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La strana storia di Villa Dell’Utri
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L’ex villa di Dell’Utri? L’unica certezza è il giardiniere, che è rimasto lo stesso a curare il verde. Cambiata è la targa di marmo a lato del cancello: non più Villa Comalcione ma Villa Berlusconi, in corsivo, a segnalare il nuovo proprietario. E’ un fatto inedito che una magione dell’ex premier venga indicata così, secca secca, col cognome. E il sindaco, Giovanni Sala, si lascia scappare: «Non il massimo del buon gusto». Per il resto, a oltre un anno dall’acquisto (marzo 2012), nessun lavoro in corso. A Torno, sul lago di Como, circolano due ipotesi: la prima è che Berlusconi, preso dal suo dramma giudiziario, sia intenzionato a rivenderla; la seconda è che possa interessare alla primogenita, Marina, presidente Mondadori, come alternativa alle vacanze francesi a Chateauneuf in Provenza. Eccola qui, sotto la chiesa di San Giovanni, la neo Villa Berlusconi, cinta da siepi di lauri e gelsomini. Neanche così imponente, seppure in bella posizione con tremila metri di giardino (meglio di nulla) a scendere verso la piscina e il belvedere sul lago. Il Cavaliere l’ha visitata due volte, l’ultima insieme alla giovane compagna Francesca Pascale, poi non si è più visto. Gliel’ha ceduta un Marcello Dell’Utri in triplo affanno, processuale, finanziario, esistenziale, a un prezzo generoso al limite del favore tra amici: 21 milioni di euro; l’ormai ex senatore siciliano l’aveva comprata nel 2000. Procura e Fiamme gialle indagano la singolare coincidenza: proprio l’8 marzo dell’anno scorso il Cavaliere fece un bonifico di 15 milioni su un conto intestato all’amico e a sua moglie, Miranda Ratti; che è anche l’architetto d’interni responsabile della ristrutturazione insieme all’impresa Nessi & Majocchi. Di quei 15 (ritenuti un acconto sull’acquisto di villa Comalcione), 11 furono girati al volo su un conto dellutriano a Santo Domingo nei Caraibi, dove la coppia possiede un’altra villa nel compound residenziale Casa de Campo, verso Punta Cana. Il procuratore Ingroia, prima di lanciarsi in politica, l’ha inquadrata come possibile buen retiro offshore in caso di condanna definitiva a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Il verdetto della Cassazione è slittato alla primavera 2014; i tempi della prescrizione sono ormai vicini. Se i Pink Floyd conoscessero Dell’Utri definirebbero Torno, pochi chilometri sopra Como sul ramo orientale, "The Dark Side of the Lake". Non solo per le sponde meno soleggiate e il minore appeal mondano. Ma anche perché il Lario si è rivelato, per il cofondatore di Forza Italia, un vero magnete di disavventure, l’alfa e omega di ogni guaio. Prima di cedere la villa, infatti, Dell’Utri ne aveva posseduta un’altra, più importante, sulla sponda opposta, a Sala Comacina. Acquistata nel 1991 e rivenduta nel ’99 a un ricco tedesco. Proprio i lavori di adeguamento di Sala Comacina furono in parte coperti da assegni incassati da quei fondi neri di Publitalia che costarono al manager la prima condanna penale per false fatture e frode fiscale. Nel 1999 patteggiò la pena di due anni e tre mesi. Lo status di pregiudicato non ostacolò, in verità, l’ambizioso palermitano. In politica ebbe le fortune che sappiamo: l’invenzione di Forza Italia nel 1993-94 dalla forza vendita di Publitalia; la carriera parlamentare, dal 1996 alla Camera, dal ’99 a Strasburgo, dal 2001 al Senato. Ma anche gli insuccessi e l’ignominia: le condanne per concorso mafioso, gli altri processi per estorsione e frode