Giorgio Napolitano, traditore del PCI e servo della CIA
 











Presidente Napolitano

Con 738 voti, il 20 aprile 2013, due terzi della casta politica ha votato come Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, confermando al Colle un uomo di 88 anni (che secondo il mandato settennale resterebbe in carica fino a 95 anni...alla faccia del rinnovamento della classe politica).
Ma chi è veramente Giorgio Napolitano?
Egli è un uomo che ha sempre cambiato i suoi ideali all’occorrenza, da sempre servile ai poteri forti americani e filo-israeliani, presente ed ossequioso ovunque ci fosse un potere da servire.
Singolare in termini di contraddizioni il fatto che il 9 maggio 2010 fu premiato con il Premio Dan David (Fondazione israeliana che premia personalità che abbiano espresso ammirazione per Israele e per l’ideologia sionista) con questa motivazione: "...per il suo coraggio e integrità intellettuale che sono stati fondamentali nel guarire le ferite della Guerra Fredda in Europa, così come le cicatrici lasciate in Italia sulla
scia del fascismo"; proprio lui che in gioventù militava nei G.U.F. (Gruppi universitari fascisti).
Dopo essersi finto difensore della classe operaia e dell’ideologia comunista ha capito fin da giovane che poteva essere l’uomo giusto al posto giusto: un insider-man, utile agli americani in funzione anti-comunista e per agevolare l’imperialismo americano in Europa ed in Italia.
L’ascesa politica di Napolitano si ebbe nel 1953 quando fu eletto deputato nel PCI e poco più tardi si unirà alla corrente migliorista (interna al PCI) di Giorgio Amendola, uomo liberale, antifascista e massone. Una ideologia, quella dei miglioristi, profondamente anti-marxista che portò Amendola e Napolitano a mettersi al servizio di organizzazioni come l’Istituto di Affari Internazionali di Gianni Agnelli e il Council for Foreign Relations di Rockfeller.
Nel 1975 Napolitano strinse anche relazioni con Antonio Nigro, il quale ottenne grossi finanziamenti dalla Fondazione Rockefeller e dalla Fondazione
Ford allo scopo di convincere i comunisti ad attraversare un lungo processo di democratizzazione (leggasi "americanizzazione").
Napolitano ebbe diversi incontri anche con Henry Kissinger, considerato l’uomo-ombra del governo americano e il rappresentante politico dell’ideologia basata sul Nuovo Ordine Mondiale. "L’arrivo al potere dei comunisti - si legge in un documento interno del Fco - costituirebbe un forte colpo psicologico per l’Occidente. L’impegno Usa verso l’Europa finirebbe per indebolirsi, potrebbero così sorgere tensioni gravi fra gli americani e i membri europei della Nato su come trattare gli italiani". A Londra Henri Kissinger discutendo la situazione italiana con il nuovo Ministro degli Esteri inglese Antony Crosland fa delle rivelazioni sconvolgenti: "La questione dell’obbedienza del PCI a Mosca è secondaria. Per la coesione dell’occidente i comunisti come Berlinguer sono più pericolosi del portoghese Cunhal".
Nel 1978 Napolitano, su invito del neo-conservatore
americano, Joseph La Palombara, è ospite del Council on Foreign Relations (organizzazione che si occupa di strategie globali per conto di importanti famiglie di banchieri come i Rockefeller, i Rothschild e i Morgan) e lì dichiarerà fedeltà alla N.A.T.O. .
Bisognava adesso dare il colpo di grazia al PCI: fu nel 1980 che si posero le basi per una delle operazioni più importanti della CIA: lo stratega Duane Clarridge dà inizio all’operazione chiamata "soluzione finale" e da lui definita "una delle operazione più azzardate della sua carriera: un accordo segreto tra la CIA e il PCI". Attraverso azioni non violente, ad esempio creando una equipe di tecnici neo-liberisti all’interno di un partito "non allineato" all’ideologia capitalista americana, la CIA riuscì a penetrare nella gestione del PCI. Il cerchio si era finalmente chiuso: alla morte di Enrico Berlinguer nel 1984, come segretario del PCI venne eletto Alessandro Natta ma Napolitano, forte della protezione degli Usa, da lì a poco
avrebbe dato il colpo di grazia al partito.
Qualora gli ultimi trent’anni di storia politica non bastassero a rappresentare Napolitano come traditore del PCI, nonchè uomo al servizio dell’imperialismo americano e del potere filo-bancario, ricorderei le recenti manomissioni di alcuni importantissimi articoli della Costituzione, manomissioni da lui avallate e controfirmate, tra tutte l’articolo 81 della Costituzione che il 18 aprile 2012 ha introdotto il pareggio di bilancio, obbligando di fatto lo Stato alla schiavitù delle politiche di austerità, tanto care all’imperialismo-capitalistico americano ed europeista, il tutto secondo i piani dell’ideologia mondialista, rendendo al tempo stesso le teorie keynesiane (basate, invece, su una politica monetaria espansiva che darebbe slancio all’economia) di fatto incostituzionali.
