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Persino in un’Italia anestetizzata e rimbecillita da vent’anni di Tv berlusconiana, non c’è fesso talmente fesso da non aver compreso che il Caimano ha ordinato ai suoi ministri-famigli di abbandonare la bagnarola del governo non già perché deluso dal mancato rinvio dell’aumento dell’Iva, ma solo in quanto ormai persuaso - a torto o a ragione - che nulla e nessuno avrebbe potuto salvarlo dalla pena comminatagli in via definitiva dalla Suprema Corte. Berlusconi, dunque, rompe il fragile vaso delle "Grandi intese" e va alla guerra totale. Difficile immaginare che fatta la frittata si possa fra poco ritornare all’uovo. Berlusconi punta alle elezioni, poiché pensa che questo sia per lui lo scenario più favorevole (o meno sfavorevole) considerato che dall’altra parte della barricata c’è un Partito democratico sfibrato dall’irriducibile conflitto interno e da un’assenza di idee e di vera leadership. Ma prima ancora delle elezioni c’è un calcolo, cinicamente eversivo, coltivato con la protervia di uno scespiriano Riccardo III. La sfida che Berlusconi lancia, prima ancora che agli avversari politici, è allo Stato, alle Istituzioni, ai liberi cittadini di questa Repubblica. Berlusconi cala le carte e va a vedere quelle degli altri. "Provino ora ad arrestare il capo dell’opposizione, se ne hanno gli attributi" manda a dire, con toni da guerra civile, il pregiudicato, il proto-dittatore trasformato da Giorgio Napolitano e dal Partito democratico in alleato e fulcro del governo con cui concordare un’immonda "pacificazione". Servirebbe ora un sussulto di dignità, un colpo d’ala (ma chi ancora le possiede, le ali, in questa claustrofobica stagione post-democratica) per trattare Berlusconi e lo stuolo famelico dei suoi servi come meritano. Invece, ancora in queste ore, il presidente della Repubblica, con perfetto tempismo, parla di indulto, sacrosanto per i poveracci che affollano quei lager che sono le nostre carceri, indecente per il Caimano che pretende un salvacondotto per sè solo: un requiem definitivo per la Repubblica. In queste ore, in questi giorni si gioca molto del futuro democratico del Paese. E’ dubbio che le forze politiche e i loro più che modesti capintesta ne abbiano la percezione. Anche per questo la mobilitazione di sabato 12 ottobre per la difesa e l’attuazione della Costituzione si carica di un enorme significato. Tocca al popolo, ai suoi lavoratori, alle energie intellettuali ancora libere mettersi di traverso e impedire che la storia politica di questo paese precipiti in un nuovo buco nero.---- Il grande imbroglio delle "larghe intese" al capolinea Enrico Letta, che in queste settimane di schiaffi ne ha presi molti, non ci sta a fare la parte dell’agnello sacrificale e, per una volta, si ribella. "Il chiarimento deve avvenire in Parlamento, alla luce del sole, di fronte ai cittadini. E rispedisce al mittente l’accusa di essere lui il responsabile della crisi. "ll tentativo di Berlusconi di rovesciare la questione - ha detto - è contraddetto dai fatti che sono sotto gli occhi di tutti, perché la decisione di ieri del Consiglio dei ministri è stata causata dalle dimissioni in bianco annunciate da deputati e senatori del Pdl che non avrebbero garantito che l’eventuale decreto legge potesse essere convertito in legge. Una decisione, quella sul mancato rinvio dell’aumento dell’Iva, che è stata assunta concordemente anche dai ministri Pdl". Ma è al leader del centrodestra che Letta rivolge le parole più dure: "Berlusconi per cercare di giustificare il suo gesto folle e irresponsabile, tutto finalizzato esclusivamente a coprire le sue vicende personali, tenta di rovesciare la frittata utilizzando l’alibi dell’Iva". "In Parlamento ognuno si assumerà le proprie responsabilità d’innanzi al Paese. Gli Italiani sapranno rimandare al mittente una bugia così macroscopica, un simile tentativo di stravolgimento della realta". Ma nel Pdl emerge un dissenso per l’ordine di servizio con cui Berlusconi ha intimato ai "suoi" ministri il ’rompete le righe’. Fra quanti non hanno digerito il diktat c’è Gaetano Quagliariello, che così sbotta: "Io le dimissioni non ho avuto nessuna remora a darle però è evidente che se si decide in una sede in cui a discutere sono alcuni esponenti di un partito, senza il segretario, quel partito è geneticamente modificato: a