La manovra correttiva di cui nessuno parla
 











La campagna elettorale si sta rivelando una prova muscolare tra le varie forze in campo. Slogan, proposte, controproposte ed attacchi frontali. L’elettore che voglia vederci chiaro non può fare affidamento sulle dichiarazioni dei candidati. Confuse, contraddittorie e – in alcuni casi – persino mistificatorie. Alcuni temi sono deliberatamente elusi. Non si parla di esteri, nulla assoluto sulla politica industriale, zero sul piano energetico nazionale. Argomenti strategici per tentare di sostenere concretamente l’economia.
I maggiorenti di centrodestra e centrosinistra si limitano ad un copione fatto di promesse e rassicurazioni. Nessuno ha avuto il coraggio di spiegare su quali voci del bilancio dello Stato intende intervenire. La spesa corrente dovrà però essere limitata nei prossimi mesi. Secondo l’ex ministro Giulio Tremonti, devono essere trovati entro dicembre quattordici miliardi di euro. Una cifra ragguardevole, soprattutto in un contestodi forte recessione. Chiunque vinca le elezioni, avrà l’opportunità di organizzare una “prova generale” di applicazione del famigerato “fiscal compact” (in vigore dal 2014). Le norme comunitarie di finanza pubblica prevedono infatti un volume di tagli pluriennali molto simile. Pd e Pdl non vogliono fare chiarezza. Una cosa è certa, è impossibile procedere alla riduzione di Irpef e Irap.
Con gli attuali dati sarebbe molto difficile anche rinunciare al gettito garantito dall’Imu sulla prima casa. Le leggi di stabilità vengono calibrate in base a delle stime sulla situazione macroeconomica, la costante diminuzione del prodotto interno lordo e l’impennata della disoccupazione costringono ad una correzione contabile. Con il crollo verticale dei consumi anche il gettito Iva non può raggiungere quello previsto da bilancio e documenti finanziari. Le scelte degli ultimi tredici mesi avranno quindi un’eredità pesantissima. I successori di Mario Monti saranno messi nella condizione di nonpoter svolgere una programmazione economica. Gli sforzi dovranno essere concentrati sul reperimento delle risorse necessarie al raggiungimento del pareggio di bilancio. Una necessità imposta da una gravissima modifica dell’articolo 81 della Costituzione. Il sol pensiero di nuovi tagli fa venire i brividi. Il sistema sanitario nazionale è in forte difficoltà, i Comuni italiani sono stati scippati di miliardi di euro e lo stato sociale è ridimensionato per “ragioni di cassa”. La retorica europeista porterà poi a fare dichiarazioni dal contenuto menzognero rispetto all’impegno del pubblico in economia o alla qualità del nostro apparato burocratico.
Parole utili ad impedire che si sviluppi un qualsiasi dibattito costruttivo. Bisogna rispondere, punto per punto e numeri alla mano, a tutti quelli che promettono riduzione delle imposte e, addirittura, elargizione di contributi ad alcune imprese. Sono le stesse persone che negli ultimi quindici anni hanno fatto di tutto per affossare ilnostro sistema produttivo. In qualche caso consapevolmente, altre volte perché influenzati dalle strategie dispensate dai palazzi di Francoforte e Bruxelles. L’investimento pubblico in economia deve tornare protagonista nel breve periodo. Tutte le crisi degli ultimi due secolo sono state risolte in queste modo.
