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Israele deporta migliaia di immigrati africani in un altro Paese |
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“Koseph Kony e l’orrore della strage di elefanti”. È la notizia che è apparsa in questi giorni nei maggiori giornali e media internazionali. Il signore della guerra africano, ricercato dagli Stati Uniti nell’Africa Centrale, è accusato di abbattimenti indiscriminati di elefanti per ricavarne avorio da vendere. Il grido di “allarme” è stato lanciato dal “Satellite Sentinel Project” creato dall’attore americano George Clooney, che non è nuovo a questo genere di denunce. È uno dei motivi per cui la notizia ha avuto tanto risalto, ma per quanto il bracconaggio sia un serio problema non è di certo il più grave in Africa. Oltre al fatto che il leader dell’Esercito di resistenza del Signore è noto, purtroppo, alle cronache africane per l’arruolamento dei bambini-soldato (ne ha rapiti oltre 60mila), per la distruzione di interi villaggi e omicidi di massa. Ma la vita degli elefanti sembrerebbe avere più valore di quella umana. Soprattutto di quella africana. La pensa così Israele. La notizia vera, che è passata sotto il silenzio della stampa internazionale e che non ha destato la preoccupazione delle star di Hollywood, è infatti che Tel Aviv ha deciso di deportare migliaia di immigrati africani in un Paese terzo, non ancora reso noto. Il piano è stato annunciato dal governo di Netanyahu che vuole arrestare il flusso immigratorio e ridurre la presenza degli africani, in particolare eritrei e sudanesi, nel Paese. Secondo Associated Press, circa 60mila immigrati sono arrivati in Israele negli ultimi otto anni dal confine egiziano. Dal 2013, Tel Aviv ha preso una serie di misure forti contro l’immigrazione clandestina, tra cui anche la costruzione di una recinzione lungo la frontiera con l’Egitto. Non soddisfatto, domenica, l’avvocato del governo, Yochi Gnesin, ha annunciato alla Corte Suprema israeliana che è stato raggiunto un accordo con un Paese, la cui identità è ancora ignota, che ha accettato di ospitare una parte degli immigrati. Secondo la radio dell’esercito israeliano si tratta di uno Stato africano che condivide interessi comuni con Tel Aviv,si parla di Uganda, Etiopia, Kenya o Sud Sudan. I quattro fedelissimi. Il nuovo provvedimento è stato duramente criticato dal quotidiano Haaretz, che definisce Israele una “società di deportazione”: “Il governo israeliano tenta di inviare decine di migliaia di persone provenienti da Eritrea e Sudan verso altri Paesi”, denuncia. Asmara e Khartoum sono due Stati considerati ostili a Israele, non sembra dunque un caso che Tel Aviv se la sia presa in particolar modo con gli immigrati sudanesi e eritrei. Secondo Haaretz, la nuova misura riflette “il disprezzo” che il governo di Netanyahu nutre da sempre contro i neri africani, spesso richiedenti asilo. Invece di fare fronte alle loro difficoltà, scrive ancora il giornale israeliano, preferisce espellerli: “Lontano dagli occhi, lontano dal cuore”. E disprezzo era stato pienamente manifestato dal ministro degli Interni, Eli Yishai, che un anno fa aveva dichiarato alla radio militare che bisognava “mettere dietro le sbarre tutti gli immigranti clandestini” poiché “vengono a prendersi il lavoro degli israeliani ed occorre proteggere l’identità ebraica dello Stato di Israele”. La nuova misura ha destato la preoccupazione della comunità africana presente nel Paese. Interpellati da Haaretz, gli immigrati hanno detto di temere di essere deportati contro la loro volontà e senza alcuna garanzia sul rispetto dei loro diritti. Per scongiurare tale ipotesi hanno quindi chiesto alle autorità israeliane di accogliere le loro richieste di asilo e di riconoscere lo status di rifugiati prima di procedere a qualsiasi trasferimento. “Se non proteggono i miei diritti in Israele, come faccio a sapere che difenderanno i miei diritti in un altro Paese? - ha raccontato Bob, 27 anni, arrivato dall’Eritrea tre anni fa - dobbiamo sapere qual è il Paese, come trattano i rifugiati”. Gabriel, eritreo 31 anni, in Israele da sei anni, si è detto pronto a accettare il trasferimento solo se coordinato con l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) e la comunità internazionale, “ma ho sentito che ci vogliono gettare in un Paese terzo dove le nostre vite non sarebbero al sicuro. Ho sentito che le possibilità sono Uganda, Nigeria e Kenya. Sono tutti Paesi non sicuri per noi. Possono deportarci in Eritrea”. Come sottolinea il giornale Haaretz, non è la prima volta che migliaia di immigranti sono stati rimpatriati forzatamente in un altro Paese. Un anno fa, esattamente il 4 giugno, il parlamento israeliano aveva approvato una legge che prevedeva la reclusione fino a tre anni e senza processo per gli immigrati illegali. Una misura che le associazioni per i diritti umani avevano bollato come “contraria” alla convenzione Onu sui rifugiati e a numerosi trattati internazionali che Tel Aviv, in quanto firmatario, è chiamato a rispettare. Inoltre, più di 2.000 immigrati, tra eritrei e sudanesi, erano stati deportati in un altro Paese. Centinaia sono stati espulsi dal carcere israeliano dove erano stati internati. “Dove sono oggi?” Si interroga il giornale israeliano. Francesca Dessì
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