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Sierra Leone, un Paese ricco di diamanti e di povertà |
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La recente visita del presidente della Sierra Leone, Ernest Bai Koroma, alla Casa Bianca, su invito di Barack Obama, ha riacceso i riflettori internazionali su un Paese che porta ancora le cicatrici del conflitto civile. Dopo dodici anni dalla fine della guerra, la Sierra Leone, ricca di diamanti e oro, è ancora vittima del giogo internazionale. In un articolo pubblicato la settimana scorsa sul sito statunitense di informazione The Dallas morning news,1 Michael Lindenderber, un giornalista della Stanford University, ha raccontato i limiti degli investimenti stranieri nel Paese, invaso da migliaia di aziende che hanno comprato per pochi spiccioli le terre ancestrali dei contadini e hanno costruito cantieri vicino alle miniere. Dopo essere stato alcuni giorni a Freetown, Lindenderber si è recato, a fine marzo, a Baomahum, un piccolo villaggio di tetti di paglia e di pareti di fango, che dista 90 miglia dalla capitale. Il suo viaggio è coinciso con la visita del presidente Koroma a Washington, dove ha incontrato Obama per aumentare le opportunità economiche della Sierra Leone. Il giornalista definisce il Paese “una litania di lamenti che renderebbe Amleto molto felice”. C’è un abisso tra la Freetown e i villaggi circostanti. La capitale è “affollata e caotica”, come la maggior parte delle grandi città africane, piena di bassifondi, di polvere, di edifici fatiscenti e di baracche. Ci sono bambini che chiedono l’elemosina per le strade, altri che vanno a scuola e camminano a piedi nudi in mezzo al traffico selvaggio, i clacson. Le donne che vanno avanti e indietro lungo le strade, bilanciando i cesti sulla testa. Il villaggio di Baomahum, che si trova nei pressi di un bosco, è tutt’altra storia: capanne senza mura e bambini senza vestiti. Disperazione, malattie e miseria. Non c’è lavoro né cibo. C’è solo un forte risentimento contro le aziende straniere, in particolare quelle minerarie e quelle agricole, che hanno preso le terre. Il giornalista, si legge nell’articolo, ha parlato con il capo villaggio, Josseph Karimola, che ha raccontato il dramma degli abitanti, della loro vita già a lungo provata dalla guerra. “Stiamo soffrendo” ha spiegato Karimola: “Loro sono lì (al complesso minerario) che si divertono. (…) Dormono con l’elettricità e ci lasciano qui nelle tenebre. Com’è possibile che le terre sono nostre e loro le sfruttano?”. È una domanda a cui le autorità governative locali non hanno risposto, respingendo le denunce degli abitanti del villaggio, bollati come “invidiosi”. In realtà, gli abitanti di Baomahum reclamano legittimi diritti, come quello di poter lavorare nelle aziende, di avere uno stipendio adeguato e l’assistenza sanitaria. Denunciano le “liste nere”, la corruzione, il doppio gioco delle aziende straniere e delle autorità locali. La Sierra Leone ha un tasso di sviluppo tra i più veloci in Africa, ma la popolazione vive nella povertà e nell’indice dello sviluppo umano delle Nazioni Unite è al 177° posto. È la doppia faccia di un Paese ricchissimo di risorse naturali, tra cui i diamanti e l’oro. Da una parte ci sono gli investitori e le aziende che fanno affari d’oro, dall’altra ci sono i politici locali che si ingrassano e la popolazione che muore di fame. Il governo di Freetown sta inoltre vendendo e affittando le terre fertili alle multinazionali per la produzione di biocarburanti. Un dirigente governativo locale ha cercato di spiegare la situazione in Sierra Leone affermando che il governo non è nelle condizioni per dettare le regole alle aziende straniere che vengono a investire nel Paese: “Nessun investitore si vede come un operatore umanitario. (…) Ogni volta che vedono l’opportunità di massimizzare i loro profitti, lo faranno. Quando si è poveri, si è svantaggiati”. Ma i veri svantaggiati sono i lavoratori delle miniere e delle aziende agricole che non sono tutelati dallo Stato, che calpesta la propria stessa sovranità. “Mi alzo la mattina, e poi non ho nulla da fare” ha raccontato un ragazzo, in un inglese perfetto, al giornalista Lindenderber: “Sono andato a scuola