-In pensione prima ma con meno soldi-
 











È l’uovo di Colombo. O la scoperta dell’acqua calda. La riforma della riforma Fornero sulle pensioni che il ministro del Welfare Giovannini ha tirato fuori dal cappello prevede che si possa andare in pensione prima dell’età fissata dalla legge tutt’ora in vigore ma con meno soldi. La chiamano flessibilità, ma è solo l’ennesima beffa ai danni di tanti lavoratori e lavoratrici che potranno così scegliere tra lasciare il lavoro e morire di fame o restare per portare a casa comunque un assegno che sarà, se va bene, il 60 per cento della retribuzione. Per non dire che il drastico innalzamento dell’età pensionabile è stato sempre giustificato col fatto che si vive più a lungo e che dunque anche l’età lavorativa deve allungarsi di conseguenza. Hanno cambiato idea? Scherzavano? Insomma, continua la persecuzione dei pensionati e il governo Letta non fa eccezione.
La proposta di riforma trova apprezzamento nella Cisl e nello Spi Cgil. «Abbiamo sempre
sostenuto - dice il segretario confederale Cisl Maurizio Petriccioli - la necessità di restituire ai lavoratori la possibilità di scegliere il momento in cui accedere al pensionamento, ferma restando la fissazione di una finestra rappresentata da un’età minima e massima in cui esercitare tale libertà». «E’ un bene - afferma il segretario generale Spi-Cgil Carla Cantone - che si riapra la discussione sulla riforma delle pensioni. Purché però ci sia un confronto con le organizzazioni sindacali perché le scelte unilaterali hanno sempre prodotto disastri». Di tutt’altro avviso Paolo Ferrero, segretario del Prc: «L’idea del ministro del Lavoro di scambiare flessibilità di accesso alla pensione in cambio di un taglio degli assegni è un’idea da matti. Prima la Fornero ha elevato in modo assurdo l’età per andare in pensione e adesso ci dicono che si può anche andare in pensione prima ma bisogna accettare di tagliarsi la pensione. E’ un comportamento criminale che mette i lavoratori di fronte alla scelta di avere pensioni da fame o di rischiare di morire prima di arrivarci».
Invece, il ministro Giovannini ha frenato sulle ipotesi di modifica dell’altra riforma Fornero, quella del lavoro, che tante critiche, da una parte e dall’altra, ha sollevato. Letta la considera troppo rigida e vorrebbe introdurre maggiore flessibilità nella possibilità di utilizzare i contratti a tempo determinato, ma Giovannini vuole andarci cauto. Bisogna stare «molto attenti» ha detto il ministro in una audizione al Senato, a toccare una riforma «che sta finalmente producendo una serie di effetti voluti». Le modifiche - ha precisato - dovranno essere «limitate e puntuali». Giovannini ha fatto riferimento al monitoraggio pubblicato dall’Isfol sugli effetti della riforma Fornero, secondo il quale nel quarto trimestre si sarebbe registrato un calo consistente delle collaborazioni (-25,1% tendenziale, -9,2% congiunturale) a fronte di un aumento dei contratti a termine (+0,7% tendenziale, +3,7%
congiunturale). «La flessione degli avviamenti con contratto di collaborazioni - scrive l’Isfol - sembra riconducibile ai maggiori vincoli imposti dalla riforma, la quale esclude la possibilità di stipulare contratti di lavoro a progetto per lo svolgimento di mansioni esecutive o ripetitive, scoraggiando l’utilizzo del lavoro parasubordinato, laddove vi siano mansioni più consone al lavoro dipendente». Che è, appunto, la tesi di Letta, ma «abbiamo solo un colpo da sparare - ha detto Giovannini - dobbiamo centrare l’obiettivo».