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La strana alleanza in salsa verde |
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Lupi in salsa ecologica: questo il senso della proposta di legge Ac/70, in discussione alla Camera, su «Contenimento dell’uso di suolo e rigenerazione urbana». Bel titolo: peccato che il testo abbia invece l’aspetto di un patto scellerato fra guardie e ladri di territorio. Riassunto delle puntate precedenti: nel 2008 Maurizio Lupi propone una legge dove il suolo ha mera vocazione edificatoria, senza la minima attenzione per la tutela del paesaggio, l’agricoltura, l’assetto idrogeologico. Una concezione panurbanistica, in nome di “diritti edificatori” commerciabili; ma la proposta cade in un coro di proteste. Nel 2012 Mario Catania, ministro dell’Agricoltura nel governo Monti, presenta una legge sulla «Valorizzazione delle aree agricole e contenimento del consumo di suolo », che contiene due principi assai positivi: la riduzione del consumo dei suoli agricoli e la disciplina degli oneri di urbanizzazione (da destinarsi solo alle opere di urbanizzazione, secondo l’originaria norma Bucalossi, e non alla spesa corrente). Proposta caduta con la fine della legislatura. In che rapporto con questi “precedenti” è la proposta di legge Ac/70? Essa è totalmente dissociata non solo dal suo titolo, ma anche dalla relazione introduttiva. La relazione, infatti, richiama il ddl Catania e ricorda i dati terrificanti (Istat, Ispra, Wwf) sul consumo di suolo in Italia, le misure di contenimento di altri Paesi, la risoluzione europea che impegna il governo a norme urgenti di analogo segno, il consenso dell’Ance (associazione dei costruttori) a un radicale cambio di rotta verso la riqualificazione degli immobili. Il testo della legge è fedele a queste premesse solo in minima parte ma per il resto non fa che rilanciare la legge Lupi. Dall’articolo 9 della proposta Lupi derivano, infatti, i «diritti edificatori generati dalla perequazione urbanistica », commerciabili senza limiti, nonché incrementati da ulteriori “premialità, compensazioni e incentivazioni”. Targata Lupi è anche l’idea che i Comuni, in cambio di aree per l’edilizia sociale, attribuiscano ai privati ulteriori «quote di edificabilità», per giunta trasferibili a piacere, perfino fuori Comune. ella proposta Ac/70, «il suolo non edificato costituisce una risorsa il cui consumo (...) è suscettibile di contribuzione » (articolo 1), e infatti gli oneri di urbanizzazione restano tal quali, anzi basta moltiplicarli per quattro (se l’area è «coperta da superfici naturali o seminaturali») o per tre (se si tratta “solo” di suoli agricoli), e il miracolo è fatto: qualsiasi territorio diventa edificabile, e i relativi diritti possono essere sommati e trasferiti ad libitum. Ben lungi dal limitare il consumo di suolo, la norma lo consacra traducendolo in un sovraccosto. Infine, istituisce i «comparti edificatori», mostruosa neoformazione dell’articolo 5, una sorta di consorzio dei proprietari privati di un’area determinata, che presentano poi al Comune «il piano urbanistico attuativo riferito all’intero comparto»: una vera e propria privatizzazione della pianificazione territoriale. Ecco i primi frutti dell’ascesa di Lupi al ministero-chiave delle Infrastrutture. Se questa legge da Lupi l’avesse firmata lui, tutto regolare; ma a presentarla è Ermete Realacci, lunga storia in Legambiente, oggi presidente della commissione Ambiente alla Camera. Tra i firmatari meraviglia trovare Mario Catania, autore di un ddl di segno opposto, e Ilaria Borletti Buitoni, sottosegretario ai Beni culturali ed ex presidente del Fai. Intanto, è in dirittura d’arrivo un pessimo dpr sulle autorizzazioni paesaggistiche, “semplificate” d’ufficio anche nelle aree soggette a vincolo individuale. Per quanto “larghe” siano le intese su cui si regge il governo, sfugge come gli attentati al paesaggio e all’ambiente di queste norme-inciucio possano stare insieme con le (buone) dichiarazioni programmatiche del ministro dell’Ambiente Andrea Orlando che alla Camera ha insistito su ben altre priorità: controllare il rischio idrogeologico, tutelare gli ecosistemi, ridurre il consumo di territorio, pianificare le risorse idriche come bene comune, «puntare sulla trasformazione del tessuto urbano esistente e non su nuove edificazioni». Se questo fosse il programma non di un ministro ma del governo, la proposta Ac/70, che si scrive Realacci e si legge Lupi, andrebbe immediatamente cestinata. Molto meglio sarebbe ripartire dal ddl Catania, da migliorarsi parametrando la riduzione del consumo di suolo su serie previsioni demografiche e sul censimento degli edifici abbandonati o invenduti. In questo senso, va la proposta presentata ieri da nove deputati del M5S (tra cui De Rosa e Zaccagnini), mirata a ridurre senza trucchi e senza inganni il consumo del suolo. Ma il tormentato iter di queste norme non avrà mai fine, se non ci decideremo a separare la proprietà dei suoli dai diritti edificatori, sottoponendo questi ultimi a una rigorosa pianificazione pubblica che non può limitarsi all’ambito meramente comunale. Un ultimo punto: alcuni firmatari della proposta Realacci, interrogati privatamente, confessano di aver firmato sulla fiducia, senza capirne bene il senso. C’è dunque da chiedersi come, nel buio delle “larghe intese”, lavora questo Parlamento eletto con il Porcellum. E se sia legittimato non dico a varare, ma anche solo a sognare una qualsiasi riforma della Costituzione. Salvatore Settis, Repubblica
