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Intramoenia, Medico condannato non emetteva fattura |
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Il medico del Servizio sanitario nazionale che, operando in regime di intramoenia, non rilascia ricevuta fiscale, non solo sarà perseguito penalmente per peculato, ma sarà anche responsabile del danno patrimoniale arrecato all’Azienda di appartenenza per gli introiti non incassati. E’ quanto stabilito da una sentenza della Corte dei conti della sezione giurisdizionale della Toscana. Il provvedimento riguarda il caso di un dipendente dell’Azienda ospedaliera universitaria di Pisa, che, dopo aver visitato i pazienti che a lui direttamente o indirettamente si rivolgevano presso l’Ospedale Santa Chiara, ricevendo nella maggior parte dei casi un compenso in denaro, a fronte del quale non rilasciava ricevuta fiscale, dirottava i pazienti stessi verso una Casa di cura di Livorno, dove egli stesso li sottoponeva ad interventi chirurgici. Il medico era già stato condannato in primo grado per peculato a 3 anni di reclusione e 5 di interdizione dai pubblici uffici. I giudici contabili hanno condannato il medico al risarcimento all’azienda ospedaliera delle somme non percepite per effetto della mancata emissione delle somme ricevute, pari a 49.652,91 euro. Stabilito, inoltre, che la prescrizione quinquennale dell’azione erariale decorre non da quando si è verificato l’evento dannoso, ma da quando l’ente è venuto con certezza a conoscenza dell’illecito. Infine, non è stata accolta la richiesta della Procura di restituzione anche di quota parte degli emolumenti percepiti dagli assistenti del medico durante le visite, in quanto, secondo la Corte, questi comunque avrebbero ricevuto tali somme nel proprio stipendio a prescindere dall’attività svolta.
SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE TOSCANA SENTENZA 279/2013 RESPONSABILITA’ 08/08/2013
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA TOSCANA Composta dai seguenti magistrati: Greco Carlo Presidente f.f. Francesco D’Isanto Consigliere Paola Briguori Consigliere Rel. ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 59261/R del registro di segreteria, promosso dal Procuratore Regionale nei confronti di BERTI Piero, c.f. BRTPRI59H23G491E, nato a Pescia Pistoia il 23 giugno 1959 e residente a Pisa in Via Roma n. 30, rappresentato e difeso dall’avv. Domenico Iaria, elettivamente domiciliato presso il suo studio in Firenze, in via Dei Rondinelli 2. Visto l’atto introduttivo del giudizio; Visti gli altri atti e documenti di causa; Uditi nella pubblica udienza del 6 marzo 2013, il relatore, dr.ssa Paola Briguori, il Pubblico Ministero nella persona del Vice Procuratore Generale, dr.ssa Acheropita Mondera; Esaminati gli atti ed i documenti di causa. Rilevato in FATTO 1. Con atto di citazione depositato il 25.6.2012, preceduto da rituale invito a dedurre, il Procuratore Regionale conveniva in giudizio dinanzi a questa Sezione BERTI Piero per sentirlo condannare al pagamento a favore dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Pisa della somma di € 103.469,62 (…) o di quella diversa somma che risulterà in corso di causa, rivalutata, aumentata, degli interessi legali e spese di giudizio. 2. Riferiva la Procura di aver ricevuto dal Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana una denuncia di danno erariale conseguente ad alcuni comportamenti rilevanti, posti in essere nel periodo 2001-2004 da due medici, dipendenti dalla struttura, in servizio presso l’A.U.O.P. di Pisa, il dr. Berti Piero (professore associato presso il settore Scientifico Disciplinare MED/ 18 "Chirurgia Generale" della Facoltà di Medicina e Chirurgia della Università di Pisa) e il dr. Materazzi Gabriele, nei cui confronti era stato avviato procedimento penale n.6762/05 con l’imputazione “del delitto previsto e punito dagli articoli 81 cpv, 110 e 314 del codice penale, perché, in concorso tra loro, si appropriavano delle somme erogate dai pazienti visitati dal Berti, medico alle dipendenze dell’Azienda Ospedaliera Pisana, nell’esercizio dell’attività professionale svolta intramoenía, somme che il Berti riscuoteva senza lasciare ricevuta e che, almeno, pro quota, erano di spettanza dell’Amministrazione ospedaliera". La vicenda era stata oggetto di indagini penali conclusesi con il rinvio a giudizio dei suddetti. Il giudizio penale di primo grado si era concluso con il deposito della sentenza n. 206 del 6 giugno 2011 del G.I.P in data 5 settembre 