Note alla Vodka
 











Suono compatto, pieno, denso, con gli ottoni strepitosi, le percussioni travolgenti, sempre spinto verso le regioni acute e impervie del pentagramma, suono alla wodka più che al rosolio, merito del suo direttore che fa lavorare gli orchestrali con ritmi vertiginosi: un intensissimo calendario in patria, a Pietroburgo, nella sede prestigiosa del Teatro Mariinskij, che fu già il Teatro Imperiale degli Zar, poi le tournée all’estero, sempre più frequenti con esiti trionfali, tanto che la formazione è stata inserita nel 2008 da una giuria di critici nel novero delle prime venti orchestre mondiali, e ora l’attività di registrazione con una etichetta discografica che porta il loro nome, Mariinskij, voluta fortemente da Valery Gergiev, dal 1996 Direttore Generale ed Artistico dei complessi e già dal 1978, giovanissimo, loro direttore stabile. Gergiev è giunto al Parco della Musica su invito di Bruno Cagli, illuminato Sovrintendente dell’Accademia di Santa Cecilia, scopritore di talenti, dello stesso Gergiev, ma anche di Thielemann, di Daniele Gatti, per citarne alcuni, poi diventati stelle internazionali.
Per mostrare le qualità della sua orchestra, il direttore sceglie un programma importante che vuole omaggiare i due bicentenari che in questo 2013 sono ricordati in tutti i cartelloni, quello di Verdi e quello di Wagner, e due russi amatissimi, Ciaikovskij e Shostakovic. Di Ciakovskij, ecco “Le Variazioni su un tema rococò” per violoncello e orchestra, pezzo rimaneggiato dal celebre solista Wilhelm Fitzenhagen ( era consuetudine dell’epoca da parte dei rinomati strumentisti rimettersi a modello addosso brani scritti su loro richiesta o con l’appoggio della loro esperienza). L’intervento di Fitzenhagen decretò il successo immediato del lavoro fin dalla prima esecuzione, a Mosca nel novembre 1877, con Rubinstein sul podio. Sono sette variazione che si snodano dopo il primo tema Moderato quasi andante e si formalizzano come un vero e
proprio omaggio a Mozart, che già il russo aveva celebrato con la sua Serenata per archi, manifesto fin dal titolo che si rifà a modelli compositivi settecenteschi, rivisitati naturalmente dall’ottica di un musicista romantico per eccellenza come fu Ciaikovskij, e dove quindi imperano la malinconia, una sensibilità febbrile, una trasparenza di rara eleganza che impongono, oltre alla presenza di un violoncellista di elevate qualità interpretative, anche un ruolo particolarmente delicato del tessuto orchestrale, qui ridotto ad una strumentazione quasi cameristica.
Il brano scelto ha dato modo di conoscere ed apprezzare Alexander Buzlov, un giovanissimo e talentuoso violoncellista ormai ben lanciato nei cieli rarefatti dello star system. La sua presenza ha spostato l’ottica con la quale era stato atteso il concerto, facendo delle Variazioni il punto focale del programma, anche se non potevano non rimarcarsi gli intenti direttoriali nel brano d’apertura, la Sinfonia della Forza del
destino, un’opera che Verdi ebbe commissionata dalla corte imperiale di San Pietroburgo, dove venne eseguita il 10 novembre 1862. L’opera racconta le vicende di Don Alvaro, l’innamorato sfortunato, autentico esempio di eroe romantico che conosce il patimento d’amore, di Leonora, infelice fanciulla che sconta con la clausura volontaria un delitto non commesso e del fratello di lei, quel Carlo di Vargas, nemico giurato di Don Alvaro. La Sinfonia iniziale che condensa in un tessuto unitario tutti i temi più importanti dell’opera, dopo l’edizione russa, fu ripresa da Verdi e riscritta in modo più articolato.
L’omaggio a Wagner si condensa in una delle pagine più ispirate, il Preludio del Lohengrin, opera che fu scritta nell’estate del 1845 a Marienbad, dove il compositore era andato a passare le acque e rilassarsi da un periodo convulso. Ma Wagner obbedì poco alle prescrizioni mediche, anzi, proprio nella celebre stazione termale cominciò a scrivere molte parte dei suoi “Maestri Cantori
di Norimberga”, mentre la lettura di poemi cavallereschi e delle leggende sul Graal, gli offrivano l’ispirazione per rendere vita artistica immortale al cavaliere del Cigno, Lohengrin appunto. L’opera fin dal suo Preludio vive nelle astratte e rarefatte regioni ultraterrene, nei suoi simboli mistici, nei suoi colori incantatori e trasfiguranti, in atmosfere diafane e trasparenti, rese con maestria da Gergiev, dalle sue mani danzanti (il direttore non usa la bacchetta). A chiusura del programma, l’Ottava Sinfonia di Shostakovc, scritta a Ivanovo in una delle “case del riposo e della creatività”, messe a disposizione degli artisti, che ha nelle sue prospettive ispirative tutti i dolori e le tragedie che avevano investito la sua terra nella terribile guerra che ancora mieteva vittime. Quando fu presentata al pubblico, nella Sala Grande del Conservatorio di Mosca, da Evgenij Mravinskij,era novembre del 1943, ed ancora dolori, lutti e tristezze aspettavano al varco la nazione.
Lo
spettacolo di alta qualità è stato sottolineato da momenti di assoluto silenzio, pochi colpi di tosse e da un tifo da stadi da parte di molti giovani, presenza rincuorante per il futuro della musica sinfonica. Franzina Ancona