Zanchini a Settis: "Il suo allarme non mi convince" Caro Settis, mi ha molto colpito il suo intervento su Repubblica di Sabato per l’allarme che lanciava su un tema così delicato in Italia come il consumo di suolo. Ho letto il testo del Disegno di legge Ac/70 e fatto alcune verifiche per cui mi permetto di segnalarle alcuni punti che proprio non mi convincono. In primo luogo l’accusa per cui si consacrerebbe il consumo di suolo traducendolo in un sovraccosto. Non può sfuggire che l’unico Paese in Europa che in questi anni ha fatto di questo tema una priorità nazionale, ossia la Germania, sia partito proprio dall’inasprimento della fiscalità per i suoli trasformati con l’obiettivo di spingere la riqualificazione. Mercificazione? Che il tema sia serio e non semplificabile lo dimostra che un contributo di questo tipo è previsto anche nel Disegno di Legge appena presentato dal Movimento Cinque Stelle (a cui ha contribuito un urbanista che Lei conosce come Paolo Berdini) e in quello proposto dal Wwf. Secondo punto, rispetto all’allarme lanciato con l’articolo. Il testo in realtà non è nuovo ma risale alla scorsa legislatura (è la riproposizione di un DL presentato da Della Seta, Vitali e altri). E secondo i regolamenti delle commissioni parlamentari non sarà portato in votazione ma, attraverso il confronto con gli altri testi sullo stesso argomento (come il “Catania”), dovrà portare a un testo unificato. Di più, quella proposta nacque proprio con l’obiettivo di integrarsi con il testo “Catania” che se è totalmente condivisibile nei principi, negli obiettivi e nelle strategie di tutela dei suoli agricoli, si limita però solo a questi come attenzione e manca nell’incidere rispetto al tema della riqualificazione delle periferie e del patrimonio edilizio che, come noto, nel nostro Paese dovrebbe essere una priorità e invece sconta ritardi e problemi di norme, risorse, attenzione da parte del mondo delle costruzioni e delle stesse amministrazioni locali. Nel Disegno di Legge Ac/70 oltre a obiettivi di limiti al consumo di suolo che riguardano tutte le aree (non solo quelle agricole), vi sono proposte di “rigenerazione” ambientale, statica, energetica degli ambiti urbani degradati che possono essere criticate, ma che un problema esista nel nostro Paese è difficilmente negabile. E, purtroppo, se si vuole riqualificare grandi complessi edilizi e speculazioni costruite nel dopoguerra non basta “separare la proprietà dei suoli dai diritti edificatori” come giustamente Lei propone. Infine, l’accusa più grave politicamente, quella dell’inciucio tra Realacci e Lupi, per cui il testo non è altro che la riproposizione delle idee liberiste in materia di diritti edificatori dell’attuale Ministro delle Infrastrutture. Il tema è effettivamente assai delicato, ma bastava una verifica tra i testi per accorgersi delle differenze. La proposta Lupi del 2008 prevedeva che i diritti edificatori generati dalla perequazione urbanistica fossero commerciabili “senza limiti”. Nel testo contestato esiste, (all’articolo 7) la possibilità di trasferire i diritti edificatori tra proprietà immobiliari “solo se il trasferimento è coerente con le previsioni degli strumenti urbanistici del comune, nonché degli strumenti e delle norme di pianificazione sovraordinati”. Dunque solo se il Piano lo prevede, se non in contraddizioni con vincoli e norme regionali, e solo con “la cessione gratuita delle aree necessarie all’attuazione degli obiettivi di piano”, visti i problemi dell’esproprio nel nostro Paese. Se questo è scritto nel DL, la tesi dell’articolo per cui basta pagare per ottenere che qualunque territorio diventi edificabile, potendo anche trasferire tale diritto, non pare proprio stare in piedi. Quanto poi ai rischi legati ai “comparti edificatori” nulla di nuovo, stiamo parlando di un istituto che nel nostro Paese esiste dal 1942, ha funzionato male, e viene proposto all’articolo 5 di utilizzarlo nelle situazioni “per le quali gli strumenti urbanistici prevedono una trasformazione unitaria individuando gli obiettivi di riqualificazione urbanistica e ambientale”. Scritto così pare una forma di intervento con la quale guidare la riqualificazione che nel nostro Paese non funziona, se invece vi sono dubbi tecnici ben vengano ma risolvere il problema è o no una priorità? Perché a Barcellona come a Berlino, a Marsiglia come a Friburgo si usano strumenti di questo tipo per guidare nell’interesse pubblico le trasformazioni dentro le periferie e offrire un alternativa concreta al consumo di suolo. A noi pare che questo Paese abbia un bisogno urgente di una riforma in questo campo. Nel nuovo Parlamento sono diversi i Disegni Legge con idee e proposte condivisibili, anche diverse tra di loro, ma ora è il momento di aprire un confronto nel merito per trovare le soluzioni più efficaci. L’impegno di Legambiente è di fare in modo che questo confronto sia trasparente per far capire la portata della sfida che abbiamo di fronte, che entri nel merito dei problemi, e per questo ci piacerebbe invitarla a partecipare a una iniziativa pubblica che abbiamo in mente di organizzare sul tema. Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente
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