale Bakhshish è in 54ma posizione. E come dicevo, l’Italia dovrebbe essere penultima.Antonio De Martini
 









   
 



 
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