La Cgil attacca frontalmente Unione europea e Bce
 











Il principale sindacato italiano è in rotta di collisione con il Partito democratico. A pesare non è solo la partecipazione del centrosinistra al governo di Enrico Letta, già vice dell’organizzazione del Nazareno, ma le ricette proposte per garantire occupazione ed uscire dalla spirale recessiva. Formule aderenti a quanto propagandato dal Pdl e da Scelta civica durante la campagna elettorale, basterebbe un sussulto di “operaismo” o una richiesta di maggiore equità sociale per resettare la strana alchimia tra il Pd ed i suoi vecchi nemici. Un rischio a cui nessuno vuole sottoporre la legislatura, che ha già rischiato di essere ammazzata nei suoi primi giorni di vita.
Le prime settimane dell’esecutivo sono servite a comprendere quanto conformismo trasudi dalla linea politica scelta dall’allievo di Beniamo Andreatta. Non c’è nessuna rivoluzione copernicana all’orizzonte, si proseguirà lungo il cammino tracciato da Mario Monti e dai suoi
predecessori. Una scelta molto pericolosa per tutto il sistema produttivo, già duramente provato da una continua diminuzione del pil. La politica continuerà a chinare il capo di fronte all’eurocrazia, una subalternità conclamata dalla “stretta collaborazione” con la Banca d’Italia. L’attuale inquilino di via XX Settembre è perfettamente rispondente a quelle che sono le pretese dei nostri “interlocutori internazionali”.
Una garanzia per fare in modo che “tutto cambia affinché nulla cambi”; alle uscite a mezzo stampa ed agli annunci fatti di fronte al Parlamento non seguiranno fatti concreti. Il governo continuerà ad essere “signore indiscusso” della finanza pubblica, i richiami delle Camere non saranno presi in considerazioni.
A contare sarà solamente il rispetto dei saldi imposti dalle norme comunitarie, se questi verranno modificati a livello comunitario qualcosa cambierà. Al momento, né Enrico Letta né i suoi Ministri sembrano intenzionati a sbattere i pugni sul tavolo d
Bruxelles. A regnare sovrana ed incontrastata è la cautela e la moderazione, come se il nostro Paese non stesse attraversando una delle più severe crisi economiche della storia repubblicana. I più arditi protagonisti del dibattito interno al Pd si spingono a guardare le ricette del governo socialista di Parigi – anche queste basate sul rispetto del rigore imposto dalla Euro Tower di Francoforte – responsabili dell’arretramento degli indici macroeconomici transalpini. La Cgil ha chiarito che non farà sconti, a chiedere un deciso cambio di rotta al Governo sono soprattutto i metalmeccanici della Fiom. Tute blu pronte a tutto pur di evitare di essere immolate sull’altare della “maggiore flessibilità in uscita” o delle altre strane teorie propagandate dai maggiorenti di Pd e Pdl. Ieri, durante un partecipato convegno organizzato a Cagliari, uno dei componenti della segreteria nazionale della Cgil ha sferrato un durissimo attacco all’Unione Europea ed ai suoi sostenitori acritici. “Occorre un grande sforzo di onestà intellettuale – ha detto di fronte alla platea Danilo Bardi – L’attuale formula comunitaria si è rivelata un fallimento.
Un’Europa che divide i popoli e non permette al parlamento di Strasburgo di imporre il suo controllo sulla Commissione. I greci sono arrivati ad odiare i tedeschi, un fenomeno che ci deve far riflettere seriamente”. “L’architettura dell’Ue deve essere ripensata in maniera radicale – ha proseguito il sindacalista – Non serve a niente far finta che tutto vada per il verso giusto. La Bce non si comporta come i suoi omologhi, bisogna dirlo. Stati Uniti e Giappone stanno stampando moneta per rispondere alla crisi generata dalla finanza. A Francoforte si ostinano invece a fare il contrario, sicuri di poter contare sulla protezione della tecnocrazia di Bruxelles”.
Sembra quasi che la segreteria generale della Cgil abbia iniziato a leggere quello che scriviamo da anni, quando si era tacciato di essere o un eretico o un bestemmiatore.
Il
sindacato ha un accesso facilitato a tutti i mezzi di comunicazione, ha il dovere di informare riguardo gli effetti collaterali d un “europeismo spinto”. Il dibattito permetterà agli italiani di scegliere – e votare – con maggiore consapevolezza. Matteo Mascia