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Telecom rischia di diventare cinese |
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Sembra arrivata in dirittura d’arrivo la vicenda travagliata di Telecom, un tempo fiore all’occhiello dell’industria italiana ed ora destinata forse a diventare parte di un colosso cinese del settore. Si è fatta avanti la holding Hutchison Whampoa che controlla quella H3G che anni fa aveva introdotto in Italia i videotelefonini. I cinesi, che con 3Italia sono il quarto operatore italiano di telefonia mobile, vorrebbero acquisire il controllo di Telecom e realizzare una integrazione industriale e produttiva. Ai cinesi i soldi non mancano e la possibilità di creare un gruppo operativamente forte sono molto concrete. Attualmente Telecom è controllata con una quota del 22,45% da una holding finanziaria nella quale l’azionista di riferimento (con il 42%) è il gruppo spagnolo Telefonica mentre gli altri soci italiani sono di natura prettamente finanziaria (Mediobanca, Assicurazioni Generali e Intesa Sanpaolo) e come tali senza particolari interessi in un progetto di tipo industriale. I cinesi vorrebbero comprare soltanto il 29,9% complessivo di Telecom (al 30% scatterebbe infatti l’Opa obbligatoria su tutte le azioni in circolazione) che gli garantirebbe comunque il controllo e la gestione della società. Hutchison Whampoa ha già formalizzato la sua offerta a Telco offrendosi di rilevare la quota del 22,45% alla quale verrebbe poi aggiunta un’ulteriore quota del 7,45%. Con il 29,99% in portafoglio, i cinesi convocherebbero una assemblea straordinaria che avrebbe all’ordine del giorno una fusione societaria tra 3Italia e Telecom con un concambio di azioni tutto da definire. La società guidata da Franco Bernabè sta valutando l’offerta e le conseguenze che ne deriverebbero in Italia il cui principale operatore del settore finirebbe sotto controllo straniero. Una operazione che, non a caso, è stata avviata in una fase nella quale il governo tecnico è in carica è provvisorio pur continuando a sussistere a fronte di una deteriore latitanza della politica. La rete fissa controllata da Telecom rappresenta in ogni caso un patrimonio strategico per il nostro Paese sulla cui importanza si esercitano da anni i politici più avveduti. Il direttivo di Telecom ha incaricato un comitato di studiare la fattibilità della vendita della rete fissa alla Cassa Depositi e Prestiti con la prospettiva di creare un gestore indipendente che ne offra i servizi a tutti gli operatori del settore. Resta comunque da definire, in caso di successo dell’offerta cinese, il destino delle società di Telecom operanti in America Latina, sulle quali Telefonica non ha mai nascosto le proprie mire. Se le reazioni della dirigenza di Telecom sono state piuttosto fredde, resta il fatto che di fronte ad una offerta che non si può rifiutare molte riserve degli azionisti di Telco finirebbero per cadere. Oltretutto c’è molta insoddisfazione per i risultati negativi della gestione industriale negli ultimi esercizi, con un calo degli utili e dei dividendi e in assenza di un piano industriale che sconta ancora, né poteva essere diversamente, l’enorme debito che grava sui conti frutto della sciagurata Opa del 1998-1999 che fece finire Telecom nelle mani dell’Olivetti di Colaninno. Un’Opa che il governo dell’epoca (D’Alema) e la Consob (Spaventa) avrebbero dovuto bloccare perché, con una ignobile operazione di ingegneria finanziaria orchestrata da Mediobanca, si trasformò una Telecom (controllata da Agnelli) con appena 5 mila miliardi di debiti in un mostro con oltre 80 mila miliardi. Poi l’Olivetti fu obbligato a cedere la mano alla Pirelli di Tronchetti Provera che incapace di reggere il gioco a lungo finì per ritirarsi e vendere il pacchetto di controllo alla Telco. Dal 1998 si originano tutti i guai di Telecom che adesso sembra destinata a divenire straniera. Straniera come è tutta la telefonia italiana. Per lanciare l’Opa, Olivetti fu costretta a vendere Infostrada e Omnitel alla tedesca Mannesmann, poi passata all’inglese Vodafone. La stessa Wind controllata all’epoca dall’Enel è stata venduta ad un operatore egiziano. A sua volta la Tim della Telecom ha perso progressivamente il primato nella telefonia mobile lasciando il primato a Vodafone. Il tutto si è verificato in assenza totale di un piano industriale e nell’assenza colpevole della politica italiana. Andrea Angelini
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