|
Berlusconi condannato. È questa nella sostanza la sentenza emessa dalla Cassazione, dopo oltre otto ore di camera di consiglio. Una sentenza che segna una svolta non solo nella carriera politica del Cavaliere ma dell’intero paese. Una sentenza che, forse, in pochi si attendevano: molti avrebbero auspicato un annullamento con rinvio, tanto per prendere ancora un po’ di tempo e salvare, almeno temporaneamente, capra e cavoli. E invece no. I supremi giudici sono stati netti: respinti i ricorsi di tutti gli imputati (Berlusconi e gli altri tre, gli ex dirigenti di Mediaset Daniele Lorenzano e Gabriella Galetto e il produttore cinematografico Frank Agrama) e confermate tutte le condanne inflitte dal tribunale d’appello di Milano, tranne che per una parte. Quella relativa alla pena accessoria dell’interdizione: la Cassazione ha ordinato l’annullamento con rinvio perché sia rideterminato il numero degli anni (si ricorderà che lo stesso procuratore generale aveva ammesso l’errore, chiedendo però che fosse la Cassazione a ridurre gli anni a tre). I supremi giudici hanno invece rinviato la palla al tribunale. Tutti gli imputati sono stati anche condannati a risarcire l’agenzia delle entrate, in quanto parte civile. Durissima la reazione dei legali del Cavaliere, Coppi, Ghedini e Longo: «La sentenza della Corte di Cassazione non può che lasciare sgomenti. Vi erano solidissime ragioni ed argomenti giuridici per pervenire ad una piena assoluzione del Presidente Berlusconi. Valuteremo e perseguiremo ogni iniziativa utile anche nelle sedi Europee per far si che questa ingiusta sentenza sia radicalmente riformata». Che succede adesso? Di fatto la sentenza di condanna a quattro anni di carcere (in realtà uno, perchégli altri tre sono coperti da indulto) con la sentenza di oggi è diventata esecutiva. Per cui per Berlusconi ora scatterà l’arresto, o meglio gli arresti domiciliari, sempre che Berlusconi non decida di andare ai servizi sociali. A Palazzo Grazioli, sede romana del Cavaliere, è iniziato subito ad arrivare lo stato maggiore del Pdl. Tra i primi a giungere a via del Plebiscito i due capigruppo Renato Schifani e Renato Brunetta, il coordinatore del partito Denis Verdini e il senatore pidiellino Altero Matteoli. Il partito è sicuramente attonito e sostanzialmente pende dalle labbra di Berlusconi: il Pdl farà quello che il leader deciderà, soprattutto per quanto riguarda le conseguenze poltiche della condanna. Anche se c’è già chi parte lancia in resta: «Come annunciato, sto andando a rimettere il mio mandato di sottosegretario nelle mani del presidente Berlusconi che per quella carica mi ha indicato all’Interno del governo Letta da lui fortemente voluto». Il diretto interessato ha scelto la forma del video messaggio: «Una parte della magistratura è irresponsabile» ha detto visibilmente provato; annuncia che resta in campo e rilancia Forza Italia, senza però fare alcun riferimento al governo. Chi certamente guarda con attenzione alle mosse del Pdl è il Pd. Il segretario Epifani mette le mani avanti, sostenendo che «le sentenze si rispettano, si applicano e si eseguono». L’ex segretario della Cgil sa bene di non essere in grado di tenere buono il partito, qualora dal Pdl arrivassero reazioni scomposte («eversive», aveva detto il capogruppo al senato Zanda) o eclatanti (dimissioni di parlamentari, manifestazioni di piazza ecc). Ma nel Pd le danze sono già iniziate. Basta sentire Paolo Gentiloni, della corrente renziana: «Se il Pdl esiste da oggi non può più avere Berlusconi come leader». Per non dire della reazione di Pippo Civati: «Mi aspetto che il Pd valuti una exit strategy, con la legge elettorale e la legge di stabilità e il ritorno agli elettori». E però chi di dovere ha già iniziato a tirare la rete di sicurezza intorno al governo. La nota del Quirinale è arrivata a tempo di record: «La strada maestra da seguire è sempre stata quella della fiducia e del rispetto verso la magistratura in piena autonomia e indipendenza alla luce di principi costituzionali e secondo le procedure di legge». Per Napolitano «in questa occasione attorno al processo in Cassazione per il caso Mediaset e all’attesa della sentenza, il clima è stato più rispettoso e disteso che in occasione di altri procedimenti in cui era coinvolto l’on. Berlusconi. E penso che ciò sia stato positivo per tutti. Ritengo e auspico che possano ora aprirsi condizioni più favorevoli per l’esame, in Parlamento, di quei problemi relativi all’amministrazione della giustizia, già efficacemente prospettati nella relazione del gruppo di lavoro da me istituito il 30 marzo scorso. Per uscire dalla crisi in cui si trova e per darsi una nuova prospettiva di sviluppo, il Paese ha bisogno di ritrovare serenità e coesione su temi istituzionali di cruciale importanza che lo hanno visto per troppi anni aspramente diviso e impotente a riformarsi». Insomma, a Berlusconi il presidente della Repubblica manda dire: stai calmo, non fare sfracelli; in cambio faremo la riforma della giustizia. Affermazioni subito sottoscritte da Letta: -Esprimo piena adesione alle parole del presidente Napolitano sul pronunciamento della Cassazione». La strada maestra è il rispetto per la magistratura e per le sue sentenze. Per il bene del Paese è necessario ora che, anche nel legittimo dibattito interno alle forze politiche, il clima di serenità e l’approccio istituzionale facciano prevalere in tutti l’interesse dell’Italia rispetto agli interessi di parte-.
videomessaggio di Berlusconi-repubblica |
|