2011, che aveva condannato il dott. Berti alla pena di anni tre di reclusione ed all’interdizione dai pubblici uffici per anni cinque, mentre aveva assolto il dott. Materazzi per non aver commesso il fatto, non essendo risultata provata la commissione da parte di costui dei reati allo stesso imputati. La sentenza era appellata davanti alla Corte d’Appello di Firenze dal Berti in data 11 novembre 2011. L’azienda ospedaliera si era costituita parte civile già in data 4.2.2010 innanzi al GIP. A seguito di ciò, con provvedimento prot. n. 0009207 del 18 luglio 2011 del Rettore dell’Università degli studi di Pisa, il dott. Piero Berti, era stato sospeso in via cautelare dal servizio, a decorrere dal 1° agosto 2011, con diritto alla corresponsione di un assegno alimentare. 1.1. La Procura, sulla base delle risultanze delle indagini penali individuava la grave responsabilità del Berti a titolo di dolo. I fatti sarebbero stati accertati nella loro gravità nel corso delle indagini condotte dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Livorno svolte sulla condotta tenuta, appunto, dal dott. Berti, legato da un rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed in via di esclusiva con l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, nello svolgimento di attività medico-chirurgica in regime di intramoenia, presso la Casa di cura privata "Villa Tirrena" di Livorno. Era stato accertato che il dott. Berti, dopo aver visitato i pazienti che a lui direttamente o indirettamente si rivolgevano presso l’Ospedale "Santa Chiara" di Pisa, ricevendo nella maggior parte dei casi un compenso in denaro, a fronte del quale non rilasciava ricevuta fiscale, dirottava i pazienti stessi verso la Casa di cura "Villa Tirrena" di Livorno, dove egli stesso li sottoponeva ad interventi chirurgici, facendo figurare al suo posto, come medico operatore il dott. Materazzi, che presso detta struttura convenzionata esercitava attività libero professionale di medico chirurgo, a carattere coordinato e continuativo. Tra i pazienti operati dal Berti, le cui cartelle cliniche erano state acquisite presso la Clinica "Villa Tirrena" di Livorno, molti di essi, sentiti a sommarie informazioni, avevano dichiarato di essere stati visitati dal Berti, presso l’Ospedale di Pisa e di aver pagato l’onorario direttamente al Berti, senza che questi rilasciasse loro ricevuta fiscale, venendo poi indirizzati verso la Clinica privata "Villa Tirrena" per essere sottoposti ad intervento chirurgico, la cui effettuazione presso l’ospedale pisano veniva sconsigliata o per i tempi lunghi di attesa o per l’inidoneità delle strutture o per l’indisponibilità della sala operatoria, tutte ragioni “risultate false e prive di fondamento" ( pag. 3-6 della sentenza n. 206 del 2011 del Tribunale di Pisa ). La condotta del dott. Berti, secondo la Procura, oltre ad avere rilevanza penale, sarebbe stata causativa di danno per l’Erario, nel caso di specie per l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Pisa (A.O.U.P.). Innanzitutto, il sanitario in questione, in regime di esclusività con l’Azienda Ospedaliera, avrebbe violato le norme sull’esercizio della libera professione intramuraria, visitando in forma privata molti pazienti, oltre che presso la struttura convenzionata “Villa Tirrena” di Livorno e “presso la sua abitazione in Pisa o presso lo studio medico ubicato presso l’Abitazione paterna in Pescia, o di altri situati in altre città”. In conseguenza di ciò, la Procura individuava diverse poste passive che avrebbero composto il quantum risarcibile: -€ 9.899,79, somma percepita indebitamente dal convenuto dal convenuto a titolo di indennità di esclusività; - Una serie di voci che sarebbero spettate all’azienda se il Berti avesse effettuato correttamente in regime di intramoenia le visite ambulatoriali. Tale somma sarebbe stata composta da: a) € 2.230,00, corrispondente alla quota (22% dell’importo delle visite) che sarebbe stata di spettanza dell’A.O.U.P. per le visite ambulatoriali svolte (n. 76) dal dott. Berti nel presidio Ospedaliero di S. Chiara, se lo stesso le avesse effettuate in libera professione intramuraria. Questi, invece, non le avrebbe annotate ed avrebbe direttamente riscosso le somme pagate dai pazienti (il calcolo è stato effettuato sulla base degli importi delle visite risultanti dal rapporto S.I.T, così come da nota del 4 marzo 2010, prot. n. 16238, a firma del Direttore U. O. Libera Professione); b) € 1.121,12, corrispondente alla quota (22% dell’importo delle visite) che