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Napoli, Turco manda gli ispettori
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di Francesca Pilla
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Tra i corridoi del Nuovo Policlinico si mormora sottovoce, tanto clamore non se lo aspettavano e ora lunedì arrivano gli ispettori del ministro alla sanità Livia Turco. Nessuna conferma ufficiale, ma nel reparto di ostetricia, dove lunedì sono piombati gli agenti del commissariato Arenella per cogliere in flagranza un aborto illegale, lo danno per certo. Nella struttura sono tranquilli, è uno dei migliori ospedali del paese per l’Igv con 270 aborti l’anno e tutto, quel lunedì, si è svolto secondo le regole. La donna, alla 21esima settimana, aveva un certificato dello psichiatra e le analisi confermavano la cromosomopatia del feto. E’ andata in bagno dopo l’induzione al travaglio, può capitare - come spesso avviene negli aborti spontanei - che ci sia uno stimolo a defecare. «Probabilmente - spiega un ginecologo che preferisce restare anonimo - il feto era molto piccolo, come è normale alla 21esima settimana, parliamo di una borsa sottilissima alla quale basta una piccola pressione per rompersi». Nessuna anomalia dunque nell’espulsione anche perché «il fetino - continua il medico - pesa al massimo 400 grammi e ha una testa non più grande di tre centimetri». Gli ispettori non troveranno nulla, il personale ne è sicuro. Piuttosto altre regole sono state infrante in quella incursione, forse troppo affrettata e dove si è un po’ «strafatto». E infatti sull’intrusione degli agenti nel rapporto fiduciario tra medico e paziente, sull’interrogatorio a caldo di Silvana S., la 39enne di Arzano, il Garante per la privacy ha chiesto alla questura, alla procura e all’azienda ospedaliera tutti i particolari per valutare se siano stati rispettati i diritti della donna. «Gli accertamenti - spiega in una nota - sono volti anche a verificare il quadro delle misure organizzative e tecniche adottate per assicurare la tutela dei diritti delle persone ricoverate per interruzione volontaria di gravidanza». Insomma il reato deve essere accertato, non si può pretendere di conoscere lo stato del paziente 20 minuti dopo un intervento. Disporre il sequestro della cartella clinica era già sufficiente. La Procura di Napoli continua a difendersi, la telefonata era circostanziata e ieri è salito a galla anche il nome del denunciante Ciro De Vito, un portantino. Sarebbe stato lui a chiamare preso dal panico, spiegando che la signora aveva partorito il feto nella bacinella e usando toni forti e concitati, ma mai pronunciando la parola aborto illegale, anzi mettendola quasi in termini di competenze. Quella donna ha detto l’uomo al telefono non doveva trovarsi in stanza, ma in sala operatoria. «E’ chiaro - spiega ancora il ginecologo - che se le cose sono andate effettivamente così, tutto questo caos è generato da una persona con poca esperienza. Avrebbe potuto dare alla signora una pala e farla stendere nel letto. Ma ripeto può capitare che i feti vengano espulsi improvvisamente, non ci sono i tempi di un travaglio normale. Non mi pare ci siano incompetenze dei sanitari». Ieri però De Vito, dopo la bufera su quei quattro minuti al telefono, non si è presentato: «Non è al lavoro, nessuno di noi lo ha sentito e non sappiamo quando rientrerà», dice una collega all’esterno della sala parto. «Lo conosco, è una brava persona - spiega con un sorriso il dottor Camillo Cadente, ginecologo e obiettore - Non so se sia stato lui o meno a fare quella denuncia anonima, ma una cosa va detta: la prostaglandina provoca dolore, magari la signora che ha praticato l’ivg si è lamentata a lungo prima dell’espulsione del feto. E’ facile allarmarsi quando si sente una donna che si lamenta, soprattutto quando non si è un medico». «So chi è la signora in questione - interviene un’infermiera - le ho detto io di venire al Policlinico. E’ assurdo che una cosa della quale magari non voleva far sapere nulla a nessuno sia diventata di dominio pubblico». Fuori c’è un sit-in in solidarietà proprio di Silvana S. C’è un nutrito gruppo di donne, rappresentanti dei sindacati, ma soprattutto ci sono gli operatori e le operatrici che difendono la 194, quei pochi non obiettori rimasti. Distribuiscono un volantino molto chiaro: «Diamo forza alla protesta per evitare che si torni al clima del ’78, quando l’obiezione veniva usata per coprire interessi di lobby private e di presunte posizioni politiche giocate sulla pelle delle donne».de Il Manifesto |
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