Letta-Alfano, nulla di fatto
 











E’ forse il giorno più lungo di Enrico Letta. E non è un buon giorno. Quasi tre ore di confronto a palazzo Chigi con il suo vice, nonché segretario del Pdl, Angelino Alfano, non sono servite a sbrogliare la matassa dell’agibilità politica di Berlusconi. Al termine del faccia faccia, infatti, le posizioni tra Letta e Alfano restano «distanti», come ampiamente prevedibile. Alfano è arrivato a palazzo Chigi poco dopo le 18 con un mandato preciso, quello ricevuto nel vertice di ieri ad Arcore e cioè comunicare ufficialmente l’ultimatum del Cavaliere: sette giorni, dieci al massimo per convincere il Pd a rinviare il voto della giunta e a mettere in discussione la legge Severino sulla incandidabilità. Altrimenti addio al governo delle larghe intese. Non aveva moltissimi margini di manovra, Letta, che aveva già fatto sapere di rimettersi alle decisioni che il Pd prenderà in parlamento e che lui già ora considera «giuste», quali che saranno. E in mattinata aveva insistito sul fatto che sarebbe un peccato mandare tutto all’aria "proprio adesso" che si intravede la ripresa (anche se la vede solo lui) dopo i tanti sacrifici fatti. «Penso che il nostro Paese abbia davanti delle grandissime opportunità. Confido nella responsabibilità e nella lungimiranza di tutti. Penso che tutti ce la metteranno. L’Italia - ha aggiunto parlando da Vienna - ha tenuto duro nei momenti più duri della crisi. Sarebbe paradossale, ora che possiamo avvicinarci alla terra promessa, e sarebbe sbagliato avvitarsi in questioni di politica interna che secondo me sono superabili». Non è chiaro, però, come. Letta finora si è attenuto alla linea di Napolitano: le sentenze si rispettano e si applicano; Berlusconi mostri di averlo capito, magari dimettendosi da senatore e iniziando a scontare un po’ di pena e faccia domanda di grazia che sarà attentamente valutata. Cose che il Cavaliere non farà mai. Sull’altro fronte, è difficile pure che il Pd possa derogare dalla strada tracciata da Napolitano, se non vuole rischiare di implodere.
Dunque, lo stallo è totale e infatti l’incontro tra premier e segretario Pdl si è concluso con un nulla di fatto. E a poco serve, per la sopravvivenza dell’esecutivo (a questo punto sempre più in bilico) sapere che, invece, sull’azione di governo il vertice avrebbe  prodotto dei passi avanti, per quanto riguarda Imu e Iva, che saranno all’ordine del giorno del consiglio dei ministri del 28. Non è più da questo che dipendono le sorti delle larghe intese.