sarebbe stata di spettanza dell’A.O.U.P, per le visite ambulatoriali svolte (n. 38) dal dott. Berti in altri studi privati e non autorizzati, se lo stesso le avesse effettuate in libera professione intramuraria (il calcolo è stato effettuato sulla base degli importi delle visite risultanti dal rapporto S.I.T così come da nota del 4 marzo 2010, prot. n. 16238, a firma del Direttore U.O. Libera Professione); c) € 8.354,50, corrispondente alla quota (22% dell’importo delle visite) che sarebbe stata di spettanza dell’A.O.U.P, per le visite ambulatoriali (217) svolte dal dott. Berti in altri studi privati e non autorizzati, se lo stesso le avesse effettuate in libera professione intramuraria (tale somma è stata determinata calcolando un importo medio a visita, sulla base degli importi delle visite risultanti dal rapporto S.I.T., così come da note prot. n. 8833 del 2 febbraio 2010 e prot. n. 32363 del 13 maggio 2010 a firma del Direttore U.O. Libera Professione). - € 70.915,50, derivante dal "dirottamento" dei pazienti presso la Casa di Cura "Villa Tirrena" di Livorno, l’U. O. Libera Professione (pari al 10% della somma corrisposta alla clinica da 309 pazienti per essere stati sottoposti a un intervento di Tiroidectomia). - € 948,71, pari alle spese indirette, relative alle ore di lavoro corrisposte al personale impegnato nella "pratica Berti", che l’Amministrazione ha quantificato con nota n. 4770 dell’8.3.2012. - € 10,000 per danno all’immagine. 2. Il convenuto si costituiva eccependo: a) Inammissibilità o infondatezza dell’azione erariale per intervenuta prescrizione. In ordine alla eccepita prescrizione, la difesa evidenziava che l’Autorità Giudiziaria e l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana erano a conoscenza dei fatti che vengono oggi contestati al Prof. Berti fin dal 2003, come dimostra la documentazione relativa alle indagini svolte, a partire da quell’anno, dalla Guardia di Finanza, che ha fin dall’inizio strettamente collaborato con la stessa AOUP. In particolare, l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana sarebbe venuta a conoscenza dello svolgimento da parte del Prof. Berti di attività professionale in violazione del regime di intramoenia a seguito del ricevimento di un esposto anonimo in data 26 novembre 2003 (vds. il fax ricevuto recante la notitia criminis, sub doc. n. 6 depositato dalla Procura), dal quale hanno preso avvio anche le indagini dell’Autorità Giudiziaria. In definitiva, avendo avuto l’AOUP piena conoscenza del fatto dannoso fin dal 2003, e non essendo intervenuti atti interruttivi della prescrizione almeno fino alla costituzione di parte civile dell’Azienda in data 4 febbraio 2010, sarebbe stata evidente l’intervenuta prescrizione dell’azione erariale, ai sensi dell’art. 1 della L. n. 14 gennaio 1994, n. 20. Peraltro, anche detto atto di costituzione di parte civile sarebbe risultato – secondo la difesa - del tutto inidoneo ad interrompere la prescrizione stante la sua assoluta genericità. b) Insussistenza del danno e inesatta quantificazione del danno. Per quanto riguarda il danno, si sarebbe trattato, secondo la difesa, di voci alternative e non cumulabili, considerato che, ove fosse stata restituita dal Prof. Berti l’indennità di esclusività, sarebbe contestualmente venuto meno il regime di intramoenia cui il professionista era vincolato, con la conseguenza che l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana non avrebbe avuto titolo per richiedere anche la percentuale che le sarebbe spettata sulle visite in virtù del predetto regime, né, tantomeno, il danno derivante dallo “sviamento” dei pazienti. Viceversa, se si fosse addebitata al convenuto la quota che sarebbe stata trattenuta dall’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana ove le visite fossero state svolte nel rispetto del regime di intramoenia, avrebbe dovuto allora ritenersi che l’indennità di esclusività era stata legittimamente percepita. Per quanto riguarda il danno all’immagine, ne eccepiva la inesistenza. Secondo la difesa, i due articoli di giornale richiamati, che erano stati pubblicati su un quotidiano a diffusione strettamente locale, oltretutto in pieno Ferragosto, non sarebbero stati idonei a dimostrare che la vicenda aveva avuto una qualche risonanza nell’opinione pubblica. Né si poteva presumere, come avrebbe voluto la Procura, che il caso giudiziario del Prof. Berti avesse suscitato “scalpore” nelle persone escusse a sommarie informazioni, non essendovi alcun indizio in tal senso e considerato anche che le indagini preliminari (che, oltretutto, riguardavano anche altro professionista) erano coperte da segreto istruttorio, cosicché i testi non avrebbero potuto sapere se e di cosa il Prof. Berti fosse stato accusato. Quanto infine allo “scalpore” che il caso del Prof. Berti avrebbe suscitato all’interno della struttura pubblica, anche in questo caso si sarebbe trattato di una mera asserzione priva di alcun supporto probatorio. 