Un militare confessa: -Uranio italiano in Kosovo-
 







di C. L.




Anche i bombardieri italiani avrebbero utilizzato in Kosovo bombe all’uranio impoverito. Ad affermarlo è proprio un nostro soldato che in passato ha partecipato a una missione nei Balcani e che esclude la possibilità che durante i bombardamenti del 1999 i piloti non sapessero che tipo di armi stessero usando. «Chi dà l’ordine, chi dà la direttive è indubbio che sapeva, un pilota lo vede gli effetti che dà un’arma all’uranio impoverito rispetto a un’arma in dotazione classica».
La testimonianza, la prima di questo genere, verrà trasmessa stasera nel corso di Controcorrente reportage, la trasmissione condotta su Sky da Corrado Formigli. Fino a oggi il ministero della Difesa ha sempre negato che i nostri soldati abbiano impiegato armi all’uranio impoverito, e così fa anche il ministro Arturo Parisi in un’intervista in onda nel corso del programma. Le parole del soldato, raccontano invece un’altra storia, e rappresentano dunque una prima ammissione
proveniente dall’interno delle Forze armate.
Chi parla, come detto, è stato anche lui in Kosovo nel 2003, missione dalla quale è ritornato ammalato di tumore, come molti suoi compagni. Ripreso di spalle per garantirne l’anonimato (è infatti ancora in servizio), le sue parole non rappresentano una testimonianza diretta, nel senso che lui personalmente non avrebbe mai sparato proiettili all’uranio impoverito, ma ha raccolto i racconti dei piloti che nel 1999 parteciparono alle missioni di guerra compiute nel 1999 sui cieli del Kosovo. Ed è proprio parlando con loro che ha appreso come anche l’Italia, e non solo gli Stati uniti, non si sarebbe fatta scrupoli nell’utilizzare bombe all’uranio impoverito. «Si sa che anche dai mezzi italiani sono avvenuti questi bombardamenti, non solo dai mezzi americani della basi Nato in Italia», racconta il soldato a Controcorrente.
Ma non è tutto. Nel corso della trasmissione vengono mostrate anche tre fotografie e un filmato che dimostrano come inostri soldati siano stati inviati in Kosovo privi dell’equipaggiamento indispensabile per chi viene in contatto con l’uranio impoverito. Le prime due immagini mostrano infatti due soldati del genio impegnati nell’opera di bonifica dell’aeroporto di Djakovica dopo un bombardamento Nato. Sono privi di qualsiasi protezione, lavorano a mani nude e senza neanche una mascherina. La terza fotografia mostra invece alcuni soldati americani impegnati nella stessa operazione sempre nel ’99 in Kosovo. La scena è completamente diversa, i due lavorano con indosso tute protettive, guanti e mascherine, chiaramente consapevoli dei rischi che avrebbero potuto correre toccando oggetti contaminati dalle radiazioni. Nel video, infine, si vede come già rima del 1990 il Pentagono conoscesse bene i pericoli derivanti dall’uranio impoverito, al punto da spiegare quali fossero le precauzioni da prendere.
Prosegue intanto il balletto sul numero di soldati italiani che si sono ammalati o sono morti. Dopo lecifre fatte all’inizio di ottobre parlando di forte alla commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito (255 malati e 37 morti), ieri il ministro Parisi è tornato in commissione e ha corretto il tiro fornendo nuove cifre. Negli ultimi undici anni, dal 1996 al 2006, i militari italiani che si sono ammalati di tumore maligno nei Balcani, in Iraq, Afghanistan e Libano sono 312, di questi 77 sono morti. In tutto, ha proseguito il ministro, il numero complessivo dei soldati malati di tumore inviati in missione e non è invece di 1.703 (nel corso della prima missione aveva parlato di 1.682 soldati). La differenza con i numeri fatti in precedenza, per Parisi sarebbe «dovuta soprattutto al fatto che alcune dicine di malati o morti per tumore allora indicati nell’elenco dei militari che non avevano perso arte alle missioni invece vi avevano partecipato». Il ministro ha poi spiegato che il rincrescimento della causa di servizio per chi si è ammalato è possibile fin da subito, «senza che vi sia ladimostrazione scientifica del nesso di casualità». Infine Parisi se l’è presa con quanti, a suo dire, nelle scorse settimane hanno fornito cifre differenti, creando, a suo dire, «allarmismo» tra i soldati.
Al ministro della Difesa risponde Domenico Leggiero, responsabile del comparto Difesa dell’Osservatorio militare. «Allarmismo? Diciamo piuttosto che piano piano il ministro si sta avvicinando alla verità. Di questo passo serviranno ancora due o tre audizioni perché arrivi finalmente a dire quanti sono i soldati morti, cioè 160. Ricordiamo a Parisi - prosegue Leggiero - che il ministero della Difesa è l’unico in cui i ministri che si sono succeduti non hanno mai disposto ispezioni sull’operato dei verici responsabili, in questo caso, di una strage che continua a perpetrarsi».de Il Manifesto









   
 



 
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