Ci risulta davvero difficile credere che i “soloni dell’austerity” abbiano la soluzione in tasca. L’Unione Europa rischia di ritrovarsi ad officiare il funerale del Vecchio Continente; un compito in cui sarà affiancata dai partiti italiani responsabili di una condotta ambigua nei suoi confronti. Segretari e candidati devono avare il coraggio di calare le proprie carte sul tavolo. Gli elettori hanno il diritto di sapere dove si farà economia per raggiungere un taglio da trenta miliardi di euro in due anni. Ovviamente, le sigle in corsa opteranno per la via del silenzio. All’operazione verità è molto più facile preferire un piano opaco o poco chiaro. Bersani ha chiarito piùvolte di non voler “raccontare le favole”, Monti promette di abbassare la pressione fiscale, Berlusconi annuncia il taglio dell’Imu e degli incentivi per chi assume, Ingroia sventola la bandiera della patrimoniale. Escludendo Mario Monti, nessuno di questi signori ha consapevolezza in merito alla reale situazione dei forzieri pubblici.
Probabilmente, a qualche mese dalla chiusura delle urne, tutto si risolverà con una manovra plurimiliardaria votata con procedura fiduciaria da Camera e Senato. Se qualcuno proverà a lamentarsi gli si risponderà con un sempre valido: “È l’Europa che lo chiede!”. Un film già visto. La sovranità in materia contabile sembra un ricordo del passato. Senza una politica votata alla crescita e senza una rivoluzione in campo monetario andrà sempre peggio.Matteo Mascia
«Meno tasse per tutti»
«Meno tasse per tutti». L’avete già sentita? E’ uno slogan che piace, soprattutto ai candidati premier. E infatti, il candidato premier di Lista civica, Mario Monti,a sorpresa, lo ritira fuori dal cassetto. Tanto che, fatalmente, piovono commenti ironici e sarcastici. Sono i rischi del mestiere. Ai quali il bocconiano reagisce con le minacce: solo se perdo le elezioni servirà una nuova manovra economica.
Intervistato a Omnibus, su La7, Monti presenta il suo programma sul fisco e, di fatto, rinnega tredici mesi di governo, a meno che uno davvero non pensi che la crisi è finita (basta vedere i dati sull’occupazione e sulla cassa integrazione per capire che non è così). Infatti, l’ex premier promette a destra e a manca: Imu ridotta già da quest’anno; Irap e Irpef dal 2014. «Ci proponiamo di accrescere la deduzione sulla prima casa da 200 a 400 euro e di raddoppiare le deduzioni da 100 a 200 per figlio a carico e per anziano solo, fino ad un massimo di 800 euro. Il costo stimato di questa operazione – snocciola Monti – è di due miliardi e mezzo», che saranno coperti con «la riduzione della spesa pubblica primaria al netto degli interessi, pari acirca tre miliardi». Tagli, insomma: si leva da una parte per dare dall’altra, ma, secondo Monti, «questa riforma dell’Imu renderà l’imposta più progressiva e più equa sia in termini di reddito che di nuclei familiari».
Sull’Irap, il leader di Lista civica promette, alla fine della legislatura, «il dimezzamento dell’attuale carico fiscale sul settore privato» con «priorità alle piccole e medie imprese», mentre «una riduzione significativa del peso dell’Irpef» sarà «a partire dai redditi medio bassi e la riduzione avverrà dall’aumeno delle detrazioni per i carichi familiari e dalla riduzione delle aliquote a partire da quelle più basse». Nell’arco della legislatura, è la promessa, il gettito Irpef sarà ridotto di 15,5 miliardi per «liberare risorse per le famiglie e far ripartire i consumi».
Forse anche l’offensiva sul fisco al grido di «meno tasse per tutti» è frutto dei consigli del guru americano che gli sta curando la campagna elettorale, ma lo sconcerto è generale. Ha buongioco l’ex ministro Mariastella Gelmini a dire che «Monti rinnega Monti», ma pure al tesoriere del Pd scappa di sogghignare che «c’è da chiedersi se sotto il loden di Monti non si stia nascondendo Silvio Berlusconi». E siccome col Pd, dopo la vicenda Mps, i rapporti si sono fatti ancora più tesi, rincara la dose Anna Finocchiaro, capo dei democratici al Senato: «Fino a un mese fa il governo assicurava che non si poteva spendere un euro in più per esodati e terremotati. Oggi si scopre che sarebbe in grado di ridurre Imu e Irpef e parla di somme immaginifiche. Forse il presidente del Consiglio ha perso il senso della misura». Anche uno come Carlo Sangalli, presidente di turno di Rete Imprese Italia, la prende con le molle: «Certamente fa piacere» perché una progressiva riduzione dell’Irap «è una cosa che da tanto tempo chiediamo. Però ci auguriamo e vigileremo che non siano programmi stagionali».
