-L’Expo può essere una sfida, anche per Slow Food-
 







di Giorgio Salvetti




Non si può solo dire di no. E’ una sfida e noi l’accettiamo. Non siamo mica dei baluba-. Con una tipica espressione del nord, Carlo Petrini, padre di Slow Food e ambasciatore nel mondo per l’alimentazione buona, sana e giusta, spiega perché fa parte dell’Expo 2015 sul tema «Nutrire il pianeta».
Ma come potete appoggiare l’esposizione sponsorizzata dalla Moratti?
Sono stato contattato da Letizia Moratti quando, come ministro, ha riconosciuto la nostra università delle scienze gastronomiche. Ci ha chiesto di partecipare in base a tre pilastri chiari alla base dell’Expo: la sostenibilità ambientale, l’equità dei mercati e la solidarietà internazionale. Non si poteva che dire sì. Ma la nostra è un’adesione critica e attenta. A novembre sono andato a Parigi con Prodi, Formigoni, Montezemolo e Moratti, davanti ai delegati del Bureau International des Expositions ho detto che questa Expo dev’essere un’occasione eccezionale per il tema della
sostenibilità e della sovranità alimentare. Ora tutti rivendicano la paternità di questa vittoria. Poco importa. Io sono felicissimo per Milano, per l’Italia e per il mondo perché se le premesse verranno mantenute questa esposizione sarà una grande operazione diplomatica di pace.
Ma come? Non si tratta pur sempre di una una grande fiera del capitale che poco ha a che vedere con la filosofia slow e la decrescita?
Intendiamoci, si tratta di una grande sfida. E’ evidente che ci sono tutta una serie di problemi connessi a Expo che possono degenerare, ma l’elemento virtuoso che è alla base di Expo non può essere ignorato. Tirarsi fuori non basta. Non siamo dentro Expo per fare la foglia di fico, ma per condizionare una sfida dirimente e di importanza globale. Ho accettato cosciente di essere un anello debole. Spero che il buon senso prevalga. Al Bie hanno votato molti paesi del sud del mondo che hanno bisogno di svilippo e sostenibilità. Si tratta di fare incontrare
le differenze tra l’occidente che deve contrarre il suo modello di sviluppo illimitato con un sud che ha l’esigenza di crescere in modo equilibrato. Di fare incontrare quelli che sono malnutriti perchè hanno la pancia troppo piena e mangiano male e quelli che invece hanno ancora il problema della fame.
Il terzomondismo e l’ambientalismo della Moratti sono credibili? Non è solo una furbata per intercettare istanze ecologiste e di sinistra?
Se le promesse fatte non verrano realizzate, allora saranno state solo uno specchietto per le allodole. Ma non si può cominciare un percorso facendo il processo alle intenzioni. Se è solo un bluff, io ho voluto andare a vedere. Per quanto riguarda il sindaco Moratti, sicuramente non abbiamo le stesse idee, ma abbiamo comunque un rapporto di grande fiducia. E’ ovvio che questa nostra posizione ci mette sotto vigile osservanza da parte di tutti. Ci aspettano a Canossa. Ma se leggo nel programma dell’Expo delle cose che sembrano
scritte da Slow Food, devo dire che non sono d’accordo solo per Moratti o Formigoni?Ma chi vi assicura che i patti verranno mantenuti?
Di fatto nessuno. Si tratta di avere un atteggiamento sodale ma critico, ci vuole complicità dove si può e tanta critica sempre. Non basta solo contrapporre il proprio no. Questo vale anche per la ricerca biogenetica. Le biotecnologie in questo momento sono gestite da multinazionali che agiscono con la forza e le impogono con ogni mezzo per ricavarne profitti. Ma bisogna distinguere l’opposizione netta alle multinazionali degli Ogm e l’apertura imprescindibile alla scienza e alla ricerca. Noi siamo all’Expo per vedere e incoraggiare anche in questo campo nuove proposte rispettose del mondo contadino e della natura. Sto parlando del genocidio della cultura contadina che nel mondo ancora coinvolge direttamente la metà della popolazione. Nei paesi ricchi è già stato consumato, nei paesi poveri è ancora in atto. E non riguarda solo il
sud del mondo: i nuovi contadini italiani sono macedoni, indiani, magrebini. Immigrati.
Crede sia neccessario un grande evento per ottenere risultati?
Certo, ci vuole prima di tutto l’impegno quotidiano, altrimenti da qui al 2015, al posto di un’esposizione faremo un museo di un mondo che non c’è più. Non bisogna solo rifare lo skyline di Milano, ma anche lo skyline dell’agrolimentare mondiale.
A proposito, cosa pensi di chi teme speculizioni edilizie?
Le grandi esposizioni sono sempre state un’occasione per le città per rigenerarsi, anche qui bisogna che vengano ripettati i piani ecocompatibili. E’ una questione di intelligenza, ma è una battaglia che va combattua per poter esser vinta.de Il Manifesto