SUCCUBI DEL PROGRESSO
 











La macchina come elemento fondante dello sviluppo industriale introduce un nuovo rapporto fra oggetto d’uso e meccanizzazione e diviene simbolo dell’idea di progresso. Un rapporto spesso ambiguo che si autoalimenta nella tecnologia e nelle sue possibilità di perfezionamento, con il conseguente annullamento del segno diretto dell’uomo nella costruzione dei propri oggetti, così come invece accadeva nella produzione artigianale.
Con il tramonto della produzione artigianale, che esprimeva abilità manuale e creatività in oggetti simili ma diversi, il significato ed il valore di unicità del manufatto si estingue.
Con la produzione industriale e la serializzazione del prodotto la ripetizione assolutamente identica dell’oggetto viene interpretata come disponibilità quantitativa per un mercato in rapida espansione.
La tecnologia introduce un nuovo concetto di qualità. La macchina che governa il processo produttivo ha come obbiettivo principale la
funzionalità associata ad un estetica rarefatta, priva di decori considerati inutili e ridondanti : il suo grado di perfezionamento genera prodotti in grado di alimentare un mercato sempre più sollecitato da un consumo in continua e veloce mutazione.
Con il passaggio all’automazione postindustriale, la macchina consolida il suo dominio ed impone nuove regole, introducendo il concetto di iperproduttività, con un’accelerazione vertiginosa degli strumenti a controllo numerico. Già Charlie Chaplin in Tempi Moderni aveva anticipato il destino e la riduzione dell’uomo a macchina: l’operaio non è più autonomo nel suo lavoro, diventa succube della volontà di un robot servant che lo sovrasta e lo esaurisce a puro strumento accessorio.
Allo sviluppo tecnologico vengono attribuiti cambiamenti epocali: prima la rivoluzione dei trasporti poi quella delle trasmissioni a comunicazione immediata e successivamente l’avvento imperioso delle tele-tecnologie. Una prima e significativa
rappresentazione di questo processo è rappresentata dalla tecnica applicata al territorio. Avviene una trasformazione dinamica del territorio con la costruzione di ferrovie, autostrade, aeroporti, canali, acquedotti che associano ad una maggiore funzionalità un’esigenza di relazioni sempre più strette fra tempo e velocità, con un riconoscimento della progressiva diminuzione del tempo come valore altamente positivo.
La velocità, paradigma del trasporto meccanico, impone inesorabilmente le sue regole sino a diventare valore determinante nelle trasmissioni elettromagnetiche ed a configurare nuovi scenari comportamentali in ambiente umano con interventi nel mondo organico. L’innesto di stimolatori della vita, della memoria, della percezione è ormai possibile. La tecnica entra nel vivo delle funzionalità umane con la miniaturizzazione delle tecnologie, con quelle che vengono comunemente chiamate micro-macchine o micro-tecnologie. Il passaggio inevitabile è il cambio di finalizzazione:
l’uomo diventa macchina.
Si avvera in qualche modo la teoria futurista di Marinetti: l’uomo ora si può “alimentare” di tecnica, e non soltanto di chimica degli alimenti, attraverso l’innesto di stimolatori della memoria che fungono da memoria supplementare. Il modello di riferimento già esistente e provato come lo stimolatore cardiaco appartiene ormai al passato.
Le ambizioni della tecnica, rappresentate dai Futuristi in una forma di previsione catartica, e che hanno trovato in Heidegger un interprete di grande lucidità con una chiara ed esplicita comprensione della tecnologia moderna, ora hanno superato ogni stadio di previsione, materializzandosi in precise e concrete soluzioni. Ciò che in Marinetti traspare come dimensione critica nel rapporto fra tecnologia e progresso ora è esplicito nella divinizzazione dell’uomo tecnico e nel dominio della velocità.
La velocità, come fattore paradigmatico del progresso, ha un ruolo determinante nel creare un nuovo modello di rapporto
fra uomo e ambiente. La tecnocrazia vuole un uomo “nuovo” con capacità reattive in grado di avere funzionalità paragonabili all’evoluzione delle tecnologie. La perdita di identità e di facoltà inscritte nella natura dell’uomo come la memoria viva è un rischio concreto. L’accumulazione di informazioni nelle banche dati è una forma di capitalizzazione dell’informazione che può portare a una specie di atrofizzzazione della memoria viva dell’uomo. Dalla memoria orale si è passati nel tempo alla lettura ed alla memoria libresca sino ad arrivare alla lettura di un software il cui rischio è la perdita della memoria naturale.
Le telecomunicazioni rappresentano l’urbanizzazione del tempo reale e la possibilità di creare una città virtuale con un ipercentro che non è più il centro di una spazio fisico. Dalla “cosmopolis” si passa così ad una specie di “omnipolis”, la città delle città. Con le telecomunicazioni si favorisce la prossimità temporale in una sorta di città virtuale come centro del
mondo, relegando le città reali in una specie di nuova periferia. Il tele-lavoro, le telecomunicazioni, le tele-conferenze portano all’emergere di una città delle città virtuale che detta le nuove regole di relazione e di rapporti di potere.
D’altra parte la tecnocrazia assegna valore positivo all’oggetto sottacendo ogni forma di conseguenza negativa. Nella storia delle tecnoscienze vi è sempre una parte nascosta rappresentata dagli incidenti che appartengono alla storia degli uomini. L’incidente ha sollecitato l’attenzione verso soluzioni correttive. L’ingegneria del traffico ha inventato il sistema di blocco per impedire il deragliamento, un sistema segnaletico con torri di controllo introducendo il concetto di sicurezza.
Tuttavia l’incidente à una presenza costante nell’evoluzione delle tecnoscienze e quindi un fattore di predertiminazione necessaria verificabile in chiave di sperimentazione preventiva. Ma se pensiamo alle grandi catastrofi, agli enormi rischi che
continuamente corriamo, possiamo affermare che l’incidente è nello sviluppo delle tecnoscienze ed interrogarci sul significato di “sostanza” ed “accidente” così come definito da Aristotele: “ La sostanza è assoluta e necessaria, l’accidente è relativo e contingente” Anche con una libera interpretazione il rischio di rovesciarne il significato è possibile.
Qui a Rinascita guardiamo con sospetto alla moda antiprogressista o della decrescita che ormai, inaugurata in Italia dal nefasto Club di Roma, prevale urbi et orbi nei commenti e nelle analisi sociali e politiche sulle prospettive future dell’umanità. La nostra posizione, terra terra, è la seguente: le tecniche sono strumenti dell’uomo e non il contrario, è il capitalismo (o il liberismo che dir si voglia) che ha ribaltato le prospettive positive dello sviluppo, donando all’uomo economico le leve di potere sul futuro dell’umanità. Si tratta di ritornare al principi dell’uomo come dimensione di tutte le cose di ritrasformarlo da
oggetto a soggetto e artefice del suo destino.
Ma ogni dibattito è aperto. Roberto Ugo Nucci