3. La Procura, nell’imminenza dell’udienza del 6 marzo 2013, depositava nota n.8956 del 12.2.2013 dell’Azienda sanitaria, con la quale intendeva chiarire taluni aspetti rimasti dubbi all’udienza del 28.11.2012 sulle voci di danno richiamate dalla Procura. In particolare, in detta nota si rettificavano alcuni dati tratti dal rapporto S.I.T., indicando in n. 178 visite quelle svolte illecitamente dal professionista. Precisava che tra queste di 115 era possibile determinarne l’importo complessivo, in quanto il valore delle stesse era evincibile chiaramente dal rapporto S.l.T., che ammontava ad € 16.431. Le restanti n. 63 , per le quali dalla documentazione istruttoria a disposizione non era possibile determinarne l’importo certo, lo si poteva stimare facendo riferimento all’importo medio delle n. 115 visite di importo certo pagate senza rilascio di ricevuta, ovvero € 142,43 che moltiplicate per n. 63 per giungere a un totale di € 8.973,09. Pertanto, sommando €16.431 a €8.973,09 si sarebbe giunti all’importo di € 25.404,09 Per quanto riguardava gli interventi chirurgici, prendendo in considerazione esclusivamente i pazienti che avevano espressamente chiarato di essere stati operati a Villa Tirrena dal Dr. Berti Piero, dal riesame del rapporto S.I.T. l’Azienda traeva che erano stati operati n. 190 pazienti di cui 2 per ben due volte in epoche diverse. Considerato il valore medio del DRG, pari a € 2.295 il totale complessivo del DRG avrebbe dovuto ammontare ad € 440.640 e pertanto la quota di utile Aziendale sarebbe stata il 10% dello stesso, per un valore di € 44.064. L’azienda faceva presente che per quanto riguarda gli interventi chirurgici in regime di libera professione non sarebbe stato vero che l’azienda non avrebbe avuto convenienza nell’eseguire gli interventi all’interno del presidio ospedaliero della AUOP, in quanto tutti i costi inerenti alla remunerazione degli operatori, gli oneri aggiuntivi da sostenere per l’equipe medico-sanitaria di supporto, gli oneri aggiuntivi per assicurare il supporto complessivo necessario per lo svolgimento dell’attività, quota dei proventi, quale utile aziendale, da attribuire all’azienda forfettariamente determinata nel 10% del DRG sono posti integralmente a carico del paziente. Inoltre, precisava che per ogni ricovero viene inoltre corrisposta all’azienda dalla Regione una quota pari al 65% del DRG. Infine, i pazienti ricoverati in camere a pagamento sono tenuti a rimborsare all’azienda tutte le spese per prestazioni e servizi aggiuntivi nonché le quote giornaliere relative al confort alberghiero come evidenziato dagli articoli n. 33, 38 e 39 del regolamento dell’attività libero professionale vigente nel periodo di riferimento. Confermava, infine, che il dr. Piero Berti, risultava assoggettato a rapporto di lavoro esclusivo in virtù di quanto previsto dall’allora vigente Decreto "Bindi" ( D.lgs. n. 502/1992 art. 15 quater comma 1) che prevedeva per i dirigenti medici assunti successivamente al 31.12.1998 l’obbligo non derogabile di svolgere l’attività libero professionale intramoenia, quindi a rapporto esclusivo senza alcuna possibilità di scelta, disciplina che trovava piena applicazione anche nella Regione Toscana. 3. All’udienza del 6 marzo 2013 il giudizio era trattenuto in decisione. Le parti insistevano sulle rispettive posizioni. Considerato in DIRITTO 1. In via pregiudiziale deve rilevarsi che la domanda di risarcimento del danno all’immagine è improcedibile. Come ha già avuto modo di osservare questa Sezione con la sentenza n. 481 del 2010, da cui il Collegio non ha motivo di discostarsi, la presenza di una sentenza penale irrevocabile di condanna deve essere intesa come una condizione dell’azione contabile per danno all’immagine da reato contro la pubblica amministrazione, ritenendo tra l’altro che il regime delle nullità processuali previsto dall’art. 17, comma 30 ter, d.l. 78/2009, si applichi soltanto alla violazione delle norme sui requisiti della notizia di danno e non anche alla violazione dalle norme sul danno all’immagine. Né pare al Collegio che