Professore, ma ti candidi o no?
 











"Ma non avevamo detto che era tutto finito? Staremo qua anche a Natale?". Ieri, alla buvette della Camera, un esponente di spicco del dimissionario governo Monti esprimeva così tutto il proprio tecnico stupore – e se è smarrito lui, figurarsi gli altri - per il turbillon di confusione che avvolge la politica e le istituzioni.
Oggi, a conferma del caos, i due principali quotidiani italiani – ma pure gli altri, a cascata – si schierano su versioni opposte circa gli intendimenti di Mario Monti. Pronto a scendere in politica come candidato premier, secondo "La Repubblica"; orientato invece a restare sul greto del fiume, limitandosi a benedire il rassemblement moderato, secondo il "Corriere della Sera".
Come stanno davvero le cose? Il quotidiano di via Solferino sembra fare da qualche giorno un passo indietro: ma essendo, per ambiente e cultura, il giornale più "vicino" a Monti, può dirsi che in questo modo esprima una reale necessità delProfessore di tenere vivo il clima di attesa, senza sbilanciarsi né di qua né di là. A parte questa considerazione, tuttavia, l’impressione più forte che si ricava dalle molte voci di Palazzo, è che nessuno ne abbia davvero un’idea solida. I circuiti del Professore, del resto, sono ancora sufficientemente separati da quelli del mondo politico. E, anche posto che, come rilevano i sondaggi, la differenza tra un Professore presente nelle liste o solo aleggiante sarebbe di 44 parlamentari in più o in meno, si vira alla questione di lana caprina. Questa: cosa è esattamente una discesa in campo? Benedire una lista non lo è?
Il sipario, comunque, s’aprirà nel weekend. Sabato o domenica, infatti, Monti dovrebbe tenere la conferenza di fine anno annullata venerdì e ancora non riconvocata ufficialmente. Intanto, a discesa in campo dubbia, entrambi gli schieramenti di Pdl e Pd hanno già attaccato il Professore e stanno sfoderando le armi delle rispettive campagne elettorali.
Stamattina, inuno degli innumerevoli palcoscenici mediatici della sua rinata onnipresenza, Silvio Berlusconi è arrivato "per la prima e unica volta" a dare ragione a Massimo D’Alema: "Sono d’accordo con quanto ha detto. Rimarrei sorpreso se ci fosse una partecipazione diretta di Monti alla campagna elettorale. Credo peraltro che non sia nel suo interesse diventare un piccolo protagonista della politica, insieme ad altri", ha detto a Radio anch’io. Sul fronte Pd, alle critiche di Rosy Bindi a Monti per l’inopportunità di aver tenuto il vertice con Casini e Montezemolo nella sede istituzionale di Palazzo Chigi, si aggiunge Enrico Letta: "Se il Professore si candidasse direttamente, incrinerebbe il suo ruolo di senatore a vita".
Agli attacchi bipartisan, si alternano poi le promesse da campagna elettorale. Promesse piuttosto spuntate, per ora: Berlusconi si impegna a ridurre del cinquanta per cento il numero dei parlamentari, Bersani a varare per prime le leggi sul conflitto di interessi. Inentrambi i casi, si tratta di promesse già fatte in passato, e non mantenute. E’ difficile, del resto, per i leader prendere direzioni più precise, visto che non sono ancora chiare le linee del campo di gioco. Se il Pd alterna schiaffi e carezze al Professore (lo stesso Enrico Letta sempre oggi ripete che una collaborazione con lui sarà possibile e benvenuta), sul fronte del Pdl Berlusconi parla di un "rassemblement dei moderati" che "terrà dentro anche la Lega", mentre in simultanea Roberto Maroni, segretario del Carroccio, ribadisce che l’ultima parola sulle alleanze il suo partito la dirà dopo aver ascoltato cosa vuol fare Monti. En attendant il Professore, insomma: tutti quanti, ancora. Susanna Turco,l’espresso









   
 



 
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