Il governo Monti ha aggiunto alla sua lunga collezione di patacche anche la “resurrezione” del Sistri, il Sistema informatico tracciabilità rifiuti, nato ufficialmente per decreto ministeriale il 17 dicembre 2009, per rendere più efficace la procedura di smaltimento dei rifiuti e combattere il traffico illecito di rifiuti, ma mai decollato. Tracciare un rifiuto significa compilarne la carta d’identità, seguirne passo passo lo smaltimento e garantire la trasparenza della procedura. Prima, questo procedimento, era cartaceo, uguale per tutte le aziende e si basava sulla compilazione di un modulo detto Mud (modello di dichiarazione ambientale). Il Sistri, invece, funziona tramite un dispositivo elettronico Usb da inserire nel pc dell’utilizzatore, per accedere al sistema, trasmettere i dati, firmare elettronicamente le informazioni e registrarle in una black box installata sui camion attraverso cui si monitora il percorso del ciclo dei rifiuti. Ilsistema di tracciabilità, sviluppato da Selex Service, l’azienda del gruppo Finmeccanica sulla base di un appalto le cui clausole sono coperte da una sorta di segreto di Stato (per consentire, questa la motivazione ufficiosa, all’azienda che lavora con una avanzatissima tecnologia militare, di godere della massima protezione e dunque rimanere inaccessibile alle mafie che lucrano sul ciclo dei rifiuti), sarà attivato, per l’ennesima volta, dal prossimo primo ottobre per i produttori di rifiuti pericolosi con più di dieci dipendenti e per gli enti e le imprese che gestiscono rifiuti pericolosi, mentre per tutte le altre imprese l’avvio è fissato per il tre marzo 2014. A stabilirlo, è un decreto del ministro dell’Ambiente Corrado Clini. Il pagamento dei contributi di iscrizione al sistema resterà sospeso per tutto il 2013. Ideato per combattere le eco-mafie, ha avuto una vita a dir poco travagliata, con continui rinvii sulle date di attivazione e polemiche anche feroci per la suaapprossimativa gestione. Basti pensare al click day del 2011, ovvero al giorno della prova generale del suo funzionamento, rivelatosi, a detta delle imprese, un vero fallimento. I numeri del flop sono da capogiro: nove rinvii più una sospensione a tempo indeterminato; 70 milioni di euro versati da 325mila imprenditori italiani; 500mila chiavette Usb distribuite e 90mila black box installate. Sospeso, come abbiamo già accennato, per l’ultima volta lo scorso anno, con un disposto previsto dall’art. 52 del decreto legge 26 giugno 2012 n. 83 “Misure urgenti per la crescita del Paese”, è stato rimesso in pista. Le procedure di verifica per l’aggiornamento dei dati delle imprese che lo adotteranno dall’inizio di ottobre, partiranno dal 30 aprile e si protrarranno fino al 30 settembre. Dal 30 settembre al 28 febbraio 2014 un’analoga verifica riguarderà tutte le altre imprese. Le aziende che trattano rifiuti non pericolosi, esonerate da questa prima fase, potranno comunque utilizzare ilSistri su base volontaria dal primo ottobre prossimo. “Abbiamo voluto dare - ha spiegato Clini in una nota - grande rilievo alla collaborazione con le imprese. Vanno letti in quest’ottica anche i sei mesi che ci separano dall’avvio del sistema per i produttori di rifiuti pericolosi. Obiettivo di questa fase preparatoria è anche quello di consolidare la collaborazione con le imprese coinvolte e di eliminare le pesantezze burocratiche e amministrative che sono state avvertite come un limite del progetto”. Il sistema di tracciabilità dei rifiuti, ha commentato ancora il ministro, “è un adempimento che discende dalle leggi nazionali e dalle direttive europee e rappresenta anche uno forte strumento di lotta alle ecomafie che sul traffico dei rifiuti costruiscono affari causando enormi danni al territorio e all’ambiente. Il nuovo programma per l’avvio del Sistri, superando le problematiche emerse in passato, confido possa rappresentare un presidio di legalità e trasparenza per tutta lafiliera dei rifiuti”. Sperando che questa volta funzioni per davvero. E non solo per contrastare i traffici degli eco-criminali ma anche per le tasche dei contribuenti. Molti non sanno, infatti, che qualora non dovesse andare a regime, gli investimenti in reti e software resteranno per intero a carico delle casse pubbliche e, naturalmente, delle tasche private di chi finora ha pagato per non avere nulla in cambio. Ernesto Ferrante
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