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Crisi. Ospedali in rivolta per i tagli
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I tagli di Monti stanno mettendo in ginocchio non solo vasti strati sociali ma anche tutto il settore sanitario. Ospedali che chiudono, altri che riducono fortemente i servizi, tempi di attesa sempre più lunghi e situazioni di vero e proprio degrado delle strutture ospedaliere. Senza contare la gravità del mancato o ritardato pagamento degli stipendi per migliaia di dipendenti, come nel caso Idi. Anche se recentemente dopo giorni sui tetti di diversi dipendenti della struttura cattolica qualche segnale positivo è arrivato, con il pagamento parziale degli stipendi. La crisi ospedaliera è determinata anche dai tanti sprechi nel settore e dai soliti fornitori famelici che fanno affari in combutta con gli amministratori corrotti. Basti pensare a quello che è successo nella Puglia di Vendola, con gli assessori Tedesco e Frisullo. E’ quasi impossibile parlare di Regioni virtuose, se non della Lombardia, in un settore dove la torta viene spartita frapochi pescecani. La Sanità pubblica è una bella cosa perché garantisce a tutti di accedere ai servizi, però sta diventando sempre più una grande mangiatoia. Un freno agli sprechi ci vuole, attraverso una migliore riorganizzazione del settore. I grandi ospedali non sono comunque la scelta migliore meglio le piccole strutture, attrezzate e pulite piuttosto che i dinosauri sporchi e dove occorre attendere mesi prima di essere curati. Ma veniamo alle proteste della Capitale. I più attivi sono stati tutti gli operatori del Cto, considerato ormai a rischio chiusura. Ma anche tanti dipendenti di altri ospedali cui il governo dei tecnici ha tolto praticamente l’ossigeno. Per ore la Cristoforo Colombo è rimasta paralizzata, per la rabbia dei tanti manifestanti sotto la sede della Regione Lazio. E nella situazione attuale, con la Giunta Polverini dimissionaria, diventa difficile dare risposte ai tanti problemi della Sanità. Molti pagamenti sono sospesi da mesi anche per la continua curadimagrante cui l’ha sottoposta Mr. Monti. E dall’altra parte del Tevere non è che ci vadano meno pesante, facendo mancare agli ospedali cattolici molte risorse. La situazione sta precipitando a tal punto che molte strutture potrebbero non garantire più le essenziali condizioni di assistenza. Anche se va detto: tutte le maestranze ospedaliere hanno sempre garantito il servizio non venendo meno al loro ruolo, pur subendo ritardi degli stipendi o addirittura non vedendoli da mesi. La rabbia è tanta per i tagli che colpiscono un settore in preoccupante crisi. E se la politica non ritorna a primeggiare esprimendo idee e potenzialità difficilmente la Sanità e il Paese ne verranno fuori. Dietro la crisi del Ssn c’è anche il solito tentativo di indebolirla per favorire quella privata. Nella ricetta del commissario ad acta Bondi c’è la chiusura di diverse strutture, pensando così di ridurre i costi. Purtroppo dietro la chiusura ci sono operatori e famiglie che si ritrovano fatalmentesenza più un reddito. Per fortuna il peggior governo che l’Italia abbia mai avuto ha cessato di vivere. Ministri tecnici che hanno fatto rimpiangere la politica. “Il Ssn è una conquista, non svendetelo”, questo il messaggio migliore che si leggeva su uno striscione. Nella gara dell’ipocrisia non poteva mancare il giudizio del capo dello Stato. “Rispetto a quando fu concepito il sistema sanitario nazionale le risorse sono di meno, quindi si deve tagliare, a condizione che ci sia capacità di innovazione e di razionalizzazione”. Per Napolitano servono maggiori regole e controlli per evitare abusi e sprechi. Poi ha invitato quella parte più ricca della società a dare di più. Forse l’esempio dovrebbe venire proprio dall’inquilino del Colle che invece costa sempre di più. “Il servizio sanitario pubblico italiano ci ha reso uno dei Paesi più avanzati in questo settore” ha aggiunto Napolitano. E su questo punto siamo perfettamente in sintonia con il presidente. Solo che non si può farela radiografia del malato per poi affidarlo alle mani del chirurgo delle banche. A furia di tagliare parti del corpo resterà solo la testa.michele mendolicchio
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