La polpetta avvelenata lanciata in casa Pd da Giuliano Ferrara con l’aiuto del forzista Sandro Bondi riesce a provocare un certo scompenso. La senatrice teodem Paola Binetti si lancia subito sul boccone, si dice pronta a votare la mozione Bondi per modificare la legge 194. E poco importa se il forzista quella mozione l’ha presentata alla camera, perché da An Gustavo Selva rilancia, annunciando un’analoga iniziativa nel campo minato di palazzo Madama. Ma al di là dei numeri e della possibilità che una revisione della legge sull’interruzione di gravidanza sia possibile - e per la ministra della salute Livia Turco non dovrebbe esserlo -, la questione scuote gli schieramenti politici che, in attesa di una eventuale nuova legge elettorale, sono in fase di ristrutturazione. Con i due principali partiti di maggioranza e opposizione, Pd e Forza Italia (o Pdl), che tentano di neutralizzare la potenziale Cosa bianca contendendosi al tempo l’eredità della Dcche fu. L’iniziativa di Ferrara per una «moratoria» sull’aborto, il nuovo affondo del cardinal Ruini e la mozione Bondi riaprono lo scontro. Se Silvio Berlusconi ancora una volta non si espone personalmente e resta guardingo, lo stesso Bondi corregge il tiro: spiega che con la sua iniziativa parlamentare non punta a una revisione della legge sull’aborto, ma all’inserimento di linee guida per una piena applicazione di quella legge. E il coordinatore forzista nega anche di aver preso posizione per rispondere a Ruini, perché la sua mozione sarebbe stata depositata tre mesi fa. Dal Pd a chiudere la porta a una revisione della 194 è appunto la ministra Turco: «La legge è inapplicata? No, è applicatissima. Ridiscutere dell’aborto? Un dibattito pubblico è possibile, ma non lo è una modifica della 194». E la ministra delle pari opportunità Barbara Pollastrini giudica «irricevibile l’utilizzo di questi temi con finalità ideologiche che, in realtà, mirano a una modifica radicale dellalegge». Dal canto suo, Alfredo Riechlin, presidente della commissione valori del Partito democratico, risponde picche a Giuliano Ferrara. Il direttore del Foglio continua a insinuarsi nelle contraddizioni del Pd, chiede a Walter Veltroni di poter esporre le sue ragioni sulla «moratoria» direttamente nel comitato statuto e identità del partito o, in alternativa, di poter inviare una lettera con la speranza di ricevere una risposta. A rispondere seccamente è Reichlin: «Quella che presiedo io è la commissione del Pd che deve stilare un manifesto dei valori del partito. Non credo proprio che la questione della 194 sia un tema in discussione in questo organismo». Ma Ferrara non si dà per vinto e insiste chiedendo a Veltroni una sua opinione sulla «moratoria» che, sostiene il giornalista, non significa abrogazione o revisione della 194, ma «incentivare politiche contrarie al fatto dell’aborto». Il segretario del Pd non interviene pubblicamente, ma a quanto pare sarebbe apertoall’«ascolto», senza per questo rischiare di terremotare il Pd e la stessa maggioranza. Il «metodo Binetti» (prima che la stessa senatrice, isolata anche dai suoi, in serata corregga il tiro), viene del resto criticato anche da Giorgio Tonini, cattolico del Pd e ascoltato consigliere del segretario. Ma nel partito - reduce dalla sferzata di Tarcisio Bertone («Il Pd non mortifichi i cattolici», ha intimato il segretario di Stato vaticano su Famiglia cristiana), si lasciano margini per un «aggiornamento» della legge. Ad esempio Marina Sereni, pur augurandosi che «l’iniziativa a titolo personale di Bondi resti tale», afferma: la 194 è stata sì «ottima», ma «molte cose sono cambiate e compito della politica è aggiornare la legge partendo però dalla difesa delle ragioni che hanno portato il parlamento italiano ad approvare quelle norme e i cittadini a difenderle con un referendum». E Luigi Zanda, vicepresidente dei senatori del Pd, è d’accordo: «Ben venga il dibattito avendo chiaro che iprincipi stabiliti dalla 194 non sono in discussione. Meglio faremmo noi del centrosinistra se esponessimo le nostre opinioni senza farle precedere né da super veloci aperture a ipotesi di maggioranze trasversali, né da altrettanto immediate sollecitazioni ad espellere chi non la pensa come noi».de Il manifesto
|