Sanità pubblica, profitti privati - "A settembre hanno diagnosticato a mia moglie la presenza di metastasi al cervello. Il primario dell’ospedale è stato chiaro: per effettuare rapidamente la radioterapia è meglio che si rivolga a una struttura privata. Ne ha consigliata una di sua fiducia. Infatti lui ci lavora". «Mia figlia aveva un neo molto sospetto sulla spalla. Ho provato a prenotare tramite il CUP, ci volevano dieci mesi per una visita specialistica, ma con cento euro, allo sportello accanto, in intramoenia, l’hanno visitata il pomeriggio stesso». E ancora «Ho speso 230 euro per una risonanza magnetica alla gamba, mica potevo aspettare otto mesi, è tutto un magna magna, se paghi fanno i miracoli» sbotta Marcella, all’uscita di una nota clinica romana. Perché per evitare la lista d’attesa senza fine, per avere la sicurezza che qualcuno ti visiti davvero, per sperare di guarire, nel Belpaese servono i miracoli. E i miracoli hanno unprezzo. In intramoenia. Il medicoospedaliero infatti può lavorare al di fuori del suo normale orario, all’interno della struttura pubblica di cui è dipendente, anche come libero professionista. E visto che non tutti gli ospedali hanno gli spazi per consentirlo, nell’attesa di adeguare i locali, si è creata persino l’intramoenia extramuraria. Intra ed extra, dentro e fuori. Ossimori nostrani. Insomma possono esercitare anche in uno studio privato, basta che ci sia l’autorizzazione dell’azienda sanitaria. Una deroga, sia chiaro. Momentanea. Che di proroga in proroga è durata tredici anni. Più di un decennio in cui solo otto Regioni hanno realizzato i necessari interventi e appena il 50 per cento degli ospedali ha organizzato la vera professione libera intramuraria, nonostante un finanziamento di oltre 800 milioni. E così 365 giorni per una visita urologica, 330 per una mammografia, 270 per un intervento di protesi d’anca, 180 per una visita oncologica, segnalati dal Rapporto PiTSalute del Tribunale per i diritti delmalato-Cittadinanzattiva presentato a metà novembre, si accorciano immediatamente se si mette mano al portafogli. Una settimana, quindici giorni al più. Tanto che, secondo un’indagine del Censis, negli ultimi sei anni è triplicata la quota di cittadini, quasi uno su cinque, che hanno pagato di tasca propria per ottenere accertamenti diagnostici. Solo nel 2010 il ricorso all’intramoenia, con oltre 38 mila ricoveri e 250 mila visite specialistiche, ci è costato 1,3 miliardi. E dire che le liste d’attesa dovevano diminuire proprio perché i medici ospedalieri praticano anche la libera professione. La celerità lascia il posto invece a visite fatte per conto dell’ospedale, ma con compensi percepiti ’in nero’, pazienti vivamente consigliati di rivolgersi alle strutture private. Fino a camici bianchi che, timbrato il cartellino, si dirigono subito nello studio privato per esercitare. Sono i reati contestati nelle 337 denunce, per un danno stimato diquattro milioni di euro, che raccontal’operazione ’Tra le mura’, condotta dai carabinieri dei Nas nel 2011. In oltre il 90 per cento dei casi, ha evidenziato il generale Cosimo Piccinno, sono legati proprio all’intramoenia. Illeciti, controlli pressoché assenti e l’evasione fiscale spesso come regola. I medici dipendenti che esercitano in cliniche e studi dovrebbero infatti versare un corrispettivo all’azienda sanitaria, ma sono numerosi i casi, da Nord a Sud, in cui la Guardia di Finanza ha individuato l’omissione di qualsiasi ricevuta fiscale. Primari, come è accaduto al ’Cardarelli’ di Napoli, il più grande nosocomio del Sud, che hanno calorosamente invitato i pazienti ad abbandonare la struttura pubblica a favore di quella privata. Il professor Paolo Iannelli, a capo dell’ortopedia, preferiva infatti operare nella più efficiente ’Villa del Sole’, elegante clinica adagiata tra Posillipo e il Vomero. Convenzionata e di sua proprietà. E così i malati, come la quasi ottantenneAntonella, abbandonati da giorni su unabarella in attesa di un’operazione, potevano