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Australia. Un esercito "d’importazione" per tutelare l’influenza Usa nel Pacifico |
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Potrebbe apparire una buona notizia, almeno per chi cerca lavoro, attivita che di questi tempi e purtroppo ampiamente diffusa in Italia e non solo: l’Australian Defence Force sta cercando candidati non australiani e non in possesso di residenza permanente per l’inserimento in posizioni lavorative che al momento non possono essere soddisfatte dal mercato del lavoro locale. L’Australian Defence Force e la Forza Armata australiana, ed e in cerca di 100mila nuovi dipendenti tra personale militare e paramilitare straniero. Una volta superate tutte le fasi di selezione e dopo essere stati ammessi nell’esercito, i candidati e le loro famiglie avranno diritto a una permanent residence australiana e dovranno impegnarsi a sottoporre la domanda di cittadinanza non appena ne avranno diritto, presumibilmente a tre mesi dall’inizio del servizio. Sorvolando sulla triste constatazione che una certa idea "romantica" delle istituzioni militari come espressione della difesa del territorio da parte del popolo ad esso legato da storia e tradizioni e evidentemente oramai archiviata in nome del mercato e di un vero e proprio "mercenariato in patria", il fatto che l’Australia sia tanto interessata a rimpinguare le fila dei propri militari ha di certo una ragione che va ben oltre il concetto del "tutto si vende, tutto si compra" (compresa la fedelta a una bandiera). L’Australia e in forte crescita, non e una novita che da quel continente arrivino continue offerte di lavoro che richiamano sempre piu stranieri, "cervelli", ma non solo. Si tratta di un territorio vastissimo, con una densita di meno di 3 abitanti per chilometro quadrato (in Italia, per fare un rapido confronto, siamo piu di 200 sulla medesima superficie). Ovvio che tenere sotto controllo tanta vastita richiede un enorme sforzo che la popolazione residente non riesce a garantire. Ma e soprattutto la posizione strategica dell’Australia a richiedere una robusta iniezione di militari. Siamo nel Pacifico: la nuova frontiera della strategia militare statunitense. Se facciamo qualche passo indietro, all’autunno del 2011, il quadro diventa piu chiaro. Da quel momento gli Stati Uniti, dopo avere annunciato l’effettiva riduzione della loro presenza militare in Afghanistan e Iraq - dove tuttavia resteranno basi permanenti e alleati occidentali a perpetuare l’occupazione - hanno iniziato a concentrarsi sull’area d’influenza del principale detentore del debito pubblico statunitense, la Cina. "Non c’e dubbio che sia all’interno del Pentagono, sia all’interno della Casa Bianca, il Pacifico e visto come una priorita", aveva dichiarato l’allora segretario alla Difesa Usa Leon Panetta a un vertice tra i Paesi del Sudest asiatico. L’operazione era stata delineata nell’ottobre 2011 dall’allora segretario di Stato Usa Hillary Clinton in un articolo scritto per Foreign Policy ( href="http://www.foreignpolicy.com/articles/2011/10/11/americas_pacific_century">http://www.foreignpolicy.com/articles/2011/10/11/americas_pacific_century). Un mese dopo, nel corso del vertice Apec (Asia-Pacific Economic Forum), alle Hawaii, Washington ha negoziato le linee di un ambizioso accordo di libero scambio che taglia fuori la Cina. Si tratta del Trans-Pacific partnership, nato nel 2005 come una zona di libero scambio tra Brunei, Nuova Zelanda Singapore e Cile alla quale nel 2008 si sono interessati, chiedendo partecipare, gli Stati Uniti, l’Australia, la Malesia, il Peru e il Vietnam. Durante il vertice hawaiano del 2011 anche Giappone e Corea del Sud hanno avviato le trattative per l’ammissione. Una volta implementato il Tpp diventera la piu grande area di libero scambio a livello mondiale, con un peso economico superiore del 40% rispetto all’Unione Europea. Tra l’altro con velleita che vanno ben oltre l’abolizione delle barriere tariffarie, si parla infatti della creazione in un vero e proprio mercato comune. Durante il vertice hawaiano Obama ha duramente attaccato Pechino, invitando la Cina a comportarsi come un Paese "adulto" e a rispettare le regole della comunita internazionale negli affari economici limitando gli interventi statali nell’economia. Soprattutto, il presidente Usa ha chiesto nuovamente la rivalutazione dello yuan, la moneta cinese, la cui sottovalutazione secondo Washington rende difficile alle aziende statunitensi esportare nel grande