Monti mette sotto accusa il populismo
 











Per Mario Monti i veri nemici sono e restano quelli che nell’Unione europea cavalcano i “populismi”. Un termine che nell’ottica della tecnocrazia europea, della quale Monti fa parte, comprende tutti coloro che pensano che al primo posto non ci debbano essere gli interessi delle oligarchie finanziarie né tantomeno l’innalzamento sugli altari del Libero Mercato inteso come una divinità intoccabile e non criticabile. Ma debba esserci in primo luogo la difesa dei diritti dei cittadini e dei lavoratori e più in generale di quanti non accettano che il lavoro sia ridotto a merce.
Il termine “populismo” inteso come offesa sanguinosa e come caratterizzante un atteggiamenti chiuso e retrivo, è stato usato da Monti in una lettera, forse l’ultima da capo di governo consegnata ai colleghi in occasione del vertice europeo di Bruxelles.
Per favorire la crescita economica, la strada indicata da Monti è quella conosciuta. Insistere con la linea del rigore nelcontrollo della dinamica dei conti pubblici, risolvere i problemi della disoccupazione, stimolare i Paesi membri ad utilizzare di più e meglio i fondi europei e “premiare”, non si sa bene come, quelli che realizzeranno le riforme strutturali.
Rendendosi conto che la linea finora seguita ha provocato scarsi risultati e non ha creato né occupazione né ha innescato crescita economica, Monti ha cambiato leggermente indirizzo, auspicando una “flessibilità controllata” all’interro del Patto di Stabilità. Quello che implica l’impegno a scendere al 60% nel rapporto Debito pubblico e Pil e l’azzeramento del disavanzo. Al vertice c’è stato in effetti un accordo che permette ai Paesi “virtuosi” con il disavanzo sotto  il 3% o vicino allo 0 di non considerare gli investimenti statali in infrastrutture come spesa pubblica.
Sentendosi poi vicino al’addio, Monti ha difeso il suo operato ricordando i suoi successi (forse il debito che è cresciuto in un anno dal 120 al 127%?) e ammonendo icolleghi sui rischi che correrebbe l’Unione europea se non metterà in campo una capacità di innovazione politica. Al tempo stesso, il professore della Bocconi, ha ammonito gli italiani  sul fatto che la nostra situazione impressiona e preoccupa l’Europa specie dopo le elezioni che hanno creato una fase di incertezza politica.
Uno stallo che si aggiunge alle difficoltà di fare quadrare i conti e che provoca una reazione negativa da parte dei mercati finanziari con pressioni sul valore di mercato dei Btp decennali, sugli interessi e sui rendimenti, e sullo spread con i Bund tedeschi. Queste difficoltà, a suo avviso, dovrebbero essere uno stimolo ulteriore per realizzare tutte quelle riforme che da tempo vengono rinviate. Peccato che per favorire la crescita, Monti finisca inevitabilmente per sostenere la necessità di una riforma del mondo del lavoro, basata su flessibilità, precarietà e libertà di licenziamento. Gli unici mezzi, a suo avviso, per invogliare le imprese ad assumeree quindi per creare occupazione. Andrea Angelini









   
 



 
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