sia di ostacolo la sentenza n. 13/2011 delle Sezioni Riunite di questa Corte, che, nel dettare i principi applicabili in tema di nullità processuali, si sono limitate ad esaminare in via generale la nullità processuale previsto dall’art. 17, comma 30 ter, d.l. 78/2009 senza peraltro approfondire ex professo le singole ipotesi di nullità previste dall’art. 17, comma 30 ter, d.l. 78/2009. Conseguentemente, il Collegio, nella presente fattispecie, ritiene che debba essere dichiarata in parte qua l’improcedibilità della domanda attrice, perché la sentenza penale irrevocabile di condanna del Berti non è intervenuta nemmeno nelle more del giudizio, essendo a tutt’oggi ancora pendente il giudizio di appello avverso la sentenza di primo grado (cfr questa Sezione, sent. 16.6.2011 n.218). Naturalmente, ciò non preclude ogni eventuale azione risarcitoria per danno all’immagine che la Procura vorrà intraprendere nel caso di condanna del giudice penale accertata con sentenza passata in giudicato. In vero, le decisioni che ritengono inesistenti le condizioni dell’azione, quale che ne sia la natura, non precludono la possibilità di proporre, quando tali condizioni si siano verificate, una nuova ed identica domanda. E ne discende come ulteriore corollario che le predette decisioni non costituiscono proscioglimento nel merito ai sensi e per gli effetti dell’art. 10 bis del d.l. n. 203/2005, convertito nella legge n. 248/2005. 2. In secondo luogo, in via preliminare di merito, deve rilevarsi che l’eccezione di prescrizione è infondata. Questa Sezione ha già avuto modo di chiarire il suo orientamento secondo il quale ai fini della decorrenza del termine di prescrizione del diritto fatto valere attraverso l’azione risarcitoria erariale, l’art. 1, c. II, legge 1994 n. 20 deve essere letto e interpretato anche in correlazione alle disposizioni del codice civile che disciplinano l’istituto della prescrizione e, segnatamente, in correlazione all’art. 2935 c.c., secondo cui la prescrizione decorre dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere (Sezione Prima Centrale, sentenza n. 427/2003, n. 68/2006; Sezione Giurisd. Toscana 20.4.2011 n.151). La stessa giurisprudenza ha richiamato l’orientamento della Cassazione secondo il quale tra le cause impeditive dell’esercizio del diritto deve essere considerata la non conoscibilità obiettiva del danno ingiusto nelle ipotesi di diritto al risarcimento del danno da fatto illecito (art. 2947, I, c.c.). Ha, infatti, detta giurisprudenza più volte affermato che la responsabilità da fatto illecito costituisce una fattispecie complessa che si perfeziona quando si sono realizzati tutti i fatti ed eventi che la compongono, tra cui è ricompresa la conoscibilità obiettiva del danno ingiusto, cosicché il momento della esteriorizzazione obiettiva del danno stesso costituisce il dies a quo di decorrenza della prescrizione, perché solo nel momento in cui il danno si esteriorizza diventa obiettivamente percepibile e conoscibile; cosicché, ancora, non è al momento del suo verificarsi che deve aversi riferimento bensì è a quello, eventualmente successivo, in cui si esteriorizza il danno stesso che sorge il diritto al risarcimento e quindi il dies a quo del relativo termine di prescrizione, non essendovi prima una inerzia giuridicamente rilevante, nel titolare del diritto, nell’uso giuridicamente possibile del diritto stesso (non uso di un interesse tutelato attuale e insoddisfatto). Sulla base di tali argomentazioni, la giurisprudenza contabile richiamata ha concluso rilevando che <<l’art. 2947, I, c.c. come pure l’art. 1, II, Legge 1994 n. 20, costituiscono in effetti applicazione del principio generale posto dall’art. 2935 c.c. riassumibile nel brocardo “actioni nondum natae non praescribitur (cfr. in termini Cass. Sez. III n. 1716 del 24.3.1979 e n. 1442 del 24.2.1983 e n. 3206 del 5.7.1989; Cass. Sez. II n. 4532 del 18.5.1987)>>. 