Attraverso la complicità di personaggi come Napolitano, Monti e probabilmente anche Amato al governo italiano l’imperialismo americano potrà continuare ad
dominare indisturbato sulla politica e sull’economia nazionale, portando avanti tutti gli obiettivi previsti nella scaletta mondialista: accentramento dei poteri nelle mani di organizzazioni sovranazionali (unione politica europea, B.C.E., F.M.I., W.T.O.) non elette democraticamente da alcun cittadino; politiche basate sull’austerità che stanno conducendo alla recessione economica; drastico aumento della disoccupazione; impoverimento delle classi sociali, riduzione delle nascite e, quindi, riduzione della popolazione.                                                                                                  Salvatore Tamburro - href="http://salvatoretamburro.blogspot.it/2013/04/giorgio-napolitano-traditore-del-pci-e.html">http://salvatoretamburro.blogspot.it/2013/04/giorgio-napolitano-traditore-del-pci-e.html                                                                    Un uomo solo al comando pilota l’intesa Pd-Pdl
Si è spinto molto in là, Giorgio Napolitano, nel discorso tenuto davanti alle Camere riunite. Dove ha rivendicato – senza nulla fare cadere o lasciare nel vago – il carattere eminentemente politico, e non soltanto istituzionale, del suo reinsediamento. Le annunciate “condizioni” per l’inedita prosecuzione del mandato, si sono conformate in
un tono secco e perentorio, che non ammette repliche. E’ apparso, il Presidente, come un conducator nelle cui mani viene rimesso un potere quasi incondizionato. “Se mi troverò di nuovo dinnanzi a sordità come quelle contro cui ho cozzato nel passato – ha ammonito - non esiterò a trarne le conseguenze dinnanzi al Paese”: un autentico diktat, più che una minaccia.
Poi, in un rapido fuoco di fila, Napolitano ha declinato l’ubi consistam del suo progetto politico, chiarendo con piglio “degaulleiano” che la sua mano sarà inflessibile.
Il governo, innanzitutto, sarà di larga convergenza, perché i risultati elettorali “indicano tassativamente la necessità di intese fra forze diverse per far nascere e far vivere un governo oggi in Italia”. E si rassegnino coloro che avevano coltivato possibili alleanze con la truppa grillina, immaginando ingenuamente che il pendolo potesse fermarsi da quella parte. La linea del Presidente è chiara: c’è chi è dentro e c’è chi è fuori dal recinto e il M5S
è fuori perché la dialettica democratica non ha nulla a che vedere “con quella, avventurosa e deviante, che contrappone la piazza al Parlamento”, mentre il Pdl e il centrodestra al completo sono dentro, abili e arruolati.
Poi, altre due stoccate, entrambe poderose. L’una, chiaramente rivolta a quei pezzi della magistratura che non si sono fatti intimidire da pressioni politiche ed istituzionali (il riferimento ai giudici che si sono occupati del patto Stato-mafia è palese), ai quali Napolitano attribuisce la responsabilità di avere alimentato “fenomeni di tensione e disordine nei rapporti fra diversi poteri dello Stato e diverse istituzioni costituzionalmente rilevanti”. L’altra, aspramente rivolta contro il sempre più ampio movimento d’opinione che chiede la riduzione delle spese militari e che si ponga fine alle missioni di guerra. Bisogna smetterla – ha detto – con “disinformazioni e polemiche che colpiscono lo strumento militare (sic!, ndr), sempre posto a presidio della
partecipazione italiana (…) alle missioni di stabilizzazione e di pace della comunità internazionale”.
Del tutto comprensibile l’autentico entusiasmo con cui Silvio Berlusconi ha accolto questo discorso, “il più ineccepibile e straordinario che io abbia mai sentito in vent’anni”.
Il Pd, come un pugile suonato, al suono della campana è tornato barcollante a bordo ring, e fatto buon viso a cattivo gioco ha applaudito il salvatore della patria, da oggi incontrastabile demiurgo della politica italiana.
Intanto, in attesa del regolamento di conti che si annuncia al Nazareno, i sondaggi registrano impietosamente lo sconquasso del Pd e lo danno in crollo verticale, mentre il centrodestra è stimato di otto punti avanti sulla coalizione di centrosinistra. Che raccoglie ciò che ha seminato e che merita.
Plaudono con convinzione i poteri forti: establishment statunitense, Bruxelles, potentati finanziari, soddisfatti di poter brindare allo scampato pericolo. I pericoli (e i drammi