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Momento importantissimo, per l’opera musicale, l’anno 1813. In una temperie già segnata dai nomi di compositori come Rossini, Donizetti e Bellini, e precedente all’avvento di figure come Puccini, Mascagni o Cilea, nascevano Richard Wagner e Giuseppe Verdi. Il primo, artefice di una rivoluzione iconoclasta nel teatro musicale che, con i suoi stilemi, inciderà in diversa misura sulla musica a venire, rimanendo però, nella sua interezza, sostanzialmente fenomeno, per quanto significativo, isolato. Giuseppe Verdi, invece, che porterà ai vertici la musica teatrale, rimanendo negli schemi della tradizionale modalità italiana, pur via via inserendo anche, in vario modo, altri diversi contributi della storia della musica. Ogni artista è una individualità vestita di circostanze: analizzarne le vicende biografiche è conoscerne l’esteriorità espressiva; goderne pienamente l’opera è percepirne l’originalità intima soggettiva. Nato la sera del 10 ottobre a Le Roncole, a circa un’ora di cammino da Busseto, nella provincia di Parma, primogenito di Carlo, semplice proprietario di un’osteria, e di Luigia Uttini, che con il matrimonio, avvenuto l’anno prima, aveva smesso di fare la filatrice, Giuseppe dimostrò, ancora fanciullo, attitudini musicali. Non ebbe insegnanti eminenti. Diciannovenne tentò l’esame di ammissione al conservatorio di Milano, quello che oggi è proprio intitolato a lui. Non fu ammesso. Proseguì, allora, gli studi in città, ma privatamente. Tornato a Busseto, nel 1836 sposerà Margherita, figlia del suo mecenate Antonio Barezzi. Dopo si trasferirà con lei a Milano dove, nel 1839, riuscì a far rappresentare la sua prima opera, “Oberto, conte di San Bonifacio”, al Teatro alla Scala. Fu quindi la volta di un’opera comica, “Un giorno di regno”. Periodo estremamente infausto, quello, per l’uomo e per l’artista, segnato dalla morte della moglie e dei due figli. La rappresentazione dell’opera si rivelò un completo insuccesso. Sarà il lavoro seguente, “Nabucco”, a risollevarlo dando inizio alla sua strepitosa carriera. Da allora in poi onori e gloria non ebbero più limite e seguiranno, tra buoni e cattivi esiti, “I Lombardi alla prima crociata”, “Ernani”, “I due Foscari”, “Giovanna d’Arco”, “Attila”, “Macbeth”, “I Masnadieri”, “Il corsaro”, “La battaglia di Legnano”, “Luisa Miller”, e “Rigoletto”, “Il trovatore”, “La traviata”, “I vespri siciliani”, “Simon Boccanegra”, “Un ballo in maschera”, “La forza del destino”, “Don Carlos”, “Aida”, “Otello”, “Falstaff”, complessivamente ben ventotto opere, alcune anche soggette a rifacimento da parte dello stesso autore. Negli ultimi anni, pure un quartetto e musica sacra, tra cui la messa da requiem in morte di Alessandro Manzoni. Dopo una convivenza decennale sposerà il soprano Giuseppina Strepponi. Girerà per il mondo e coprirà la carica di deputato. Una esistenza, quindi, che, partita dalla semplicità di un borgo e dagli stenti tipici di tanti esordi, lo innalzerà a trionfi ed esperienze, civili, politiche ed artistiche, nazionali ed internazionali; iniziata con affetti canonici e lontani da ogni possibile maldicenza, arriverà alla chiacchierata convivenza con un’artista dall’esistenza ben più vivace di quella della sua prima moglie, ed a simpatie muliebri non diversamente dichiarate. Da tutto ciò verrà fuori la figura di un artista dalla carica espressiva rustica, ma pure, in virtù di un individuale carattere, tenace, operoso e capace di evolvere, coadiuvato anche da altre circostanze biografiche, via via sempre più raffinato e di ampi orizzonti, peculiarità che si concretizzeranno in un’ incontestabile forza trascinante e persuasiva della musica, tendenzialmente cupa, virile, dai toni minacciosi. Scorrendo nella storia dell’arte, è possibile ravvisare due distinti indirizzi. Un primo, che, estraniandosi dalle contingenze terrene, aspira ad una idealità di bellezza assoluta, senza luogo né tempo. È quello di un’arte polita, raffinatissima, che, come fuori dalla realtà, gode di se stessa, angelica, paradisiaca, apollinea. L’altro, ben più terreno, affonda le sue radici in una adesione, rappresentazione, riproduzione del reale profonda, attiva, partecipata, verace, appassionata, umana, sofferta, virile, pugnace, scultorea, drammatica nel senso più ampio del termine, dionisiaca, che sin compiace della lotta, dello sforzo, delle tinte fosche ma che, in virtù di una straordinaria efficacia, al tempo stesso, paradossalmente, si erge sulle miserie del mondo, contemplandole e nobilitandosi nella catarsi che questa visione opera sugli animi. Si confrontino gli ascolti della messa da requiem di Mozart e di quella del maestro di Busseto. È proprio quella seconda la maniera di Giuseppe Verdi, massimo musicista di teatro, per la cronaca trascinatore di folle eccitate da eventualità politiche di riscatto, per la storia straordinario dipintore sonoro di umanissime passioni. Rosario Ruggiero |
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