2.1. Orbene, in applicazione del principio innanzi espresso, ad avviso del Collegio, dalla ricostruzione dei fatti e dallo stesso petitum risulta che la prescrizione dell’actio risarcitoria non si è compiuta. In particolare, si osserva che il nocumento era stato (e poteva essere stato) accertato dall’amministrazione comunale solo a seguito della notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza penale come persona offesa l’11.6.2009. La ASL aveva ricevuto un esposto anonimo il 26.11.2003, che però era privo di elementi concreti che potessero far pensare alla sussistenza di un danno. Poi, durante l’indagine penale vi erano state delle richieste dal 2003 a senso unico degli inquirenti, senza che l’Amministrazione avesse acquisito contezza dei fatti dannosi. Ed, infatti, solo dopo averne acquisito certezza, il 27.10.2009 aveva denunciato il danno e il 4.2.2010 si era costituita parte civile. Sull’idoneità della costituzione di parte civile a interrompere i termini di prescrizione la giurisprudenza è concorde, nonostante isolate pronunce in senso contrario (C.conti, sez. Lombardia n.1198 del 2003 e id., 728 del 2005): v. Corte dei conti sez. Liguria, 14.5.2012 n.123; Corte dei conti Sez. I centrale sentenza n. 429/2008/A; C.conti, sez. Lombardia, 13.5.2008 n. 284, 10 dicembre 2003 n.1478; id., sez. II, 10 luglio 2002 n. 227/A; id., sez. III, 6 giugno 2002 n. 192/A; id., sez.I, 3 aprile 2002 n.102/A; id., sez. riun., 18 marzo 1996 n. 14/A; id., sez. riun., 8 marzo 1994 n. 934/A. 3. Passando ad esaminare il merito della vicenda, con stretto riferimento al danno patrimoniale diretto, ritiene il Collegio che la domanda risarcitoria sia fondata, sebbene la determinazione del danno debba discostarsi da quella prospettata in citazione. E’ stato dimostrato in sede di indagini penali, i cui atti sono stati acquisiti in questo giudizio, che il dr. Berti, approfittando delle sue funzioni, non ha rispettato le norme contrattuali ed ha lavorato in seno alla struttura pubblica pur svolgendo la libera professione, nonostante avesse optato per il regime intramurario con diritto all’indennità di esclusiva. La Procura ha fornito prova di tali circostanze che, peraltro, la difesa non ha contestato, tante sono le prove che dimostrano come il Berti avesse negli anni di riferimento lavorato nella struttura pubblica, pur svolgendo attività libero professionale in studi privati e nella clinica privata “Villa Tirrenia” senza corrispondere all’amministrazione la quota percentuale spettante. E’ stato accertato che – ed è pacifico - che il convenuto visitava presso l’Ospedale Santa Chiara addirittura percependo l’onorario dalle mani dei pazienti senza rilasciare ricevuta fiscale (in atti si rinvengono dichiarazioni univoche di almeno quaranta pazienti), di fatto effettuando visite private. Gli stessi pazienti visitati avevano dichiarato che erano stati comunque caldamente consigliati dal convenuto di rivolgersi alla clinica privata “Villa Tirrenia” ove il Berti eseguiva gli interventi in regime privato facendo figurare al suo posto, come operatore nei registri di sala operatoria e nelle cartelle cliniche, altro medico; era stata fatta una perquisizione presso il suo studio privato in Pescia, nel quale questi svolgeva la sua attività libera, ed era stata ivi rinvenuta una contabilità informale dei proventi ripartiti tra lui e l’altro medico che collaborava, oltre a documenti relativi a interventi chirurgici effettuati a “Villa Tirrenia” negli anni 2001/2003. 3.1. La difesa ha sollevato sostanzialmente contestazione sul quantum del danno preteso dalla Procura. Ha anche dichiarato che il fatto che taluni pazienti si erano rivolti alla clinica privata per interventi di tiroidectomia non avrebbe costituito un danno poiché avrebbe sollevato la struttura dagli alti costi conseguenti. Su questo punto, la stessa azienda ha confutato le argomentazioni della difesa nell’ultima nota depositata 13.2.2013, facendo comprendere che l’azienda avrebbe conseguito comunque un utile. Ha sollevato, poi, dubbi circa la normativa applicabile alla fattispecie, contestando che fosse applicabile al caso di specie il Decreto “Bindi” - dlgs 502/1992. Su quest’ultimo punto, ritiene il Collegio che, invece, nella fattispecie, come del resto confermato dalla stessa azienda sanitaria nell’ultima nota citata 13.2.2013, trovasse applicazione proprio la normativa nazionale vigente all’epoca – tempus regit actum - alla cui stregua per i dirigenti medici assunti successivamente al 31.12.1998 vi fosse l’obbligo non derogabile di svolgere l’attività libero professionale intramoenia e, quindi, a rapporto esclusivo senza alcuna possibilità di scelta. In atti è stato depositato il contratto individuale di lavoro del convenuto datato 4.1.2000, in cui espressamente il suo rapporto di lavoro è definito esclusivo e a tempo indeterminato. Pertanto, è certo che il Berti, violando il contratto individuale di lavoro stipulato con l’azienda sanitaria, alla cui stregua aveva accettato di lavorare in regime di esclusività con possibilità di attività intramuraria, ha prodotto danno all’erario per aver svolto visite private ed eseguito interventi chirurgici in strutture private. 