optare per guarire in meno di ventiquattrore. A ’Villa del Sole’, naturalmente. Al modico prezzo di 4 mila euro. E come se non bastasse, dalle indagini è emersa anche una truffa ai danni dell’Asl con false dichiarazioni sulle prestazioni eseguite in intramoenia, svolte da medici non autorizzati o per interventi estetici non rimborsabili dal Sistema Sanitario Nazionale. Di certo i pazienti sono ’facilitati’ nel rivolgersi alle strutture private. «Ma vi sembra normale che in un sito ufficiale di un ospedale pubblico come il policlinico Umberto 1 di Roma, nella pagina dedicata al reparto di Endocrinologia, si trovino più numeri? A quello riportato per le informazioni non risponde nessuno e questo è poco strano. Al numero per le prenotazioni non risulta possibile prenotare visite. E, dulcis in fundo, c’è un link che porta nella pagina privata del primario, con tutti i recapiti del suo studio privato. Echiamando risponde subito una segretariala quale informa che il dottore visita in intramoenia alla modica cifra di 400 euro?» chiede Giuseppe Scaramuzza. Del resto con la riduzione delle risorse, la necessità da parte delle Regioni di rispettare i vincoli di bilancio e gli effetti dei molteplici tagli lineari alla sanità, «i cittadini hanno l’impressione che quello che una volta si chiamava Stato sociale sia diventato uno Stato (A)sociale» tuona Giuseppe Scaramuzza, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato. Ma una soluzione finalmente si è trovata. Si chiama trasparenza. L’eureka si deve al ministro Renato Balduzzi, proprio l’uomo che nel lontano 1999 scrisse la riforma Bindi e introdusse l’intramoenia. Basta con il regime provvisorio e gli illeciti. Grazie al decretone Sanità, approvato con l’ennesimo voto di fiducia, le aziende sanitarie devono procedere in tempi stretti a una ricognizione degli spazi disponibili per l’attività libero-professionale e, seproprio non ci sono, va bene anche lalibera professione dei medici ospedalieri fuori dalle strutture, ma l’attività potrà proseguire solo in ’studi professionali collegati in rete’ e con il controllo di prestazioni e tariffe. «Buone intenzioni, ma con un risultato insoddisfacente» nota Costantino Troise, allergologo ligure e segretario nazionale del sindacato Anaao Assomed. «L’informatizzazione del sistema è solo una parte strumentale, avrebbero già dovuto trovare gli evasori senza penalizzare gli onesti. In più inseriscono una tassa mascherata togliendo un altro 5 per cento dalla parcella per ’abbattere le liste d’attesa’. Una tassa che graverà sui cittadini». Di fatto per una visita intramoenia da 100 euro i medici versano oggi circa il 30 per cento alla struttura di appartenenza, intorno al 20 se la visita è effettuata in studi privati, più un 5 per cento al fondo di solidarietà, a cui in alcune regioni, come il Lazio, occorre aggiungere un altro 10 per cento. Per il dottorTroise «l’intramoenia non è dademonizzare. Le liste d’attesa dipendono dal blocco del turnover e dalla scarsità di personale, ma ai cittadini occorre dare prestazioni garantite a prezzi calmierati. Appesantire di oneri burocratici ed economici aumenta il rischio che passi tutto ai privati che sono in concorrenza con il pubblico». Al di là degli illeciti nel concetto di intramoenia vi è davvero poca trasparenza, e non solo nei confronti dei pazienti. «All’interno degli ospedali mancano spesso criteri meritocratici che consentano di selezionare i migliori professionisti » spiega un chirurgo. «I medici ospedalieri dovrebbero essere pagati di più, mantenendo un rapporto di esclusività, con sistemi di valutazione che consentano di misurare la loro professionalità. In questo modo non si creerebbero inutili conflitti di interesse». Critica le nuove norme anche Ignazio Marino. «Questo provvedimento non migliora la qualità dell’assistenza né la continuità di cura» spiega il senatore, acapo della Commissioned’Inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale. «Le nuove regole che riguardano la