Bersani sgambetta il Colle e fa infuriare il Pdl
 











On. Pierluigi Bersani

Alla fine ha deciso che era ora, anche per lui, di mettere i puntini sulle i. Una sfida, dentro e fuori il suo partito («Il Pd è un partito plurale e quindi può dare adito all’idea che spesso si divide, ma non credo proprio che accadrà»). Pier Luigi Bersani dà la sua versione dei fatti, difende le sue scelte, mette nero su bianco la propria agenda, indica quella che per lui è la strada da seguire per uscire dallo stallo in cui le istituzioni italiane sono piombate (insieme con la crisi economica). E ribadisce che la linea del Pd è stata decisa nella direzione del partito (otto punti compresi) e dunque è lì che la si cambia.
Il leader democratico resta convinto che un governissimo sarebbe una risposta sbagliata (non sarà contento Napolitano di sentirlo), perché «la politica sarebbe chiusa in un fortino», proprio mentre «il Paese chiede una guida, ma manca di fiducia ed è con questa profonda convinzione che ci siamo messi all’opera per cercare una
risposta». Sì, perché, ribadisce Bersani «siamo in ogni caso il primo partito e dobbiamo avanzare una proposta utile al paese. Per garantire governabilità, cambiamento e corresponsabilità». Con Berlusconi ciò non sarebbe possibile, dice Bersani: «Sarebbe un governo immobile, la politica in una zattera sempre più piccola in un mare molto agitato. Con Berlusconi abbiamo già un’esperienza alle spalle, il governo Monti, e abbiamo già visto l’impasse». Ciò non toglie che sarebbe disposto ad incontrarlo, sebbene « non ad Arcore o a Palazzo Grazioli», perché per il Quirinale «cerchiamo una larghissima convergenza».
Il segretario del Pd prende atto del «disimpegno» del Movimento Cinque stelle che «congela otto milioni di voti» e concede a Napolitano di aver «fatto quello che doveva e poteva fare: garantire all’Europa e all’Italia una continuità istituzionale». Ma ci sono dei limiti da non superare: «Noi accompagniamo questa strada (quella dei saggi, ndr) ma con fermezza ribadiamo il nostro
punto di vista: affiniamo e discutiamo la posizione ma quella del doppio registro, governo di cambiamento e convenzione per le riforme, è secondo noi l’unica pista».
Ma la conferenza stampa serve soprattutto a Bersani per chiarire che lui è ancora in campo (e sembra che parli soprattutto al Pd): «Il mio pre-incarico è stato assorbito ma non vado al mare. Io ci sono, non intendo essere un ostacolo ma ci sono» e «porto il partito fino al congresso. Appena ci sarà, la ruota girerà».
Poi rivendica la sua scelta di tentare l’incarico di formare il governo, un tentativo non «inutile». Le elezioni anticipate, dice, sarebbero state «disastrose», ma la sua non era ostinazione; semplicemente ha in mente «una soluzione per il Paese». E se lui fosse un «ostacolo» alla soluzione, beh, «è a disposizione».
Insomma, Bersani sgambetta Napolitano (che le sta tentando tutte pur di fare un governissimo) e fa infuriare il Pdl: «Devo dire con grande rammarico, ho ascoltato oggi le stesse parole
ostinate, chiuse, fuori dalla realtà dei numeri del Parlamento, che l’onorevole Bersani ripete da 36 giorni - attacca Alfano - Se Bersani vuole occupare tutte le istituzioni, non c’è alcuno spazio per il dialogo. E ovviamente, se questo stallo prosegue, c’è solo la strada delle urne a giugno». Contento invece Vendola: «Bravo #Bersani, nessuna alleanza con Berlusconi» scrive su Twitter.