Migranti: la beffa della Convenzione Onu
 







di Andrea Trentini da Unimondo




Nel 1990 l'Assemblea Generale dell'ONU ha adottato la "Convenzione Internazionale per la tutela dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie". Pur essendo entrata in vigore il 1 luglio 2003, solo venticinque stati l'hanno ratificata e all'appello mancano tutti i paesi del Nord America e dell'Europa, a parte la Bosnia-Erzegovina.
Lo scorso 18 dicembre si è celebrata la "Giornata Internazionale per i Migranti". Un fenomeno, quello della migrazione, che in un pianeta sempre più globalizzato ha assunto dimensioni imponenti: sono infatti 175 milioni i migranti nel mondo, uno ogni 35 persone. Per promuoverne i diritti, nel 1990 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la "Convenzione Internazionale per la tutela dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie". Entrata in vigore il 1° luglio 2003, la Convenzione non ha però ancora ricevuto l'attenzione che ci si aspetterebbe: sono infatti solo venticinque gli Stati che l'hanno ratificata e principalmente si tratta di nazioni di forte emigrazione. All'appello mancano tutti i paesi del Nord America e dell'Europa a parte la Bosnia-Erzegovina.
Per verificare l'effettiva applicazione della Convenzione, lo scorso marzo è stato creato a Ginevra un Comitato dell'Onu composto da dieci esperti che rappresentano alcuni degli stati aderenti, ma che è aperto anche ai rappresentanti delle Organizzazioni non governative (Ong). E grazie proprio alle pressioni delle Ong conferite in un una Campagna internazionale, la ratifica della Convenzione sui lavoratori migranti sta trovando nuovi impulsi. In Europa è sorta la "Piattaforma Europea per i Diritti dei Lavori Migranti" che riunisce alcune coalizioni nazionali di Ong europee.
In una lettera indirizzata al neo-commissario Franco Frattini, la Piattaforma richiama l'Unione Europea ad implementare normative che garantiscano effettivamente i lavoratori migranti da ogni forma di sfruttamento e che non siano rese inefficaci da motivazioni di "interesse nazionale" dei singoli stati. Sarà da vedere se la Commissione europea recepirà queste istanze nel dibattito che intende promuovere sui temi dell'immigrazione attraverso la pubblicazione di un "libro verde" in cui dovrebbero esprimere il proprio parere i più importanti attori istituzionali, economici e sociali dei Paesi dell'Unione.
Intanto, all'ultimo vertice dei Ministri dell'interno dei maggiori paesi d'Europa
tenutosi a Firenze non è passata la linea dei "Centri collettivi di identificazione" in nord Africa. Iniziativa che però verrà adottata dai singoli governi con intese bilaterali come l'accordo fatto dall'Italia con la Libia. Un accordo - notano le associazioni - che prevede l'allestimento tramite mezzi e denaro pubblico italiano, di campi di internamento nel deserto, rivolti a stranieri respinti dall'Italia. All'iniziativa è contrario un ampio cartello composto da organizzazioni, rappresentati di partiti europei ed esponenti della società civile: questi "Centri" finirebbero col negare il diritto all'asilo a persone che tentano di accedere al territorio europeo fuggendo da guerre, fame e persecuzioni politiche.
Secondo Amnesty International, ICS e Medici Senza Frontiere ci sarebbe inoltre il rischio di "potenziali violazioni della Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato". Dal 2001 le tre organizzazioni stanno promuovendo una campagna per garantire il rispetto dei diritti dei rifugiati e per promuovere in Italia - unico Paese Ue ad esserne privo - l'adozione di una legge organica sul diritto d'asilo.
La Corte Costituzionale italiana ha dato intanto il via libera allo statuto della Regione Toscana che prevede il diritto di voto agli immigrati. Non si registra però alcun avanzamento circa la proposta di legge per il voto amministrativo agli immigrati regolari residenti in Italia promessa da alcune forze politiche dalla maggioranza. Si allungano invece i tempi per ottenere la cittadinanza: per legge dovrebbero essere 730 giorni, ma oggi succede che si debba aspettare fino a quattro anni a partire dalla presentazione dell'istanza alle Prefetture. Incontrano difficoltà soprattutto le richieste per residenza, le naturalizzazioni ordinarie, rispetto a quelle per matrimonio, e le naturalizzazioni agevolate.
Ben 2.000 decreti di naturalizzazione per residenza risultano fermi alla firma della Presidenza della Repubblica, proprio nella fase finale dell'iter. Tutti questi potenziali cittadini europei hanno avviato, come prevedeva la legge italiana, lo svincolo dalla nazionalità di origine e quindi si trovano da mesi nella situazione paradossale di essere privi di passaporto. Si tratta di una realtà strutturale e non transitoria per la quale diventano necessarie normative all'altezza dei tempi: oggi ci sono 10 proposte di iniziativa parlamentare per la modifica della legge sulla cittadinanza italiana, da mesi al vaglio della Commissione affari
costituzionali.
LA SCHEDA
Se nel mondo sono in totale 175 milioni i migranti (uno ogni 35 persone), in Europa sono invece 32,8 milioni, con un tasso annuale di crescita del 2,2% nel decennio 1990-2000. La percentuale di immigrati rispetto alla popolazione europea è cresciuta dal 3,3% nel 1960 al 6,4% nel 2000: sono i dati contenuti nel recente Rapporto delle Nazioni Unite sul tema delle migrazioni internazionali. Il Rapporto evidenzia i vantaggi che vengono dall'immigrazione, ma anche le "ansie" che porta con il rischio di "diluire o fratturare le identità culturali e i valori".
Secondo il rapporto questi conflitti si riflettono in un "crescente dualismo nelle politiche migratorie nazionali in Europa". Se nel 1976, infatti, l'83% dei governi europei dichiarava soddisfacenti i livelli migratori (mentre il 17% li riteneva troppo alti), nel 2003 solo il 67% ha mantenuto le politiche neutrali rispetto al fenomeno migratorio, con il 9% che incoraggia flussi più sostenuti mentre il 23% ha messo in atto delle restrizioni. "Molti governi in Europa e altrove, storicamente non si sono mai percepiti come Paesi di accoglienza - rileva il rapporto Onu. I non cittadini sono generalmente scoraggiati dal cercare una residenza permanente e una eventuale cittadinanza. Ma la Germania, l'Irlanda e la Lettonia hanno recentemente varato leggi di cittadinanza per facilitare la naturalizzazione, rafforzare il senso di appartenenza e di partecipazione politica". (A.T.)