L’enigmatico tempismo tra la firma dell’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari e le dimissioni dell’interessato (stesso giorno, 6 dicembre, con poche ore di distanza) ha evitato che il caso Marco Verzaschi si abbattesse sul già pericolante governo Prodi. L’indagine, però, resta pesante: ieri mattina i carabinieri del nucleo operativo di Roma, guidati dal maggiore Lorenzo Sabatino, hanno notificato un provvedimento di 34 pagine all’ex sottosegretario Verzaschi. E’ accusato di corruzione e concussione nell’ambito dell’inchiesta sulla malasanità nel Lazio, finita sui giornali come «filone Lady Asl», dal nomignolo dato alla superpentita che ha scoperchiato il giro di tangenti attorno alla giunta Storace. Nel 2004, prima di occuparsi di Afghanistan e dell’acquisto dei predator e prima di diventare un importante esponente dell’Udeur, Verzaschi sedeva tra le fila di Forza Italia e dirigeva l’assessorato alla sanità del Lazio. A quell’epoca siriferiscono i due episodi citati nell’ordinanza firmata dalla gip Luisanna Figliolia. Sono entrambi noti da tempo. Il primo era già contenuto nel memoriale che Lady Asl/Anna Iannuzzi consegnò alla procura di Roma un anno fa: durante un incontro con l’allora assessore, la donna, all’epoca imprenditrice nel settore delle cliniche di fisioterapia, avrebbe consegnato 300 milioni di lire in contanti, seguiti da un aggiunta di 100 milioni, per convincerlo ad inserire la clinica San Michele nell’elenco delle strutture convenzionate con la regione. La struttura, in realtà fatiscente e priva di attrezzature, ottenne la procedura poco prima delle dimissioni della giunta Storace. Sempre nel 2004, Verzaschi avrebbe poi chiesto duecentomila euro all’imprenditore Renato Mongillo, titolare della Security service, impegnandosi ad evitare che sorgessero problemi o intoppi burocratici durante la firma del contratto di appalto per la sicurezza dell’ospedale San Giovanni, dato che la gara prevedeva seimesi di prova: di qui, l’accusa di concussione. L’episodio portò sfortuna anche all’ex direttore generale del nosocomio, Francesco Bevere, nominato al vertice della struttura durante la gestione di Verzaschi. Secondo i pm Giancarlo Capaldo e Giovanni Bombardieri, il dirigente avrebbe fatto da tramite tra l’assessore ed il titolare della ditta. A raccontare l’episodio agli inquirenti fu, l’estate scorsa, lo stesso imprenditore Mongillo, arrestato a luglio perché accusato di aver consegnato una consistente cifra all’ex direttore generale della Asl RomaB, Cosimo Giovanni Speziale, per ottenere un nuovo incarico nella gestione della sicurezza della struttura. Da allora, Mongillo come Lady Iannuzzi, ha raccontato parecchi particolari dei rapporti con assessori, dirigenti ed esponenti politici dell’amministrazione Storace. Ieri come sempre - l’indagine dura da più di un anno - Verzaschi ha respinto le accuse. Il suo avvocato, Fabrizio Lemme, ha spedito a giornali ed agenzie uncomunicato: «Rispetto tutti i provvedimenti cautelari, anche quelli che gravano in generale sui miei assistiti, ma ritengo che in questo caso non esista alcun riscontro probatorio». Già questa mattina presenterà l’istanza al tribunale della libertà per chiedere che il suo assistito torni in libertà. L’ordinanza di custodia cautelare a carico dell’ex sottosegretario contiene passaggi molto duri. La gip Figliolia specifica pure che le dimissioni di giovedì, provvidenziali per il governo Prodi, non hanno aiutato l’indagato: «La decisione di presentare le dimissioni da cariche istituzionali a distanza di molti mesi dai fatti contestati non è neppure idonea a incidere sulla sussistenza delle esigenze cautelari che permangono integre nella loro gravità anche perché collegamenti e rapporti permangono anche dopo le sue dimissioni». Il giudice avrebbe preferito spedire Verzaschi in carcere, «misura più idonea». Invece, s’è dovuta attenere alle richieste della procura che fin dall’iniziodell’indagine ha tenuto il sottosegretario ben lontano dal centro dell’inchiesta.de Il Manifesto
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