Europarlamento d’amianto. Liberiamocene
 











La Francia, ai tempi, pesto spavaldamente i piedi per ospitare la sede dell’inutile e costosissimo apparato parlamentare europeo in quel di Strasburgo.
La chiusura, parziale, della sede assembleare in Alsazia Lorena, da ristrutturare in toto per liberarla dal venefico amianto una volta materiale generalmente e a tutto spiano utilizzato nell’edilizia, offrirebbe, quantomeno, un’eccellente scusa per liberare gli Stati membri dell’Ue da una spesa miliardaria. Anzi, la chiusura dell’europarlamento di Strasburgo potrebbe essere un eccellente motivo per iniziare a smantellare tutta l’eurocrazia comunitaria, anche a Bruxelles e Lussemburgo.
L’Italia, tanto per fare un esempio, risparmierebbe cento miliardi di “contributo”. Ogni anno. (A nulla vale guardareil “ritorno” nei fondi delle quote di investimento europeo: tanto o non sappiamo usarle o, addirittura, non vi attingiamo proprio...).
In ogni caso fermare le spese di ristrutturazione di quelmausoleo, o comunque la semplice ristrutturazione della sua ala fuorilegge, sarebbe doveroso a prescindere.
I costi di ripristino, si badi bene, ricadranno quota parte sulle economie già disastrate dei popoli europei. Risorse pubbliche che, per l’Italia, significherebbero altri tagli e altri prelievi fiscali. Nuovo rigore, insomma nel nome di un’Europa che non appartiene ai popoli, infeudata com’è alle banche e alla finanza internazionale.
Naturalmente, la cancellazione sic et simplicter dell’Unione europea, al momento una nostra particolare utopia, produrrebbe ben altri vantaggi sia finanziari e sia politici.
L’Italia potrebbe così recuperare la sua sovranità nazionale perduta.
Non sarebbe male.
 









   
 



 
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