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Il palcoscenico legislativo offre pochi spazi di manovra |
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Siamo ormai in dirittura d’arrivo. Due sono le cose: o Bersani taglia il traguardo mostrando di avere tutte le carte a posto oppure si torni al voto. Non è affatto pensabile che si possa tornare ad un governo di larghe intese. Anche se tutto sommato ai due partiti maggiori converrebbe. Intanto il pressing nei confronti del 5 Stelle ha sortito poco o niente. L’offerta di una Camera ha raccolto molti sberleffi e nulla più. D’altronde il movimento deve mantenere il proprio stile ovvero non inciuciare con i partiti tradizionali. Quindi nessun tipo di condivisione del mercato delle vacche. “Abbiamo deciso di non scendere a nessun compromesso e di indicare il nostro candidato alla presidenza della Camera e alla presidenza del Senato, candidati che voteremo compatti”, questa la posizione espressa dal capogruppo al Senato Crimi. Se poi gli altri partiti vorranno votarli liberissimi di farlo ma senza baratti di sorta. La legislatura si apre dunqueall’insegna di una forte debolezza. Pd, Pdl e lista Monti sono alla corda. La paura di essere spianati da Grillo e Casaleggio potrebbe indurli a rimettersi insieme, nonostante tutte le contrarietà. Non per niente Monti ha fatto sapere che intende votare al Senato il candidato del Pdl e non altri. Nel Pd invece si continua a tenere aperta la porta al 5 Stelle, con la speranza di riuscire a portare a termine l’impresa. Ma è praticamente un sogno di Bersani e nulla più. “Il Pd -si legge in una nota della dirigenza- conferma di essere alla ricerca di un dialogo aperto perché ciascuno prenda le proprie responsabilità di fronte al tema delle istituzioni e si arrivi se possibile ad una scelta condivisa”. C’è da registrare anche un incontro con il gruppo del Carroccio. L’intento di Bersani è di ottenere un voto di fiducia magari in cambio di una Camera. Ma su questo aspetto bocche cucite da ambo le parti. D’altronde i quattro partiti: Pdl, Pd, lista Monti e Lega non escono propriobene da questa tornata elettorale. A malapena si reggono in piedi. E a Grillo non resterà che attendere per raccoglierne i frutti. Oltretutto il Pd è a rischio spaccatura: Renzi non vede l’ora che il progetto Bersani vada in malora. Difficile dunque un mandato esplorativo al segretario piddino. Anche l’incontro con i montiani non è che sia andato bene. Monti oltreché minacciare un’intesa con il Pdl ha lasciato intendere di non essere assolutamente favorevole all’intesa con il M5S, per via delle posizioni di Grillo sull’euro. Francamente è una delle poche certezze che dovrebbe servire da pietra di paragone. E purtroppo tutti i partiti meno il 5Stelle perpetuano in questo errore. Bersani e il partito democratico hanno delle gravi responsabilità, avendo da sempre caldeggiato questa scelta di entrare nella moneta unica. Naturalmente tutti fanno quadrato contro il referendum di Grillo per ridare dignità agli italiani. Ci hanno portato ad essere un Paese bisognoso del badante. Equesto è un fatto molto grave. Solo scrollandoci da questo giogo potremmo riacquistare l’uso delle gambe. “Che qualcuno dica siamo già fuori dall’euro e che lo vada a dire ad un giornale tedesco non è il massimo delle trovate. Vuol dire che noi andiamo nel Mediterraneo con della carta straccia in tasca e con un disastro di proporzioni cosmiche per questo paese”. Questa posizione di Bersani chiude definitivamente la porta del dialogo con il 5 Stelle. Grillo intanto rilancia il suo pacchetto di tagli. “Il risparmio per le casse dello Stato, grazie al M5S, sarà di oltre 12 milioni all’anno. Se ogni parlamentare seguisse l’esempio del M5S il risparmio annuale sarebbe circa 70 milioni, pari a 350 milioni per l’intera legislatura. Bersani faccia firmare i 468 parlamentari del Pd”. Ma il partito di Bersani l’ha pensa in maniera diversa. L’apparato si regge in piedi grazie al finanziamento pubblico. Altrimenti verrebbe giù come birilli.michele mendolicchio
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