mercato cinese. Una possibilita decisamente esclusa dall’allora presidente Hu Jintao. Canberra, nonostante i contratti miliardari in campo minerario ed energetico sottoscritti proprio con la Cina, in occasione del vertice Apec, ha aderito al Tpp, dal quale Pechino e rimasta ovviamente esclusa. L’Australia, insomma, sa bene da che parte stare. "Noi non abbiamo escluso la Cina dal Tpp. Se la Cina dice di voler avviare trattative per l’adesione le diamo il benvenuto. Questo comportera per la Cina di rivedere certi suoi atteggiamenti in materia commerciale", ha affermato Obama in occasione del suo viaggio in Australia, fatto guarda caso immediatamente dopo il vertice Apec. Arrivato direttamente dalle Hawaii, il presidente Usa ha dichiarato, alla presenza delle premier australiano Julia Gillard, che gli Stati Uniti non hanno certo "paura" del crescente potere economico e militare della Cina e non cercano di "escludere" Pechino dai contesti internazionali. Parole alle quali non corrispondono i fatti, visto che nella medesima occasione il presidente Usa ha annunciato la firma di un accordo bilaterale di difesa con il primo ministro australiano in base al quale gli Stati Uniti hanno rafforzato la propria presenza militare in Australia. L’intesa, rivelata allora dal giornale The Australian, riguarda l’arrivo di 2.500 marines in sei anni e l’incremento dell’operativita dell’aereonautica militare a stelle e strisce dalle basi militari australiane, prevede anche esercitazioni comuni durante la stagione secca nel Territorio del Nord e l’operativita in Australia di molti velivoli dell’Air Force Usa - i B52, i cacciabombardieri F/A18, e i velivoli da trasporto tattico C17. La base australiana destinata ad ospitare i marines e quella di Darwin, nel nord del Continente, ufficialmente sara utilizzata per operazioni di addestramento ed esercitazioni anfibie, ma gli analisti hanno parlato di un primo passo destinato a successivi rafforzamenti, visto che e evidente la volonta di Washington di rafforzare gli avamposti militari nell’area, anche con il probabile spostamento di parte delle sue truppe presenti in Giappone. La questione della base Futemna a Okinawa resta infatti ancora aperta. Nei giorni scorsi il governatore di Okinawa, Hirokazu Nakaima, ha nuovamente esortato i governi giapponese e statunitense a spostare la base US Marine Corps Air Station fuori della prefettura e a "rivedere drasticamente, il piu presto possibile" il trattato fra Giappone e Stati Uniti (Status of Forces Agreement) che riserva un trattamento speciale al personale militare statunitense di stanza in Giappone. I marines eventualmente spostati (si parla del 2020) da Okinawa non verrebbero quindi spostati tutti a Guam, l’sola del Pacifico che rappresenta il lembo piu occidentale degli Stati Uniti d’America dove si trova la Base Navale di Apra Harbor, una base strategica che ospita il 15esimo squadrone sottomarini, con i sottomarini nucleari Oklahoma City, Chicago e Buffalo, la nave appoggio Frank Cable, le unita della guardia costiera Sequoia, Assateague e Washington, reparti di supporto e bacini di carenaggio. Vi si trova anche la Base dell’Air Force Andersen, dove ha sede il 36esimo Stormo e che dal 2009 ospita i bombardieri strategici B-2 Spirit Stealth. Dall’ottobre 2010 vi operano anche i velivoli-spia "Global Hawk", e sono in via di realizzazione piste e infrastrutture portuali per l’approdo delle portaerei e probabilmente anche un centro operativo per la "difesa missilistica". La modernizzazione della Seconda artiglieria cinese, con l’acquisizione di missili balistici e cruise ad alta precisione, ha reso vulnerabili le basi Usa in Giappone e Corea del Sud, ma probabilmente anche quelle situate a Guam. Da qui la nuova importanza dell’Australia, con la base di Darwin fondamentale come "seconda linea" per il controllo dell’influenza cinese nel Mar Cinese Meridionale. In questo quadro, vista la comunita d’intenti e la stretta alleanza politico-militare tra Canberra e Washington, rientra anche un piano di potenziamento delle stesse Forze Armate australiane. Ma la "materia prima" a disposizione e troppo poca e cosi la soluzione scelta e quella di "importare" militari. Dopotutto in un mondo nel quale tutto e merce, anche difendere una bandiera diventa solo questione di portafoglio. Un dato del quale giovera in primis la politica strategica statunitense, che dopotutto, di contractors fa largo uso in giro per il mondo. Alessia Lai
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