L’eredità calda del Divo politico, cattolico e romano (de’ Roma)
 











Nella vita politica italiana il dato che più conta è la storia futura. Ossia, si dice, il giudizio spetterà agli storici. Con questa formula significa che tutti i processi avvenuti, e passiamo sopra quali nello specifico, avendo oggi le stesse Istituzioni cura di osservare questa “storia” ancora da protagonisti, si affidano al pensiero dell’avvenire. Ad almeno 10, meglio 15 anni in avanti (diciamo tra gli anni 2023-2030 circa); leggere cioè, quanto è stato dibattuto, e in costosissimi processi “lunghi” tre gradi di giudizio, è solo un dilemma di lana caprina. Almeno che... alcuni, troppi purtroppo, hanno lavorato per il cosiddetto “re di Prussia”.
Favorire così da 70 anni circa l’estraneo, lo straniero rispetto ai sacri principi di un popolo sconfitto da una guerra, ben pagata a caro prezzo, ma che meritava tutto il rispetto dalla classe politica della stessa Repubblica. Nata il 2 giugno 1946 da un referendum di fatto contro la monarchia, e che
di fatto, venne deciso solo nottetempo, con due grandi agglomerati di province-prefetture in ritardo nelle consegne a Roma (le Regione sono del 1970) di Calabria e Sicilia. Da allora non siamo stati più noi stessi, la nostra storia, la nostra natura umana di italiani: la Repubblica è italiana, ma mai stata degli italiani (ci accontentammo persino di una formula: il presidente degli italiani Sandro Pertini...); in 70 anni si è vista soltanto una traslazione morale, ossia una provocazione continua ai sacri valori di qualsivoglia popolo nazione di buon senno. Una melassa tra il genere incenso cattolico e nichilismo ateistico. Hanno confuso il singolo e la collettività, gli amici e gli avversari, mentre non facevano altro che mettere tasse e balzelli. Poi il salto di qualità nel 1976, con i comunisti nella formula del compromesso storico.
Una cosa che ci ha messo contro tanto gli Atlantici quanto i Sovietici. Religione senza misticismo, la politica senza cambiamento, la fede senza un
obiettivo divino. La massima congiuntura di questi elementi tipici della Democrazia cristiana in convergenza con il comunismo di tipo italiano (cattolicistico) insieme hanno dato conio all’attuale Italia dedita al suicidio della modernità. Noi, italiani di oggi, grazie a tale sofisma siamo come dei cani randagi, chiusi nelle nostre case con inferriate e antifurti come i monumenti dei nostri Avi, perimetrati da cancellate e telecamere. Sospesi ai semafori, un attimo neanche di serenità: come era bello sprizzare e avviare il tergicristallo, per auto-pulirsi il parabrezza con una moderna tecnologia elettro-meccanica, cosa di un mondo fa... oggi nel Paese dei risciò e della tratta degli esseri umani vediamo solo angoscia e affanno e tante vacue parole.
Mah, possiamo vivere di turismo: certo di furti di destrezza e borseggio ai turisti europei nelle nostre città d’arte, e grazie all’anti-Divo Cesare Augusto, che ci ha reso Ponte tra il terzomondismo e la periferia dei Paesi moderni,
d’Oltralpe, quelli civili industriali e post-industriali, ma ancora nella sicurezza, nella speranza del domani e nel benessere che è il pungolo di ogni Stato e dei suoi cittadini. Là dove il Divo Ottaviano Cesare Augusto trasformò Roma, di baracche e lazzaroni, in capitale del mondo antico con marmi ed ottimi servitori dello Stato... e ordine, pulizia e fontane di acqua pubblica e servizi igienici, oggi, per una legge del contrappasso, alle uscite delle metropolitane noi vediamo solo furgoni di bancarelle, sudiciume e venditori di “ombrella ombrella”. Raffaele Panico