3.2. In ordine al quantum debeatur si osserva quanto segue, tenendo conto degli ultimi prospetti di calcolo depositati dall’Amministrazione con la nota citata 13.2.2013. 3.2.1. Innanzi tutto, su Berti incombeva l’obbligo di prestare il proprio lavoro in via esclusiva con la possibilità di svolgere l’attività libero professionale intramuraria (rapporto esclusivo senza alcuna possibilità di scelta). Berti, in virtù di ciò, aveva percepito l’indennità di esclusività che negli anni di riferimento è stata quantificata in € 9.899,79. Il Collegio – in ciò dissentendo dal requirente - concorda con la Procura nel ritenere che comunque tale indennità debba allo stato restare incamerata nel patrimonio del convenuto per effetto del regime applicabile al rapporto di lavoro stipulato con l’azienda. Ciò lasciando, peraltro, impregiudicata ogni eventuale azione riconosciuta sul piano disciplinare ai vertici dell’azienda sanitaria dall’art. 72, comma 7 l. 558/1998, in cui è prevista per tale ipotesi, oltre al licenziamento la misura sanzionatoria del versamento in misura non inferiore a una annualità e non superiore a cinque annualità della indennità di esclusività percepita. Ed, infatti, nel comma 7 cit. si dispone espressamente che “I dirigenti del ruolo sanitario che hanno optato per l’esercizio della libera professione intramuraria non possono esercitare alcuna altra attività sanitaria resa a titolo non gratuito, secondo i criteri e le modalità previsti dal regolamento di cui al comma 9, ad eccezione delle attività rese in nome e per conto dell’azienda sanitaria di appartenenza; la violazione degli obblighi connessi all’esclusività delle prestazioni, l’insorgenza di un conflitto di interessi o di situazioni che comunque implichino forme di concorrenza sleale, salvo che il fatto costituisca reato, comportano la risoluzione del rapporto di lavoro e la restituzione dei proventi ricevuti a valere sulle disponibilità del fondo di cui al comma 6 in misura non inferiore a una annualità e non superiore a cinque annualità. La violazione degli obblighi di cui al presente comma è comunicata, per l’adozione dei provvedimenti di rispettiva competenza, dal direttore generale alla regione o alla provincia autonoma, all’Ordine professionale e al Ministero della sanità”. 3.2.2. Ritiene, invece, il Collegio che Berti, invece, sia tenuto a versare all’erario la percentuale che ha omesso di versare sulle visite (22%) e sugli interventi chirurgici svolti (10%) al di fuori del regime pubblico, che pertanto devono essere considerati in regime di intramoenia. In ordine alle visite, questi dovrà versare € 5.588,90, pari al 22% dell’importo delle visite da lui effettuate presso studi privati o presso l’Ospedale (n.178, numero aggiornato con la nota 13.2.2013, per un totale di onorari percepiti di € 25.404,09), che non risultano conteggiati nella contabilità aziendale. Per quanto riguarda gli interventi chirurgici, costui dovrà versare il 10% del loro valore, come da ultimo quantificato, in € 44.064 (10% di € 440.640). Le indagini hanno permesso di raccogliere le numerose dichiarazioni di pazienti visitati dal Berti presso l’Ospedale ovvero presso la clinica privata e che poi sono stati dallo stesso operati presso la struttura privata dallo stesso. Nella nota 13.12.2013 l’azienda ha indicato il valore percentuale spettante all’azienda su 190 interventi chirurgici, considerando il valore medio di DRG pari a € 2.295 di DRG. Il totale complessivo del DRG avrebbe dovuto ammontare a € 440.640 e pertanto la quota utile aziendale è pari al 10% del DRG, per un valore di € 44.064. Ritiene il Collegio che il calcolo del dato in esame appaia attendibile perché basato su parametri certi e convenzionali (DRG). Si rammenta che i DRG - Diagnosis-related groups - sono l’equivalente in italiano dei Raggruppamenti Omogenei di Diagnosi, ossia dei cd. ROD. Si tratta di un sistema che permette di classificare tutti i pazienti dimessi da un ospedale (ricoverati in regime ordinario o day hospital) in gruppi omogenei per assorbimento di risorse impegnate (isorisorse). Tale aspetto permette di quantificare economicamente tale assorbimento di risorse e quindi di remunerare ciascun episodio di ricovero anche al fine di controllare e contenere la spesa sanitaria. Ritiene, altresì, il collegio che tale dato non possa essere corretto per eccesso sul presupposto che non si possa avere certezza che l’intero gruppo di pazienti operati presso la clinica