libera professione dei medici ospedalieri cancellano lo stesso concetto di intramoenia. Le strutture che ospiteranno l’attività privata dei medici potranno anche collegarsi in rete con l’Asl, si potranno controllare le tariffe e tracciare i pagamenti, ma tutto questo non risolve il fatto che viene infranta l’essenza del rapporto medico-paziente: il medico starà comunque fuori dall’ospedale, non disponibile in caso di emergenza, lontano dai propri pazienti ricoverati e anche da quelli operati personalmente». Di contro per Marino «l’intramoenia dovrebbe essere svolta solo all’interno del nosocomio al di fuori dell’orario di lavoro; il principio dell’equità di accesso alle cure e l’obbligo ad assicurare un numero di prestazioni nel pubblico non inferiore a quelle del privato. Ci sono medici onesti che applicano la legge senza subire un danno economico, anzi fatturando cifre superiori almilione di euroall’anno. Poi ci sono gli altri che speculano sulla salute delle persone, convincendo i malati ad andare nelle loro cliniche private e allungando le liste di attesa negli ospedali pubblici». E intanto con la sanità in crisi, lavoratori che non ricevono da mesi lo stipendio, strutture che rischiano crack da milioni di euro (tanto che persino il policlinico Gemelli, l’ospedale del Papa, ha accumulato debiti per 800 milioni di euro) si sceglie di sospendere o imporre il pagamento per visite e accertamenti. E se non bastasse la trasparenza Balduzzi, per l’intramoenia rimane la consapevolezza profetica di Mario Monti. «Il nostro Sistema sanitario nazionale potrebbe non essere garantito se non si individuano nuove modalità di finanziamento». Allarme. Nuove tasse in arrivo. «Il Ssn è una voce di spesa del PIL pari al 7,1 per cento, ma produce, sempre in termini di PIL, circa il 12 per cento. Come si può quindi dire che sia insostenibile?» si chiedeCittadinanzattiva-Tribunale per idiritti del malato. E dire che solo negli ultimi tre anni sono già stati tagliati 25 miliardi, quasi azzerati i fondi per le politiche sociali e vi è stato un massiccio ricorso a sistemi di compartecipazione alla spesa. Ma la sanità costa, si sa. Quanto alla riduzione degli sprechi meglio non pensarci. Che importa se a Roma servono cinque centri di trapianto del fegato per eseguire 98 interventi l’anno, mentre a Torino ne basta uno per farne 137. La riduzione dei servizi sociali e delle coperture per far quadrare i bilanci sta colpendo indiscriminatamente sacche d’inefficienza e punte di eccellenza. Di certo la salute per tutti, in tempi di crisi, per qualcuno sta diventando un peso insostenibile. Silvia Cerami-l’espresso Niente accreditamento per le piccole cliniche private, a rischio 257 strutture - Lo schema di regolamento sulla riorganizzazione della rete ospedaliera del Ministero della Salute interviene anchesulle strutture private accreditate. E lo fa con un piccolo, ma quanto mai decisivo comma. Non potranno infatti essere più accreditate le cliniche private con meno di 80 posti letto per acuti. In base ad una prima elaborazione effettuata sui dati del Ministero riferiti all’anno 2011, risulta che sono 406 le case di cura private accreditate per le acuzie, per un totale di 28.945 letti per acuti. Ma di queste ben 257 strutture, il 63,3% del totale, hanno meno di 80 posti letto per acuti, e non rientrano nel nuovo limite previsto dal regolamento ministeriale. In tutto potrebbero essere sconvenzionati dal Ssn 10.412 posti letto per acuti, pari al 35,9% dei letti per acuti nel privato accreditato. “È evidente – sottolinea il presidente Aiop Gabriele Pelissero – che un provvedimento che incide sulla riorganizzazione ospedalieraper il privato accreditato e che si limita a tagliare sulle basi di una soglia limite è fortemente sbagliato”. “Non è attraverso un tetto – specifica ilpresidente dell’Aiop – che si può stabilire se una struttura è utile, di qualità o superflua. Occorre fare delle differenziazioni. Per esempio le strutture monospecialistiche hanno soglie diverse