fiscale, le inchieste sulla P3 e la trattativa Stato-mafia. Un calvario cui Dell’Utri ha opposto una forte tenuta nervosa, ma che gli ha rovinato la vita. Sua la lamentazione su Ingroia «fanatico». Suo l’auspicio andreottiano sulla prescrizione come meglio del peggio. Mentre il Marcello bibliofilo ha dovuto incassare il dileggio sui falsi "Diari di Mussolini", la crisi finanziaria della sua Biblioteca di via Senato, i sospetti di ricettazione di libri antichi, il ritrarsi imbarazzato delle ultime schegge di Milano bene. Ha dovuto perfino vendere le gloriose ceramiche anni Trenta di Gio Ponti care a sua moglie. Il tutto, alla fine, per cosa? Per assecondare le mire politiche e battaglie giudiziarie del suo capo carismatico, passato dalle magie di Sua Emittenza ai vertici G8 con George Bush al mesto circo Bunga Bunga ai quattro anni di detenzione per frode fiscale. Dell’Utri lo ha ripetuto spesso: «Fossi rimasto nel mondo degli affari...». E invece, che fato beffardo. E che iella il lago di Como. Proprio nel ’94 del trionfo di Forza Italia, nella villa di Sala Comacina, secondo i magistrati, l’organizzatore del partito avrebbe incontrato il celebre Mangano, lo stalliere di Arcore, che proteggeva le attività del Cavaliere di Brianza dalla "Dark Side of Sicilia"... Chissà, era destino. Berlusconi del Lario s’era incapricciato più volte. Anche per assecondare la figlia Marina, attratta dalle atmosfere romantiche. Nel 2007 aveva corteggiato la bella villa Belinzaghi di Cernobbio, adiacente il parco di Villa d’Este. Ma il proprietario, l’imprenditore Giorgio Fasana, in extremis aveva rinunciato all’affare. Berlusconi ci provò pure con villa Pizzo degli eredi Lodigiani, i costruttori, sulla punta tra Cernobbio e Moltrasio. Ma anche lì, malgrado l’interessamento di Dell’Utri, i Lodigiani non mollarono. Ora l’ultimo atto. Per l’inquieto ex senatore, 21 milioni sono una gran cifra, a compensare le amarezze; tanto più utile a Santo Domingo. Mentre Berlusconi, per una volta, non ha fatto il grande affare. Almeno sul piano immobiliare (tacendo l’ipotizzato scambio di favori). L’oggetto non è questo gran che. Non è tra le dimore di pregio nel Comune di Torno, che ne elenca quattro: le ville Pliniana e Plinianina, Taverna e Mia. Né figura tra le 77 ville storiche lariane censite da un repertorio come il sito lombardiabeniculturali.it. Nulla a che vedere con villa Carlotta a Tremezzo, o la villa Vigoni cara ad Adenauer, o la Oleandra di George Clooney. Tutte sull’altra sponda, quella nobile. E poi la posizione. La via d’accesso è stretta, con privacy minima rispetto ad Arcore o alla Certosa in Sardegna. E il retro, poi, con che confina? Col cimitero di Torno, anno 1927, era fascista, scandito da cappelle patrizie in "oni" come Berlusconi: Prandoni, Carioni, Taroni. Una vicinanza che non ha turbato Dell’Utri (da siciliano disdegna queste fisime iettatorie), ma al Cavaliere vitalista può dar fastidio. «Torno ha una cattiva esposizione», osserva Giorgio Fasana di villa Belinzaghi: «E’ buia d’inverno, ha viabilità difficile, è poco protetta. Non mi pare un grande acquisto». Infine, c’è un serio problema d’inquinamento. Nell’accesso all’acqua sotto Villa Berlusconi, "l’Espresso" ha trovato affissa l’ordinanza del sindaco del giugno 2012 sul divieto di balneazione, tuttora in vigore: per «note condizioni permanenti di scarsa qualità igienica», e la «presenza di scarichi fognari nelle acque antistanti». Poco male, dirà Berlusconi. Lui non è un gran nuotatore, e ora ha altri pensieri. Enrico Arosio
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