Ue: gas di scisto, un’alternativa fragile e dannosa
 











Il gas di scisto in Polonia è soltanto una chimera. Due imprese petrolifere, la canadese Talisman Energy e la statunitense Marathon, hanno abbandonato il Paese dell’Europa centrale, che secondo studi avrebbe accolto potenzialmente le più grandi riserve di shale gas in Europa. Marathon ha annunciato la fine delle sue attività estrattive a causa di una serie di “tentativi falliti di trovare livelli commerciali di idrocarburi” e quindi ovviamente non convenienti dal punto di vista estrattivo. La Polonia aveva accettato la proposta nella speranza che i suoi depositi di gas di scisto avrebbero rimpiazzato le importazioni di petrolio dalla Russia, ma l’abbandono delle due società rappresenta un duro colpo ai suoi progetti. Giuste le osservazioni di un think-tank polacco, l’Istituto Sobieski per cui “il gas di scisto polacco esiste solo sui media”, ha commentato alla Bbc Grzegorz Pytel, esperto di energia del suddetto Istituto. Talisman ha annunciato la vendita delle attività polacche di fracking (frantumazione idraulica, la controversa tecnica di estrazione dei gas e olio di scisto) all’irlandese San Leon Energy. “C’è ancora interesse da parte del settore per le attività del gas di scisto nel bacino del Mar Baltico e ci aspettiamo che i risultati del programma estrattivo attraggano interesse da potenziali nuovi partner”, ha commentato Oisin Fanning, presidente del gruppo irlandese. Restano sul mercato dello shale gas polacco due colossi quali l’italiana Eni e la statunitense Chevron, mentre un altro gigante americano, la major Exxon, se n’è andata lo scorso anno, delusa dai risultati delle prospezioni. Nonostante ciò sono state finora più di 100 le licenze di esplorazione per le prospezioni di gas di scisto concesse dal governo di Varsavia e sono stati operati oltre 40 tentativi di esplorazioni. L’entusiasmo iniziale per il potenziale dello shale gas raggiunse il suo apice due anni fa, dopo la pubblicazione di un rapporto della US Energy Information Administration, che aveva stimato le riserve polacche in 5.300 miliardi di metri cubi, sufficiente a coprire la domanda interna per 300 anni. Ma nel giro di poco tempo la stima iniziale è stata ridotta di quasi il 90%, ipotizzando invece una cifra che sarebbe sufficiente a fornire alla Polonia gas per alcuni decenni e non per secoli. In molti, in perfetto stile antirusso e filo-atlantico, ora sperano negli Stati Baltici. A primeggiare in questa fesseria è stato il commissario Ue all’Energia, Günther Oettinger (nella foto) che ha dichiarato che il gas di scisto può aiutare i Paesi europei ad ottenere prezzi migliori per le forniture di metano dal gigante di Stato russo Gazprom, sicuro che una volta spostatesi dalla Polonia le major americane troveranno tanto shale gas negli Stati baltici (Lettonia, Lituania ed Estonia) così conveniente da estrarre e commercializzare. “È inaccettabile che il prezzo del gas in Lituania sia 20, 30, 40 per cento più alto che nei Paesi vicini o rispetto al mio Paese, la Germania”, ha dichiarato il commissario Ue durante una visita a Vilnius. “Dobbiamo arrivare allo stesso prezzo da Lisbona, a Vilnius, Londra o Atene”, ha aggiunto. Secondo Oettinger, qualora Gazprom non fosse più fornitore unico della Lituania dovrebbe rivedere anche i prezzi delle sue forniture di gas. La possibile fonte alternativa per la Lituania è prospettata da un accordo che il governo vorrebbe firmare con la compagnia statunitense Chevron, interessata ad esplorare le riserve di gas di scisto nell’area occidentale del Paese. Ma questo piano si scontra con i timori suscitati dalla tecnica estrattiva utilizzata per la produzione di shale gas, che avviene attraverso la fratturazione idraulica, considerata particolarmente pericolosa per le falde acquifere e di conseguenza per la popolazione che vive nei pressi dei giacimenti. Da parte sua però il parlamento di Vilnius è intenzionato a votare nuove norme per rafforzare i vincoli ambientali nello sfruttamento del gas di scisto per i pericoli connessi a questa tecnica estrattiva. Completamente dipendente dalla Russia per le forniture di gas, la Lituania si sta muovendo in varie direzioni nell’ottica della diversificazione. Si prevede di costruire un impianto per il gas liquefatto (gnl) da mettere in funzione entro la fine del 2014 e di realizzare un gasdotto per collegare il Paese alla Polonia. Inoltre, è allo studio un progetto di centrale nucleare da realizzare assieme agli altri Stati baltici. A muovere gli interessi di questa regione è soprattutto la volontà di smarcarsi dalla Russia, sul cui odio storico-politico, l’impero a stelle e strisce spera di poter contare per allontanare il più possibile la Federazione dall’Europa.Andrea Perrone