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Nigeria. Amnesty: Eni fornisca dati su perdite petrolio |
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“Non è più tempo di rimandare, è giunto il momento per l’Eni di assumersi le proprie responsabilità relativamente agli impatti sull’ambiente e sui diritti umani in Nigeria e per i progetti futuri”. Lo ha affermato Carlotta Sami, direttrice generale di Amnesty International in Italia, durante l’assemblea generale degli azionisti di Eni, che si è svolta venerdì a Roma. Sami ha denunciato “le continue fuoriuscite di petrolio” nel Delta del Niger, “causate da scarsa manutenzione delle infrastrutture, problemi tecnici e sabotaggi che sono frequenti. (…) Raramente le aziende pubblicano informazioni a questo riguardo”. Nella maggior parte dei casi, ha detto la direttrice di Amnesty in Italia, “le aziende, compresa l’Eni, riconducono le fuoruscite ad atti di sabotaggio ma ad oggi i dati relativi alle indagini condotte non sono mai stati resi pubblici né sottoposte ad una valutazione indipendente”. Per il momento, ha precisato, “l’unica compagnia a pubblicare tali dati è la Shell”. Il colosso petrolifero – aggiungiamo noi – che è stato accusato dall’United Nations Environment Programme (l’agenzia Onu) di aver devastato l’Ogoniland, nel cuore del Delta del Niger: “Il controllo e la manutenzione di impianti petroliferi in Ogoniland resta inadeguato: le procedure specifiche della Shell Petroleum Development non sono state rispettate, portando a problemi di salute pubblica e di sicurezza”. Nel 2011, il Movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni chiese al governo nigeriano “la revoca della licenza della Shell a causa delle devastazioni provocate nella terra degli Ogoni”. “Altro motivo di forte preoccupazione per le comunità locali è il gas flaring” ha continuato Carlotta Sami, “sebbene Eni rinnovi annualmente il suo impegno a ridurre tale pratica, indicando anno dopo anno nuove scadenze per il raggiungimento del ‘flaring down’ nel Delta del Niger, l’azienda non ha mai ancora pubblicato dati comparabili ed esaustivi riferiti alla Nigeria né informazioni relative alla valutazione dell’impatto che il gas flaring ha avuto ed avrà sulle persone che vivono nelle comunità più vicine”. Nessuna multinazionale presente in Nigeria, e in altri Paesi africani, lo fa. f.d. |
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