L’agenda Monti? Bocciata
 











L’agenda-Monti ha il difetto di tutti i programmi politici: dice tutto e il suo contrario, è magniloquente e promettente ma non garantisce un bel nulla. Più rilevante, forse, studiare l’archivio-Monti: cioè quel che Mario Monti ha fatto come premier nei suoi 400 giorni di governo. Misurandolo innanzitutto sull’economia. Ebbene: nel novembre del 2011, lo stock” del debito pubblico ammontava a 1916 miliardi di euro: un anno dopo, ha sfondato il tetto dei 2000 miliardi. Per effetto di questa crescita e del contemporaneo calo del Pil, il rapporto del debito sul prodotto lordo è salito dal 119% di un anno fa al 126 per cento.
Il rapporto tra il deficit e il Pil è rimasto invariato, invece – nonostante il calo del prodotto - perché il deficit è stato contenuto con i tagli alla spesa sociale e l’aumento della pressione fiscale (Iva, accise sui carburanti, Imu e, ultima, la lotta all’evasione); l’inflazione è ovviamente scesa un po’ anch’essa, a causadel calo dei consumi; la pressione fiscale è salita dal 50,5% al 55,2%, la disoccupazione è cresciuta dal già alto 8,6% a quota 10,8% e i consumi sono caduti del 3,6%.
Questi sono i dati che fotografano, in concreto, cos’è accaduto all’economia italiana durante il governo tecnico del professore. Grave omissione da colmare subito: lo spread, cioè il differenziale dei tassi d’interesse tra Btp e Bund è sceso drasticamente, da quota 500 a poco più di 300: meno male, se no i conti saltavano. Ma il merito è soprattutto di Mario Draghi, capo della Bce, che ha fatto capire ai mercati di essere davvero disposto a tutto pur di “bastonare” la speculazione per difendere l’euro.
Ne consegue che i miglioramenti economici si devono, oltre che all’opera determinante di Draghi, a misure di una banalità assoluta: appunto il rincaro dell’Iva, il ripristino rincarato dell’Imu, l’aumento delle accise; c’è poi stata la batosta della riforma delle pensioni, purtroppo giusta in sé, ma funestata dalclamoroso svarione (a tutt’oggi irrisolto) dei 350 mila esodati che solo in minima parte (un quarto) sono stati “salvati” ma per il resto ancora non sanno che destino gli sia riservato. Misure che chiunque avrebbe adottato, godendo di una “protezione” politica così ampia come quella che l’emergenza dello spread ha messo nelle mani di Monti, e che lui ha usato, ricorrendo per ben 52 volte al voto di fiducia, una volta alla settimana. E con tutta questa legiferazione d’emergenza, non è stato capace di fare altro, di incidere di più sui costi parassitari della pubblica amministrazione, sull’iperburocrazia, su tutto quello che frena la crescita? Evidentemente, no.
Si può dire, alla luce di tutto ciò, che Monti sia stato un bravo premier? Proprio non sembra.
Il consenso di cui sembra aver goduto all’estero non deve trarre in inganno, e per ben due ragioni: innanzitutto perché chiunque avesse sostituito il Berlusconi dilagante e svalvolato degli ultimi mesi avrebbe comunque fattotirare un sospiro di sollievo ai partner europei, ormai imbarazzato dall’ ”effetto-Pazzariello” che le incursioni internazionali del Cavaliere si portavano dietro; e poi perché uno Stato che sia non solo rispetttato ma anche un po’ temuto, com’è la Germania da tutti gli altri, la Francia da tutti fuorchè la Germania eccetera, è uno Stato che non raccoglie solo consenso ma anche guardinga attenzione, com’è ovvio che sia in un contesto, quello dell’Unione, in cui gli interessi degli Stati membri sono spesso contrapposti e in cui sono gli staterelli satellite raccolgono soltanto apprezzamenti a buon mercato.
Quindi? E’ sul quindi che il ragionamento s’ingrippa. Perché per poter sposare un’alternativa a Monti sarebbe necessario che almeno una delle offerte politiche sul mercato oggi  convincesse almeno al 51%: e non è affatto facile, a conti fatti. Tra i populismi di Grillo, Italia dei Valori e (quel che resta della) Lega, il revanchismo surreale del Cavaliere e l’ecumenismocatto-social-vendolian-comunis-buonista di Bersani non è facile sentirsi sicuri. Si finirà con lo scegliere ciò che ciascuno considera il male minore. Ma, per favore, non si dica che Monti è stato bravo. Monti è stato Monti: com’è da una vita. Ha attaccato il ciuccio dove voleva il padrone, cioè la Bce. Quello  bravo è stato Draghi.di Sergio Luciano









   
 



 
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