L’aviaria potrebbe tornare. Allarme Fao: “Rischiamo che si ripeta il disastroso 2006”
 











“C’è il rischio che l’influenza aviaria possa tornare e avere le stesse conseguenze disastrose che ebbe nel 2006, a meno che non sia rafforzata a livello mondiale la sorveglianza e il controllo di questa e di altre pericolose malattie animali”. L’allarme arriva dalla Fao, l’organizzazione dell’Onu dedicata alle politiche agricole e alimentari.
"La continua crisi economica internazionale si traduce in meno risorse disponibili per la prevenzione dell’influenza aviaria H5N1 e di altre minacce di origine animale”, spiega il veterinario capo della Fao Juan Lubroth. Secondo il quale “anche se tutti sanno che prevenire è meglio che curare, nell’attuale clima i Governi non sono in grado di tenere alta la guardia”.
Continuare con una stretta vigilanza è invece necessario per il capo veterinario della Fao, dal momento che grandi serbatoi del virus H5N1 esistono ancora in alcuni paesi dell’Asia e del Medio Oriente, in cui la malattia è diventataendemica. In assenza di controlli adeguati, potrebbe facilmente diffondersi a livello globale, come ha fatto al suo apice nel 2006, colpendo 63 paesi e infettando oltre 500 persone, uccidendone più di 300 secondo i numeri citati dalla Fao sulla base dei dati forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Investire di più nella prevenzione, secondo la Fao, ha anche un’importanza economica, considerato l’enorme costo inflitto da una vera e propria pandemia. Tra il 2003 e il 2011 la malattia ha ucciso o costretto all’abbattimento di oltre 400 milioni di polli e anatre domestiche e causato danni economici per una cifra stimata di 20 miliardi.
Ma l’allarme della Fao non si ferma all’aviaria. C’è un’altra minaccia crescente, ed è la “peste dei piccoli ruminanti”, o RPP, una malattia altamente contagiosa, che può decimare greggi di pecore e capre. "Attualmente è in espansione nell’Africa sub-sahariana, provocando il caos nella Repubblica democratica del Congo e in altri paesi, masta appena iniziando a diffondersi anche in Sud Africa", ha avvisato Lubroth, secondo il quale “il danno potrebbe essere enorme".
"La cosa ironica – ha proseguito l’esperto della Fao - è che un vaccino contro la PPR esiste, ma pochi lo usano". Insieme con ristrettezze finanziarie, la colpa, secondo Lubroth, sarebbe della mancanza di volontà politica, della cattiva pianificazione e coordinamento dei piani di azione. “Investire nella prevenzione – ricorda la Fao - significa miglioramento delle pratiche di igiene, controllo dei mercati e delle frontiere, della salute e della sicurezza nelle aziende agricole e nei mercati. Comprende laboratori equipaggiati e la formazione del personale per diagnosticare e rispondere ai focolai, nonché nell’organizzazione di servizi di divulgazione efficienti nei confronti degli agricoltori”.
Nonostante le ristrettezze di bilancio, le organizzazioni internazionali dovrebbero dunque provare a fare di più attraverso un’azione concertata. "Abbiamobisogno di riunirci per trovare il modo di garantire la sicurezza della catena alimentare globale. I costi e i pericoli derivanti dal non agire, sono assolutamente troppo alti”, conclude Lubroth.
 

 









   
 



 
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