Stressati perché liberi, la rivoluzione di Peter Sloterdijk
 











Non si fa che parlare di libertà. Nei dibattiti televisivi, in politica, nei salotti: è (giustamente) il pallino della società. Ma nella realtà dei fatti, gli uomini sembrano essere tutti in catene. Le catene insolubili dei vincoli lavorativi, della crisi, della precarietà, dei tempi isterici in cui si svolge la vita nelle metropoli. L’essere umano oggi è sempre più oppresso da frustrazioni, insoddisfazioni e disagi di ogni genere. Vive preso nella morsa di una routine insieme noiosa e affannosa, restando vittima di desideri irrealizzabili, di ansie e paure per il futuro, schiacciati da un consumismo egoistico.
Così, sul tavolo dei filosofi arrivano alcune domande: qual è la relazione che tiene insieme stress e libertà? È vero stress? O si tratta di un’invenzione dei media? E soprattutto, da una condizione come questa possono nascere forme di libertà nuove? Secondo l’autore di "Critica della ragion cinica", il filosofo controcorrente PeterSloterdijk, che pochi mesi fa ha sconvolto l’opinione pubblica, teorizzando l’abolizione delle tasse, sostiene che il tanto stress a cui siamo sottoposti è la naturale conseguenza della libertà. Una società "libera" e individualista come quella di oggi obbliga a correre, correre, correre per conservarsi, proteggersi e raggiungere i propri obiettivi. Il pensatore lo chiama "stress da autoconservazione", una molla che ci fa sentire come un atleta chiamato ogni giorno a battere il proprio record con la paura costante del possibile (probabile) insuccesso. Quindi Sloterdijk afferma che "una nazione è un collettivo che si fonda e si preserva sull’angoscia comune", e lo stress è il prezzo inevitabile per sentirsi liberi.
L’AFFAIRE - Nel settembre 1999 Sloterdijk pubblica una conferenza intitolata “Regole per il parco umano. Una lettere di risposta alla Lettera sull’Umanismo di Heidegger” sul settimanale Die Zeit. Questo intervento viene male interpretato e genera uno scandalo moltomediatizzato. Il filosofo vi propone una riflessione sull’umanismo, la genetica e i problemi posti da ciò che lui chiama l’“addomesticazione dell’essere umano”. L’uso della parola «Selektion» (carico di connotazioni, in Germania, che rimandano al nazismo) nel suo testo gli procura severe critiche (soprattutto da Jürgen Habermas) e la messa in questione della sua stessa notorietà e autorevolezza. Il termine viene impiegato due volte nell’intervento, nel contesto della “selezione natale” e poi messo in parallelo con la parola «Lektion» (lezione), in analogia con «Auslesen» (la “scelta” dell’antologia). La controversia è ugualmente proseguita in Francia, dove Sloterdijk riceve l’appoggio, in particolare, del suo traduttore Olivier Mannoni, di Bruno Latour, Éric Alliez, Jean Baudrillard e Régis Debray.
Influenzato da Friedrich Nietzsche e dai suoi interpreti francesi (Gilles Deleuze e Michel Foucault), dopo la "filosofia della contestazione" della Critica della ragione cinica (1983) siè occupato, con un approccio antiumanistico, di psicologia e filosofia politica. Sloterdijk intende il postmoderno come la posizione di chi combatte il totalitarismo della metafisica classica occidentale, la cui storia è da interdersi come un processo di globalizzazione. Perciò, più che fenomeno contemporaneo, la globalizzazione si identifica con la modernità, cioè con l’epoca in cui la follia di espansione globale diventa ragione di profitto. La filosofia di Sloterdijk rompe l’equilibrio tra il solido accademismo di un professore scolastico e un certo senso di anti-accademismo (testimone del suo interesse sempre in corso per le idee di Osho, del quale divenne discepolo negli anni settanta). Nonostante le critiche che alcuni lati del suo pensiero hanno provocato, lui rifiuta di essere classificato un “pensatore polemico”, descrivendo se stesso invece come “iperbolico”. Le sue idee rifiutano l’esistenza dei dualismi (come corpo e anima, soggetto e oggetto, cultura e natura, etc.) apartire dalla loro interazione, cioè come “spazi di coesistenza”, e progressi tecnici che creano una realtà ibrida. Così Sloterdijk, che sta provando a sviluppare un nuovo umanismo spesso chiamato postumanesimo, cerca di unire diverse componenti che sono state, secondo lui, erroneamente considerate separate l’una dalle altre. Questa ricerca lo ha condotto a proporre la creazione di una “costituzione ontologica” che vuole incorporare tutti gli esseri – umani, animali, vegetali, e macchine.
L’OPERA CHE L’HA RESO FAMOSO - La "Critica della ragion cinica" (Kritik der zynischen Vernunft), pubblicata da Suhrkamp nel 1983 (facendo eco alla "Critica della ragion pura" di Kant, pubblicata due secoli prima), diventa il libro filosofico più venduto in lingua tedesca dalla Seconda guerra mondiale e lancia la carriera di Sloterdijk come autore.
Critico della modernità e del razionalismo, l’autore constata che l’epoca contemporanea è scossa dalla sua stessa adesione ai principidell’Illuminismo (Aufklärung). La lotta contro l’oscurantismo, pur vantando e mitizzando il progresso dovuto all’uso dei “lumi della ragione”, non può più essere considerata attuale. Sloterdijk le oppone il cinismo (kunisme), ispirandosi all’omonima corrente filosofica della Grecia classica. Questo, secondo il filosofo, può essere visto come un rimedio, persino un superamento della situazione di impasse in cui si trova preso, a suo avviso, il progetto dell’Illuminismo.
L’autore
Peter Sloterdijk insegna alla Hochschule für Gestaltung di Karlsruhe e alla Kunstakademie di Vienna. Tra gli ultimi volumi pubblicati nelle nostre edizioni, Devi cambiare la tua vita (2010), Stato di morte apparente (2011), La mano che prende e la mano che dà (2012).

 









   
 



 
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