Finmeccanica: il mercato della morte avvelena la politica
 











L’arresto dell’amministratore delegato di Finmeccanica Giuseppe Orsi è l’ultimo frutto avvelenato della mala politica e di quel perverso intreccio che lega la mala politica ai produttori e ai trafficanti di armi. Da più di due anni sono venuti alla luce fenomeni di corruzione, tangenti, finanziamento illecito dei partiti e nepotismo che hanno coinvolto il mondo politico italiano e internazionale. Tutti sapevano delle numerose inchieste della magistratura che investono i vertici di Finmeccanica e si sono guardati bene dell’intervenire. Il governo Monti non ha fatto nulla di diverso da quello che aveva fatto il governo Berlusconi. Inclusi gli sforzi per nascondere, agli occhi degli italiani, la situazione disastrosa della nostra principale industria nazionale. Eppure quei vertici sono stati tutti nominati dalla politica. Perché non sono intervenuti prontamente? Cosa hanno voluto nascondere?
Rivoluzione Civile vuole rompere definitivamente questoinsopportabile intreccio tra politica e armi, tra politica e affari, tra la politica e il mercato della morte.
Si sa che chi vende armi non usa le stesse regole del mercato dei fiori. Quello che non si sa è che i produttori e i mercanti di morte corrompono più di tutti gli altri. Transparency International ha dimostrato che la corruzione nel commercio delle armi contribuisce al 40% di tutta la corruzione nelle transazioni internazionali. Questa corruzione rappresenta un peso insostenibile sia per i paesi che comprano che per quelli che vendono, riduce fortemente la credibilità e la trasparenza delle istituzioni democratiche e sottrae preziose risorse ai più urgenti bisogni sociali, come la lotta alla povertà e alla disoccupazione. Ma i governi proteggono i corruttori e i più pericolosi trafficanti di armi perché hanno bisogno di loro. In questo mondo il confine tra il mercato legale, quello grigio e quello nero non esiste.
Finmeccanica è il primo gruppo italiano operante nelsettore dell’alta tecnologia, l’ottavo produttore mondiale di materiale militare. Occupa in Italia 42.000 persone. Ma oggi versa in una situazione disastrosa. I responsabili di questo disastro hanno il nome e il cognome degli uomini e delle donne che hanno agito per conto dei governi Berlusconi e Monti facendo solo i propri sporchi interessi. Non una politica industriale degna di questo nome e delle eccellenze che esistono in Italia.
Per salvare Finmeccanica c’è solo una cosa da fare: cambiare la classe dirigente di questo paese e di conseguenza rompere l’intreccio politico-militare-industriale, combattere in ogni modo il commercio delle armi, riconvertire l’industria militare italiana e investire le risorse pubbliche nei settori civili che possono dare un futuro al nostro paese e, soprattutto, ai nostri giovani.Flavio Lotti









   
 



 
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