rispetto a strutture polispecialistiche”. “Per queste ragioni – continua – crediamo che il provvedimento debba essere profondamente rivisto. Più che di soglie si dovrebbe parlare di standard qualità e di sostenibilità. Inoltre, bisogna evidenziare come vi siano delle differenze elevate tra le strutture pubbliche e quelle private. Le prime sono pagate per costo mentre quelle private sono pagate a prestazione ed è del tutto evidente che un criterio dimensionale non ha una logica”. “In ogni caso – conclude Pelissero – siamo fiduciosi che un esame più attento del Ministero e della Conferenza Stato-Regioni possa portare ad una revisionedel provvedimento, anche perché pensare di chiudere un numero così elevato di strutture sarebbe certamente rovinoso per la sanità italiana”. Nuovi standardospedalieri Tra le norme più controverse della spending review di Monti riguardanti la sanità, figura certamente il taglio dei posti letto ospedalieri che dovranno scendere a un livello di 3,7 letti ogni mille abitanti. Un ridimensionamento della rete ospedaliera di diverse migliaia di letti (le stime variano tra i 20 e i 27 mila letti da tagliare rispetto alla dotazione attuale). La stessa spending review prevedeva però che il taglio si adottasse in conformità con nuovi standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi per l’assistenza ospedaliera, così da garantire un taglio razionale e più equilibrato possibile rispetto alle esigenze di assistenza, considerando anche la stessa spending prevede che i tagli non siano random ma per intere unità di struttura complessa colpendo quelle che hanno bassi indici diattività. Questi standard dovevano essere fissati da apposito regolamento del ministero, d’intesa con la Stato Regioni, da varare entro il 31 ottobre 2012. Lascadenza stabilita dalla spending review è passata sotto silenzio, poi ieri lo stesso Balduzzi ha anticipato ai giornalisti che il testo del regolamento era pronto ed era già stato inviato alle Regioni. Eccolo in anteprima. Finalità primaria dei nuovi standard, a parte quella di dare indicazioni sulle modalità con cui attuare il taglio dei posti letto per ricondurli al nuovo rapporto con la popolazione e al nuovo tasso di ospedalizzazione, è quella di definire meglio la funzione ospedaliera alla luce dei nuovi bisogni e della integrazione con la medicina territoriale. Le nuove tipologie ospedaliere A tal fine vengono anche ridefinite le tipologie di ospedale declinate per complessità e intensità di cura: - ospedale di base, con un bacino di utenza tra 80 mila e 150 mila abitanti, con Pronto Soccorso e un numerolimitato di specilità; - ospedale di I livello, con bacino d’utenza tra 150 mila e 300 mila abitanti, ospitano un Dipartimento di emergenza (DEA) e un numero piùelevato di specialità complesse; - ospedale di II livello, con bacino d’utenza tra 600 mila e 1.200 mila abitanti, dotati di DEA di 2° livello. Queste strutture sono in genere riferibili alla Aziende Ospedaliere del Ssn o Univesitarie, a taluni Irccs e a presidi ospedalieri di grandi dimensioni ma ancora all’interno dell’Asl. Stato di crisi Sanità privata accreditata: “La commissione ha avuto un focus sulle questioni aperte per quel che riguarda la Sanità privata accreditata sia sul piano aziendale che dell’emergenza occupazionale”. E’ quanto ha detto il presidente della III commissione consiliare Dino Marino a conclusione della seduta odierna nel corso della quale sono state audite le organizzazioni datoriali (Aiop, Condindustria Puglia) e sindacali Cimop, Cgil, Cisl e Uil, Ugl e Confsal. Il settore è alle presecon il taglio di 300 posti letto previsto dalla 2° fase di attuazione del piano di rientro in corso, che si aggiungono alle rimodulazioni dei budget e alla paventatasoglia, prevista dalla bozza del decreto sugli standard qualitativi, strutturali e tecnologici per l’assistenza ospedaliera all’esame della Conferenza Stato Regioni, di 80 p.l. per l’accreditamento e gli accordi contrattuali annuali (che comporterebbe