questa Forza Italia non aderirò". Dunque "No al nuovo partito" - ha aggiunto - se questo è una "riedizione di Lotta Continua" E ancora: "Non so se c’è una scissione: so che il centrodestra non è quello che si è espresso ieri". Anche Fabrizio Cicchitto mostra di non gradire: "Berlusconi avrebbe bisogno di un partito serio, radicato sul territorio, democratico nella sua vita interna, un partito di massa, dei moderati, dei garantisti, dei riformisti e non un partito di alcuni estremisti che nelle occasioni cruciali parlano con un linguaggio di estrema destra dall’inaccettabile tonalità anche nel confronto con gli avversari politici che non dobbiamo imitare nelle loro espressioni peggiori". Il "dissenso" emerge anche dalle parole di Maurizio Lupi: "Così non va. Fi non può essere un movimento estremista in mano a degli estremisti. Vogliamo stare con Berlusconi, ma non con i suoi cattivi consiglieri. Si può lavorare per bene del Paese essendo alternativi alla sinistra rifiutando gli estremisti. Alfano si metta in gioco per questa buona e giusta battaglia". La ’fronda’ emerge anche dalle parole - nette - di Beatrice Lorenzin: "Non giustifico né condivido la linea di chi lo consiglia in queste ore", tentano di distruggere tutto quello che Berlusconi ha costruito e rappresentato". E annuncia che non farà parte di questa FI che "spinge verso una destra radicale". Sul fronte mediano risorge anche il pallido Mario Monti, preoccupato di offrire un’ultima chance alla legislatura: "Aspetteremo ora con rispetto le decisioni del Primo Ministro Enrico Letta e poi del Capo dello Stato Giorgio Napolitano. Scelta Civica non mancherà di dare il proprio contributo a soluzioni di governo credibili, proiettate sull’intera legislatura e caratterizzate da impegni precisi nei contenuti e nel calendario di attuazione". Dice la sua pure Luca Cordero di Montezemolo: "Per gli imprenditori che combattono sui mercati internazionali è un vero e proprio tradimento" da parte di chi "dovrebbe rappresentarne più di altri le istanze". Per poi rivolgere un appello a Lupi, Quagliariello, Sacconi, Gelmini, Lorenzin e Alfano: "Riflettano bene prima di decidere di assecondare, fino alla fine, una deriva populista e irresponsabile che riporta il paese sul ciglio del baratro e che non corrisponde al sentire di milioni di elettori moderati". Beppe Grillo suona la carica del Movimento 5 Stelle dal suo blog. E invoca le elezioni subito: " Berlusconi ha ritirato i ministri dal governo. L’impalcatura costruita da Napolitano a colpi di rielezione, di saggi comprati al mercato della politica, di gestione presidenziale del Parlamento, è crollata. Non era necessario un indovino per prevederlo. Napolitano non poteva non sapere che un governo di larghe intese con un potenziale delinquente finisse nel peggiore dei modi". Poi la stoccata contro il premier e Napolitano: "Letta passerà alla storia minima del nostro Paese per non aver mai deciso una cippa, è stato scelto dalla coppia Napolitano&Berlusconi. Un fiasco colossale". L’Italia ha perso un anno a gingillarsi mentre l’economia stava precipitando. Rinvio dopo rinvio questi parassiti hanno tirato a campare mentre l’Italia tirava le cuoia. L’ultimo regalo l’assurdo aumento dell’Iva che colpirà le classi sociali più deboli. Un cambiamento immediato è necessario. Bisogna tornare al voto. Gli italiani devono poter decidere se vivere o morire. Rien ne va plus. E’ l’ultimo treno. Napolitano non si opponga. L’Italia non può più reggersi sulle spalle di un ultra ottuagenario che sta, volontariamente o meno non importa, esercitando poteri da monarca che nessuno gli ha attribuito. Napolitano deve rassegnare le dimissioni. E’ a lui che dobbiamo questo impasse. Alle sue alchimie va attribuito lo sfacelo istituzionale attuale. I prossimi mesi saranno per cuori forti. In alto i cuori". E lui, Napolitano, che fa? "La tradizione è che il presidente della Repubblica concede lo scioglimento delle Camere quando non c’è la possibilità di dar vita ad una maggioranza e ad un governo per il bene del Paese" - ha detto il Presidente da Napoli - a proposito dell’eventuale ritorno alle urne. Poi ha aggiunto: "Procederò con una attenta verifica dei precedenti di altre crisi, a partire dalla crisi del secondo governo Prodi". In bocca al lupo. a noi, ovviamente... Dino Greco |
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