E già, perché, come ricorda il candidato premier di Rivoluzione civile, Antonio Ingroia,«Monti promette in campagna elettorale ciò che non ha fatto quando è stato alla guida del Paese». Quando, anzi, ha fatto l’esatto contrario.
Anticipando le critiche, Monti si difende sostenendo che considera «coerente il dover essere stato molto duro in questo anno di salvataggio e dire: nei prossimi cinque anni ci possiamo permettere una prospettiva diversa» (ma lui come fa a sapere che ce lo potremo permettere? Già conosce l’andamento dello spread?).
Tanto più che, assicura il professore, «proponiamo misure per bloccare la spessa pubblica corrente al netto degli interessi. Lo Stato – assicura – non spenderà un euro in pù rispetto al 2012. Questo comporterà una riduzione del rapporto tra spesa pubblica e Pil del 4% nell’arco di cinque anni».
Insomma, eccoli qua i numeri del professore, che cerca di convincere gli italiani a dargli il voto. I quali italiani stiano attenti: nel 2013, anche se il Pil dovesse andare peggio del previsto non servirà una manovra bis «ma naturalmentenon escludo niente in certi casi di esito del voto». Come dire: dipende se sarò io il vincitore. Si arrabbia pure la Cgil: «Benché dimissionario - attacca Susanna Camusso - dovrebbe ricordarsi di essere il presidente del Consiglio. Quindi dovrebbe rispondere su come lascia i conti del Paese e non può sostenere che la manovra ci può essere o no a seconda di chi vince. E’ un messaggio minaccioso per gli elettori».
POLEMICA SUL MALI
Ma nella foga di apparire più bello e più bravo dei “politici”, Monti ne combina un’altra, questa volta nel campo della politica estera, per la precisione sul Mali, sollevando un vespaio di polemiche. A Omnibus spiega che «il presidente Hollande ha chiesto a diversi Paesi di dare supporto logistico e alcuni lo hanno dato. L’Italia si è trovata in una condizione di particolare difficoltà, dato lo stato dimissionario del governo: io ho chiesto ai segretari dei tre partiti della maggioranza di pronunciarsi su questo tema, ma non è venuto un appoggio checonsenta di confidare in una delibera del Parlamento. E’ vero che è venuto un ordine del giorno della Camera a favore, ma di significato politico modesto perché molti parlamentari non si ripresentano».
Ma come, devono aver pensato dalle parti del Pd, noi ci prendiamo le critiche della sinistra per il sostegno alle missioni militari e ora lui dice che da noi non è venuto il sì al supporto logistico in Mali? «Riteniamo urgente che il presidente del Consiglio chiarisca il senso delle parole pronunciate a Omnibus - attacca Lapo Pistelli, responsabile Esteri del Pd - Di tutto abbiamo bisogno in questa campagna elettorale fuorché di equivoci o malizie sul tema della politica estera», perché «il Partito democratico ha dato fin dall’inizio la propria disponibilità». «Sorprendente - concorda Emma Bonino, vicepresidente del Senato - perché nell’ultima riunione in Parlamento, su quanto il governo avesse chiesto in termini di supporto logistico sul trasporto aereo mi pare che ci fosse unaconvergenza. Quindi non so bene a cosa si riferisca Monti, ma sarà interessante comprenderlo; forse sono state fatte altre richieste rispetto a quelle che i ministri Di Paola e Terzi hanno presentato alla Camera».
Forse. O forse Monti le sta provando tutte.Romina Velchi









   
 



 
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