la chiusura di diverse case di cura in Puglia). Sull’altro piatto della bilancia il nuovo metodo di calcolo per la riduzione delle Unità operative complesse e la riconversione delle strutture ospedaliere, previsto sempre dalla citata bozza di decreto, con un aumento per la Puglia dei p.l. per post acuti. Questo potrebbe consentire di soprassedere sul taglio dei 300 p.l. per la case di cura private, come è stato proposto da alcuni sindacati. A fronte di tutto questo resta la realtà di un settore in sofferenza (in particolare con riferimento alla Casa della DivinaProvvidenza di Bisceglie e alla CBH di Bari), che nell’arco del 2013 potrebbe portare a un esubero di personale di oltre 1000 unità. Confindustria Puglia ha posto, tral’altro, il problema riveniente da una deliberazione della Giunta regionale dello scorso settembre che ha posto il veto circa la possibilità per la case di cura di utilizzare i p.l. accreditati, una volta esaurito il budget assegnato dalla ASL, per clientela a pagamento. E questo – è stato osservato – nonostante la posizione di apertura in questo senso espressa in una recente sentenza del Consiglio di Stato (n. 1521 del 16 marzo 2012 Sezione III). Secondo le organizzazioni datoriali i posti letto nel privato costano notevolmente di meno rispetto al pubblico. “Un aspetto – è stato detto – che non puo’ essere trascurato in tempi di spending review.” “Sulla problematiche emerse nel corso delle audizioni – ha concluso il presidente Marino – ascolteremo assessore e task force regionale sul lavoro. La commissione intendeapprofondire in maniera adeguata e fornire un indirizzo politico istituzionale al Governo regionale”. Per ciascuna tipologia d’ospedale sono quindi fissati appositistandard qualitativi, funzionali e organizzativi. I criteri per il taglio dei posti letto Gli standard fissati dalla spending review (3,7 letti per mille abitanti e tasso di ospedalizzaione del 160 per mille abitanti), saranno conseguibili intervenendo concretamente sull’indice di occupazione del posto letto che il regolamento indica su valori minimi del 90%. Bisognerà poi tener conto anche della durata media di degenza che per i ricoveri ordinari deve essere mediamente inferiore ai 7 giorni. Per il calcolo della riduzione dei letti (da adottare entro il 31 dicembre 2012) il regolamento precisa poi che: - la popolazione di riferimento dovrà essere quella usata per il riparto del Fsn (popolazione pesata per il macrolivello dell’assistenza ospedaliera); - si dovrà tener conto della mobilitàattiva e passiva (meno tagli nelle regioni che attirano pazienti); - sono equivalenti ai fini del rapporto PL/AB i posti di residenzialità presso strutture sanitarie territoriali,comunque classificate e denominate, per i quali le regioni coprono un costo giornaliero a carico del Servizio sanitario regionale pari o superiore ad un valore soglia pari alla tariffa regionale giornaliera corrisposta per la giornata di lungodegenza ospedaliera (con alcune eccezioni indicate nel regolamento stesso). La valutazione dei volumi e degli esiti delle cure Ma il destino degli ospedali è anche affidato alla qualità. Il regolamento prevede infatti che si debba tener conto sia dei volumi che degli esiti di attività, facendo espressamente riferimento al Programma di valutazione dell’Agenas. Per farlo saranno però individuate soglie minime sia per i volumi che per gli esiti da definire entro 6 mesi dall’approvazione del regolamento. Nelle more delle nuove soglie vengonocomunque indicati alcuni valori di riferimento di cui dovranno tener conto da subito ospedali pubblici e privati. In particolare sono indicate le soglie minime per volumi in sei tipologie di prestazioni(dal carcinoma alla mammella al by pass aortocoronarico) e sette tipologie di prestazioni per valori soglia di esito (dalla proporzione di tagli cesarei alla durata dell’ospedalizzazione per colicistectomia laparoscopica).
Elenco con meno di 80 posti letto
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