Villa Tirrenia, ove non distolti dal Berti, avrebbero scelto necessariamente la struttura pubblica pisana. In realtà, la percettuale del 10% deve essere attribuita interamente all’amministrazione poiché si tratta di prestazione privata percepita dal convenuto in rapporto di esclusività che determinava comunque il diritto dell’azienda alla percentuale fissata nel 10%. Il calcolo deve farsi sul numero degli interventi eseguiti dal convenuto e non su una previsione futura e incerta di come si sarebbero orientati i pazienti senza l’intervento persuasivo del Berti. Comunque, è verosimile che costoro si sarebbero sottoposti a un intervento nelle mani del Berti anche in ospedale – a regime pubblico o in intramoenia – visto il suo ruolo determinate che, come medico curante di fiducia, esercitava una certa influenza nelle scelte dei pazienti desiderosi di ottenere al più presto la cura e l’esito fausto promesso. Da ultimo, il Collegio non ritiene di calcolare come voce di danno anche le retribuzioni percepite – per ore di lavoro impiegate - dai dipendenti che si sono occupati in Azienda della “pratica Berti” poiché il personale impiegato è dipendente dell’azienda e, come tale, percepisce regolare stipendio che avrebbe comunque percepito anche se avesse lavorato per evadere altra incombenza. Per ritenere tali emolumenti come posta di danno sarebbe stato necessario provare che il personale era stato distolto dall’ordinario compito d’ufficio e che le ore in questione erano state svolte a titolo di lavoro straordinario appositamente autorizzato per evadere la pratica in questione ovvero che, pur lavorando durante le ore di lavoro ordinarie, altri colleghi erano intervenuti in via straordinaria a sostituirli nei loro compiti di ufficio. 3.3. In conclusione, per quanto riguarda il danno patrimoniale diretto, Berti deve essere chiamato a risarcire all’azienda sanitaria € 49.652,91, pari alla somma di quanto costui avrebbe dovuto versare all’azienda sulle visite effettuate (il 22% = € 5.588,90) e sugli interventi chirurgici (il 10% = € 44.064). 4. Pertanto, Berti Piero deve essere chiamato a risarcire all’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Pisa la somma di € 49.652,91. Su detta somma è dovuta, altresì, la rivalutazione monetaria e gli interessi legali. Trattandosi di debito di valore, la rivalutazione monetaria e gli interessi legali devono essere calcolati secondo i criteri che seguono: - la rivalutazione va calcolata secondo l’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), a decorrere dalla data dal 31.12.2004, anno in cui il convenuto ha cessato l’attività illecita, fino alla pubblicazione della presente sentenza; - gli interessi legali vanno calcolati dalla stessa data fino al soddisfo sulla somma rivalutata, anno dopo anno, cioè con riferimento ai singoli momenti con riguardo ai quali la predetta somma si incrementa nominalmente in base agli indici di rivalutazione monetaria (Cass. Sez. 2, n. 18028 del 2010 Sez. III n. 5671 del 2010, Sez. I n. 4587 del 2009, SS.UU. n. 1712 del 2005). Dalla data di pubblicazione della presente sentenza sono, altresì, dovuti, sulla somma come sopra incrementata, gli interessi nella misura del saggio legale fino all’effettivo pagamento. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vanno, quindi, poste a carico del convenuto. *** P.Q.M. la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Toscana, definitivamente pronunciando sul giudizio di responsabilità iscritto al n. 59261/R del registro di segreteria, respinta ogni contraria istanza, eccezione o deduzione: - dichiara improcedibile la domanda di risarcimento del danno all’immagine formulata nei confronti di Piero BERTI, c.f. BRTPRI59H23G491E, nato a Pescia (Pistoia) il 23 giugno 1959; - condanna il predetto Piero BERTI a risarcire all’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana il danno patrimoniale diretto, pari alla somma di € 49.652,91, oltre interessi e rivalutazione, da liquidarsi come indicato in parte motiva; - condanna il predetto Piero BERTI, in ragione della soccombenza, al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano, fino alla data di pubblicazione della presente sentenza, in euro 301,56.=(Euro trecentouno/56.=) Così deciso in Firenze, nella camera di consiglio del 6 marzo 2013. L’Estensore Il Presidente f.f. F.to Dr.ssa Paola Briguori F.to Dr. Carlo Greco Depositata in Segreteria il 8 AGOSTO 2013 Il Direttore di Segreteria F.to dr.ssa Paola Altini
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