Fa freddo. Nelle ossa si sente un gelo tremendo che non risparmia nessuno. E non è un fatto legato esclusivamente al clima. Ormai i partiti hanno cominciato a rotolare verso la data delle elezioni. Una data fatale, direi. Mai, come quest’anno, l’incertezza ha regnato sovrana. Non i sa neppure se qualcuno riuscirà a formare un governo e, soprattutto, se questo governo che sarà formato, avrà la forza e la capacità di incidere sui mali italiani. O, almeno attenuarli. La situazione è drammatica e non solo per la crisi o il vituperato spread. Il problema dell’economia italiana è quello di un cane arrabbiato che si morde la coda e pochi vogliono riconoscere che non sarà facile affrontarlo. Gli aspetti di questo problema naturalmente sono tanti, ma vorrei soffermarmi solo su uno, in particolare. Quello della burocrazia. Sappiamo che la malattia della burocrazia italiana, anziché essere curata attraverso qualche forma di semplificazione, in questi ultimianni è stata aggravata. La ragione principale va ricercata nel fatto che sono stati creati nuovi enti con nuovi posti di occupazione (non di lavoro: il lavoro infatti produce sempre qualche cosa) con funzioni di controllo. Un’operazione che ha portato ad impiegare cittadini che, altrimenti, non avrebbero trovato uno sbocco. Ma questo fatto, oltre che a togliere ulteriori risorse allo stato, complica ulteriormente la vita pubblica, spingendo chi vorrebbe investire per creare qualche reale occupazione produttiva, a non farlo. Questi enti, che dovremmo considerare inutili e addirittura dannosi, si vanno ad aggiungere alle migliaia di assurdi enti già esistenti che nessuno si sogna di sopprimere. Enti, nella maggior parte dei casi, che servono solo a trovare occupazioni di comodo agli amici degli uomini politici. In questo senso, i personaggi più importanti della politica sono diventati capi cordata di gruppi assistenziali che distribuiscono denaro agli aderenti al loro gruppo. È unaquantità enorme di denaro che, unita ai miliardi di euro che il Paese versa sotto forma di cassa integrazione, deve necessariamente uscire dalle casse dello Stato stesso. Insomma, l’Italia è diventata un enorme cantiere sociale dove a produrre, a lavorare veramente, sono sempre in meno. Se a tutto questo ci aggiungiamo le tragedia di imprese come l’Ilva, l’Alcoa, le imprese minerarie sarde e così via, si comprende a quale punto siamo arrivati. Ed è in questa maniera che le famiglie italiane stanno affrontando questa triste stagione fatta di rinunce, in cui siamo tornati ad ascoltare assurdi annunci da parte del mondo politico che si distacca ancora di più dal comune sentire del popolo italiano. Il quale popolo, nonostante tutto, è ancora ben lontano da quelle ribellioni popolari che si vedono in molti altri posti del mondo. Indubbiamente, l’astensione politica dalle urne, sarà un’ennesima forma di protesta civile. Il consenso a liste dirompenti come quella del M5S, anche. Ma ainostri politici, tutto questo non sembra creare eccessiva preoccupazione. Loro sanno che il parlamento sarà invaso da gruppi di “grillini” ingenui ed inesperti. Che qualcuno dei loro peones, non sarà eletto. Che qualcuno dei supervecchi non si ripresenterà. Ma per questi sono già pronte cariche da presidente di qualcuno degli enti che citavo prima. E l’Italia continuerà a scivolare verso il baratro. Abbiamo ascoltato, dalla voce di eminenti esponenti dell’Unioncamere, come la vera soluzione della crisi italiana potrebbe essere ricercata soprattutto nella creazione di nuove imprese. Sembra l’uovo di Colombo. Nuove imprese, significano nuovi posti di lavoro, nuova produzione, nuovo gettito di tasse per lo Stato. Ma come si fa a creare nuove imprese, se le tasse e la burocrazia seguitano ad impedirne la creazione? Chi è così stupido da affrontare un’impresa del genere? Forse, potrebbe farlo lo Stato, ma le leggi europee non glie lo permettono. Le regole, vanno rispettate e non c’ènessuno che desideri farlo più di noi. Tuttavia, mi sembra evidente che cominci ad essere auspicabile la rottura di qualcuna di queste regole, se non si vuole finire peggio di come stiamo attualmente. O le rompe lo Stato, o prima o poi le romperanno i cittadini. E allora saranno guai seri. Le avvisaglie ci sono tutte.Leo Valeriano
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