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Aumenta il debito e frega il mondo
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Per il Congresso Usa si avvicina la scadenza del 17 ottobre entro la quale democratici e repubblicani dovranno trovare un accordo per alzare ancora una volta “legalmente” il tetto del debito pubblico. La maggioranza repubblicana alla Camera dei Rappresentanti e quella democratica al Senato sono tutt’ora al muro contro muro. Al sì dei senatori si è contrapposto il no dei deputati. I repubblicani si sono infatti impuntati dopo il rifiuto di Obama di posticipare di un anno l’entrata in vigore della riforma sanitaria. Non se ne parla proprio, aveva replicato con veemenza l’inquilino della Casa Bianca. E’ una legge che è stata approvata in via definitiva da entrambi i rami del Congresso ben tre anni e mezzo fa. Ed è una legge che consente l’assistenza medica a 35-40 milioni di cittadini che ne sono privi. Il tutto a fronte di una polizza assicurativa che comporta un prezzo ritenuto accettabile anche per il ceto medio. In ogni caso, un bel guadagno per le compagnie assicurative che avranno 35-40 milioni di nuovi clienti. Il punto è tutto lì. Obama, dopo il mega prestito di 85 miliardi di euro versati all’AIG, il colosso assicurativo nazionale, ha confermato di avere sempre nel cuore più Wall Street dei suoi concittadini. Il no dei repubblicani ad una legge che in ogni caso è da ritenersi sacrosanta, è semmai una conseguenza della svolta a destra del Gop. Dove destra non significa necessariamente la difesa degli interessi dell’Alta Finanza ma al contrario la difesa dei “valori” tipicamente Usa del self made man. Una svolta verificatasi sotto la spinta degli ambienti che si riconoscono nel Tea Party e che giudicano una insopportabile ventata di “socialismo” ogni intrusione dello Stato federale nella vita dei cittadini. Insomma, dicono i repubblicani puri e duri, nessuno può obbligare un cittadino a sottoscrivere una polizza del genere se lui non è d’accordo. Ed anche se ha a che fare con la sua salute. Si è creata in tal modo una situazione paradossale nella quale i concetti di destra e di sinistra, di liberismo e di statalismo finiscono per confondersi in un groviglio inestricabile. Con logiche che agli europei appaiono incomprensibili. Nessuno da noi oserebbe mai mettere in discussione il diritto dei cittadini di usufruire di una assistenza sanitaria. Almeno in questo campo lo Stato Sociale, il Welfare come lo chiamano gli anglofoni, è considerato un diritto acquisito. Nessuno qui da noi, almeno in teoria, rischia di vedersi respinto da un ospedale, come succede in America, perché è privo di una polizza sanitaria. Sono due modi di vedere che stanno agli antipodi e che testimoniano che i modelli italiano ed europeo, che pure dovrebbero vedere l’eliminazione di sprechi e delle baronie ereditarie, è lontano anni luce da quello di oltre Atlantico. Resta comunque la scadenza del 17 ottobre dopo di che lo Stato Federale Usa potrebbe anche dichiarare bancarotta. Un rimedio in extremis è già stato trovato due volte, nell’agosto 2012 e nel luglio scorso, alzando legalmente il tetto del debito. Ed è prevedibile che succeda anche stavolta. Ma dopo il no della Camera a maggioranza repubblicana, la macchina federale ha subito un brusco stop. Per la mancanza di stipendio ai dipendenti si sono infatti bloccati molti servizi pubblici “non vitali” come i musei e i parchi naturali. Il cosiddetto “shutdown” non è stato apprezzato per niente dal maggiordomo di Wall Street che l’ha considerato come una offesa personale. Obama, dopo aver ribadito il suo sostegno alla classe media e la volontà di creare milioni di nuovi posti di lavoro, ha ammesso di stare cercando una mediazione con i repubblicani e gli ha chiesto di approvare una legge che consenta di alzare il tetto legale del debito per sei mesi invece dei canonici dodici. In ogni caso, se adesso i repubblicani si atteggiano a difensori dell’equilibrio dei conti pubblici e giocano nell’accusare i democratici di essere fautori della spesa facile, della quale sono pienamente corresponsabili, a nessuno può sfuggire la realtà di un Paese, gli Usa, che non trova nulla di strano a vivere ben al di sopra delle proprie possibilità. Il debito federale è infatti al 105% del Pil e con il debito degli Stati dell’Unione si arriva oltre il 130%. Come e peggio dell’Italia. A questo si aggiunge il perenne deficit commerciale Usa, 600-700 miliardi di dollari annui che testimonia del fatto che gli Usa importano e consumano più beni di quanti ne esportano. E teniamo conto che per il petrolio gli Usa sono tornati ad essere quasi autosufficienti. A questo si aggiunge che i cittadini sono perennemente indebitati per il mutuo e i consumi di tutti i giorni. Esce così fuori la realtà di un Paese che vive sulle spalle del resto del mondo e che vuole continuare a farlo. Un Paese che può contare ancora sul ruolo del dollaro, il cui cambio non riflette più la forza della sua economia ma che si avvale della forza degli Usa come prima potenza militare del mondo. Una moneta di occupazione che potrà continuare ad imporsi fino a quando l’intero edificio crollerà su se stesso. Giuliano Augusto
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