Napolitano, una ricetta senza nerbo
 











Presidente Giorgio Napolitano

La crisi morde sempre più le famiglie, i lavoratori e le imprese ma nessuno sembra in grado di arginarla. Dai partiti centrodestri e centrosinistri vengono le solite risposte tipiche dello scaricabarile o al massimo di pacchetti di rattoppamento. Siamo al solito compitino, peraltro dettato dai poteri finanziari internazionali, che non giova affatto ad una vera ripresa del Paese.
E così il disagio di tutti gli italiani cresce sempre più, con l’ovvia sfiducia nelle istituzioni. “Crisi angosciante, servono soluzioni per l’occupazione” questo il grido d’allarme dell’inquilino del Colle. E quale sarebbe la ricetta? Continuare a stare nella moneta unica, a spalmare flessibilità e a ricevere disperati da ogni parte del mondo non sembra proprio una soluzione salutare. L’angoscia per una vita che scivola sempre più in basso, causa perdita del lavoro o per un salario sempre più ridicolo o per una pensione ridotta a livello di mancia, diventa una
quotidianità. E le colpe sono di chi negli ultimi 20 anni ci ha governato, svendendo la nostra sovranità in cambio di una manciata di euro. Condizioni di degrado e disagio sociale che colpiscono tutti, in particolare i giovani che rischiano di entrare nel mondo del lavoro una volta giunti alla terza età. Di fronte a queste condizioni di forte precarietà ci vorrebbe un guizzo di sovranità e di orgoglio nazionale, invece ci si affida alla solita ricetta europeista che ci ha portato alla rovina. Nessuno sa più dare risposte, nessuno è più in grado di prendere in mano il Paese, nessuno mostra più quel coraggio necessario a restituire dignità e fiducia ai propri concittadini.
E così si pende dalle labbra della Bce, dell’Ue, del Fmi e delle multinazionali che fanno shopping nel nostro Paese da anni. La nostra condizione è simile a quella dei vecchietti che senza il badante di turno non sono più in grado di fare nulla. “Rilanciare, nel quadro dei valori costituzionali, l’attenzione al
ruolo centrale del mondo del lavoro” questo l’urlo del Colle. Purtroppo sono solo spari alla luna. Anche i vari inquilini del Quirinale non sono immuni da questo disastro. Ciampi, predecessore di Napolitano, ha la grave responsabilità insieme a Prodi di averci portato nell’euro. Ed è da questa scelta che nasce la brutta china presa, dove il nostro Paese si è ormai ridotto all’accompagno. Una Paese che non sa più camminare da solo è destinato a restare alle dipendenze degli altri. E così tra una discussione e l’altra i problemi restano tutti sul tappeto. “Agevolazioni a chi assume” dice la Camusso. Solo che se lo dice la segretaria della Cgil è medicina salutare, mentre se lo dice il Cavaliere si tratta di veleno. La verità è che in entrambi i casi si tratta di obolo camuffato da agevolazioni.
Nel messaggio in ricordo dell’uccisione del giuslavorista D’Antona, il capo dello Stato sottolinea che la crisi angosciante e drammatica che sta vivendo l’Italia “impone alle istituzioni, alle
forze sociali e alle imprese la messa in atto di efficaci soluzioni per rilanciare l’occupazione e lo sviluppo economico e sociale del Paese”.
Per fare questo dovremmo impedire alle multinazionali di fare shopping per poi lasciarci mezzi nudi; dovremmo impedire le delocalizzazioni; dovremmo tornare a fare politiche economiche e industriali, liberandoci del badante di turno.
“La preziosa opera del professor D’Antona - sottolinea Napolitano -, il suo illuminante contributo nella elaborazione di nuove politiche del lavoro attente, in una dimensione europea, alle più aggiornate dinamiche organizzative e di rappresentatività sindacale, rivestono ancor oggi un rilievo centrale, nel contesto di una crisi angosciante e drammatica, che impone alle istituzioni, alle forze sociali e alle imprese la messa in atto di efficaci soluzioni per rilanciare l’occupazione e lo sviluppo economico e sociale del Paese”. Purtroppo il compito dei giuslavoristi è servito a far peggiorare le condizioni dei
lavoratori che si sono ritrovati catapultati nel mondo della flessibilità e della precarizzazione, senza più diritti. E il prezzo maggiore lo stanno pagando soprattutto i giovani laureati, costretti ad un girone dello sfruttamento che difficilmente troverà una sua fine. Almeno fin quando non si volteranno le spalle a questa Europa monetaria, per tornare ad essere diretti protagonisti della nostra storia nazionale.Carlo Tata