ma sono stato costretto a tornare a casa perché non siamo riusciti a pagare le tasse. Ora non c’è lavoro, senza terra da coltivare non faccio nulla”. Nonostante le difficoltà, la popolazione, in città come nei villaggi, non ha mai smesso di “vivere”: i bambini sorridono agli “stranieri”, si divertono a giocare a palla, si dividono quel poco che hanno. Gli uomini sono pronti a offrire un pasto caldo, a uccidere l’ultima gallina che possiedono, per “l’ospite”. Valori che l’Occidente ha perso negli anni, corrotto dal consumismo e dal capitalismo. Gli abitanti della Sierra Leone non hanno nulla di materiale, ma apprezzano il “dono della vita”. È la consapevolezza di chi è stato vittima di una guerra brutta e spietata che ha causato migliaia di morti e di sfollati. Un conflitto che, come tanti altri, è stato imposto dall’Occidente. Per capire il dramma di questo Paese bisogna tornare indietro di una decina di anni. Il conflitto in Sierra Leone2 è iniziato nel 1991, quando i ribelli del Fronte Rivoluzionario Unito (Fru) lanciarono la loro prima offensiva. Un anno dopo, un gruppo di giovani ufficiali mise a segno un colpo di Stato portando al potere il capitano Valentine Strasser ed il National Provisional Ruling Council, NPRC. Tuttavia il nuovo governo fu del tutto incapace di arrestare l’offensiva del Ruf, ben armato dalle multinazionali e dai Paesi occidentali, che in poco tempo prese il controllo delle campagne e delle aree di produzione dei diamanti. Alla fine di marzo del 1996, il NPRC fu costretto a cedere il potere ad un governo civile guidato dal presidente Ahmad Tejan Kabbah. Il 30 novembre 1996, sotto la mediazione della Costa d’Avorio e con la partecipazione di delegazioni delle Nazioni Unite, dell’Organizzazione per l’Unità Africana, oggi Unione Africana, e del Commonwealth, fu siglato un trattato di pace che sanciva l’immediata cessazione delle ostilità. Il trattato di pace non durò a lungo: il 25 maggio 1997 il governo del presidente Ahmad Tejan Kabbah, in carica dalle elezioni del 1996, venne destituito da un golpe militare del Consiglio Rivoluzionario delle Forze Armate, CRFA, che trovò un accordo con l’opposizione armata del Ruf. Il CRFA non rese effettivo l’accordo di pace, sospese la costituzione e vietò la costituzione di partiti politici e le manifestazioni pubbliche. A ottobre del 1997 i rappresentanti del CRFA e di cinque altri paesi dell’Africa occidentale raggiunsero un accordo riguardo al ritorno al potere del presidente Tejan Kabbah. Ma anche questa volta l’intesa, che prevedeva la cessazione delle ostilità, il disarmo e la smobilitazione, si arenò e il Paese precipitò nel caos. Migliaia di civili furono costretti a lasciare le loro case e a cercare il rifugio in altri paesi dell’Africa occidentale. Di fronte al dramma umano, nell’ottobre del 1999, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite autorizzò l’impiego di una forza internazionale di pace, Unamsil, composta da 6.000 soldati nel tentativo di aiutare l’attuazione dell’accordo di pace. Alla fine il patto di pace del 1999, Lomè Peace Agreement, il cui scopo era di porre definitivamente fine alla guerra civile, fu rispettato, se così si può dire, e nel 2002 la guerra in Sierra Leone venne dichiarata conclusa. Il bilancio del conflitto è stato tragico: più di 2000 bambini, di cui il 60% bambine, sparirono nel nulla, oltre 50mila persone morirono e in migliaia furono rapiti, mutilati, torturati. Si calcola che la guerra provocò più di un milione di sfollati e mezzo milione di rifugiati, soprattutto in Guinea. Migliaia di bambini-soldato furono drogati e obbligati a diventare macchine da guerra con iniezioni d’eroina, con il crack o altre sostanze. Su questo argomento è stato girato un film hollywoodiano, Blood Diamonds, che racconta in maniera veritiera l’orrore della guerra, i legami tra gli Stati Uniti, le multinazionali dei diamanti e delle armi, e i ribelli del Ruf.Francesca Dessì Note 1http://www.dallasnews.com/opinion/sunday-commentary/20130419-michael-lindenberger-a-nation-rich-in-minerals-diamonds-and-misery.ece 2Conflitto in Sierra Leone. http://www.percorsidipace.net/conflitti/conflitto-sierra-leone |
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