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I medici italiani: -Non toccate la legge 194 e la pillola abortiva-
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di Eleonora Martini
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Sì all’uso della pillola abortiva Ru486 e alla diagnosi preimpianto nelle tecniche di fecondazione artificiale, rinnovato sostegno alla legge 194, no all’accanimento terapeutico sui nati prematuri, riconoscimento del diritto inderogabile della donna ad accedere alla contraccezione d’urgenza, la cosiddetta "pillola del giorno dopo". Sono i punti chiave del documento approvato ieri a Roma dal Consiglio nazionale della Federazione degli ordini provinciali dei medici italiani (Fnomceo). «Abbiamo ritenuto opportuno intervenire nel dibattito pubblico sui temi di bioetica che si è aperto da alcune settimane - spiega il presidente della Federazione, Amedeo Bianchi - e sottolineare alcuni aspetti rilevanti peraltro già affrontati dal codice deontologico dei medici». Non è la prima volta che i rappresentanti eletti dei 103 ordini provinciali dei camici bianchi esprimono queste posizioni, lo avevano già fatto circa un anno e mezzo fa. Ma nel contesto attuale, nel pieno di una campagna elettorale che non riuscirà a tenere fuori i cosiddetti temi etici, il documento assume una valenza particolare. E infatti suscita l’immediata reazione del crociato pro-life Giuliano Ferrara, ma anche molti plausi dalle fila del centrosinistra e da parte del ministro Paolo Ferrero. Sulla legge 194 la Fnomceo non usa mezzi termini: «Pur scontando ritardi e omissioni applicative, soprattutto riguardo la prevenzione, a distanza di 30 anni dimostra tutta la solidità e modernità». «Occorre supportarla» perché ha contribuito «alla sostanziale scomparsa dell’aborto clandestino». «Una legge che regge ogni sfida nel suo impianto tecnico-scientifico e giuridico-morale - aggiunge Bianco - e già 30 anni fa si poneva il problema di quali cure somministrare all’eventuale feto sopravvissuto». Ma della 194 va attuato anche l’articolo 15, che «raccomanda "l’uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell’integrità psicofisica della donna e meno rischiose per l’interruzione di gravidanza"». Quindi assolutamente sì «all’uso della Ru486 all’interno delle procedure della 194». Per quanto riguarda la pillola del giorno dopo, invece, i camici bianchi ribadiscono il diritto del medico alla cosiddetta «clausola di coscienza» prevista nel codice deontologico ma anche quello della donna a ricorrere ad un farmaco riconosciuto dalla farmacopea europea. Per la Federazione dunque il medico ha sempre l’obbligo deontologico di fare tutto il possibile perché alla donna venga garantito il diritto alla prescrizione. La Fnomceo interviene poi anche sulla legge 40: «Le linee guida oggi vigenti intervengono nella relazione di cura definendo, indipendentemente dal contesto clinico, atti e procedure diagnostico-terapeutiche non fondate sulle migliori evidenze scientifiche disponibili, sulle quali non è consentito alla donna esercitare un diritto attuale all’autodeterminazione, né al medico quello di compiere il proprio dovere agendo secondo scienza, nel rispetto del principio ippocratico di perseguire il massimo bene delle pazienti», si legge nel documento. Quello che esprimono i medici, quindi, «anche alla luce di alcune autorevoli sentenze della Magistratura e sulla scorta di dati su consistenti fenomeni di "mobilità procreativa"», è un parere favorevole alla diagnosi preimpianto ma anche una posizione contraria all’obbligo di impiantare nell’utero materno tutti gli embrioni prodotti, tre al massimo, come detta la legge sulla fecondazione artificiale. Insomma, per la Federazione «l’equilibrio tra i tanti valori in campo, tutti meritevoli di tutele, va ricercato in una relazione di cura forte, fondata sulla fiducia, sull’informazione, sul rispetto dei diritti e dei doveri dei contraenti: un incontro intimo, unico ed irripetibile che contiene tutti gli elementi per le scelte giuste». Un tipo di approccio questo contemplato dallo stesso Codice deontologico e che, per quanto riguarda il trattamento dei nati prematuri, suggerisce ai medici - come peraltro previsto dalla stessa legge 194 - di «adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto» quando ne «sussiste la possibilità di vita autonoma. «Il problema - sottolinea Bianco - non è quando cominciare le cure per i nati prematuri ma quando interromperle evitando l’accanimento terapeutico». Ma soprattutto, conclude Bianco, «nessuna legge può definire l’inizio e la fine di quello straordinario rapporto tra una donna e il feto che porta in grembo, nemmeno quando è un rapporto conflittuale».de Il manifesto |
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