Gli investimenti russi puntano sull’Italia e la Sardegna
 











Uno dei più grandi gruppi internazionali attivi nel comparto degli idrocarburi ha deciso di puntare sull’Italia. La russa Rosneft approda in Sardegna grazie ad un accordo con la Saras dei fratelli Moratti, proprietari di una delle più grandi raffinerie del Mediterraneo. La notizia non ha goduto del risalto che avrebbe meritato, in un periodo di forte crisi dovrebbero essere salutati con favore gli investimenti stranieri in un Paese con il prodotto interno lordo in caduta libera.
Gli elementi della vicenda sono poi utilissimi per combattere il “pensiero unico economico” di liberisti e Commissione europea. La storica società italiana ha infatti raggiunto un accordo con una compagine controllata al 75 per cento dal Cremlino, un colosso pubblico in grado di essere protagonista sulle piazze internazionali. L’operazione commerciale impone il passaggio del 21 per cento di Saras nelle mani della holding della Federazione Russa. La società in accomandita
per azioni della famiglia Moratti darà a Rosneft circa 130,2 milioni di azioni della compagnia, pari al 13,7 per cento del capitale. Valore dell’operazione 178,49 milioni di euro. In particolare, i due fratelli Gian Marco e Massimo venderanno tutte le azioni in loro possesso, vale a dire 6 milioni di pezzi ciascuno. Contestualmente, Rosneft lancerà un’Opa volontaria parziale su un 7,3 per cento del capitale quotato in Borsa allo stesso prezzo riconosciuto alla famiglia milanese – che non aderirà all’offerta – ovvero a 1,37 euro per azione.
Alla fine dell’operazione, la cui partenza è fissata per martedì prossimo, i Moratti scenderanno dall’attuale 62,4 per cento a poco sopra la soglia minima di controllo, ovvero del 50,02 per cento. “Crediamo che questa operazione sia un importante passo per la costruzione di una collaborazione di lungo periodo”, ha commentato il presidente del colosso russo, Igor Sechin, precisando che le parti stanno comunque continuando “a discutere i termini
commerciali di cui alla lettera di intenti sottoscritta con Saras nel dicembre 2012”. Dal quartier generale di Milano, il presidente Gian Marco Moratti ha chiarito: “Diamo il benvenuto a Rosneft, il primo produttore di petrolio grezzo a livello mondiale quotato, come azionista rilevante della società, e siamo convinti che sia Rosneft che Saras ne beneficeranno sia nel breve che nel lungo termine”.
In base all’accordo sono previste inoltre alcune modifiche dello statuto, in forza delle quali, oltre alla nomina di un amministratore da parte dei soci di minoranza, uno dei membri del Cda sarebbe tratto dalla lista dei candidati presentata e votata da un’azionista che detenga singolarmente almeno il 12 per cento del capitale; inoltre, sarebbe eliminata la previsione che consente di escludere il diritto di opzione in favore degli azionisti nei limiti del 10 per cento del capitale, così come consentito dal codice civile. Tralasciando i dettagli tecnici, colpisce la scarsa attenzione
riservata dai politici sardi. Nessuno si è sentito in dovere di fare delle riflessioni su questo importantissimo capitolo per il tessuto industriale nazionale.
La scelta dei russi conclama le grandi potenzialità del Paese, se qualcuno ha scelto di scommettere sulla Sardegna vuol dire che non tutto è perduto. La grande e piccola industria italiana possono ancora dire la loro sui mercati, senza complessi d’inferiorità. Occorrono delle riforme e delle modifiche alla legislazione vigente, dettagli che non possono diventare alibi per giustificare immobilismi o adesioni alle tesi responsabili della crisi economica sul Vecchio Continente. Le strategie di chi investe, di chi punta su ricerca e sviluppo e di chi è desideroso di far affermare la propria azienda possono continuare ad avere diritto di cittadinanza in Italia.
Ovviamente, l’industria pesante ha degli effetti collaterali a livello ambientale. Se si vuole restare tra le prime economie del pianeta si deve cercare di fare di tutto
per coniugare tutela ambientale e salute dei cittadini con la produzione industriale. Isolare chi propone soluzioni dettate da un malcelato animus iconoclasta rappresenta comunque un primo passo. Matteo Mascia