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“Ma le parole, attenti alle parole” (s.j.) Morte le ideologie, seppellite le religioni, arsi gli Eroi, tramontati i miti, tutti sembrerebbero finalmente essersi accorti che “dio è morto”. Ma la morte ha portato con sé, insieme a dei e idoli, anche il Prussiano col Martello, e in numero molto inferiore, quindi, si sono invece accorti che debba giungere l’ora della volontà degli Uomini. Trionfa quindi - in mancanza di meglio, in assenza della Forza - la peggiore delle religioni, quella della mediocrità, del basso umanesimo, del dogma della bontà, della plastica, dell’effimero. Una religione che sembra essere la realizzazione dei sogni più indicibili dei potenti, dei plutocrati, dei signori del denaro, assecondando questa la morte delle nazioni, dei popoli, degli uomini; disdegnando questa la fertilità, la lo sguardo alto, la Vita; non mettendo questa a repentaglio il disordine costituito e prevedendo – sempre essa, la “piccola fede” – il soffocamento di quanto possa costituire una minaccia per l’omologazione e la sterilizzazione dell’intero mondo. Rebus sic stantibus, nulla è permesso: ogni affermazione di identità (etnica, politica, culturale, finanche sociale, “di classe”) è preclusa. A questa battaglia di retroguardia ormai sono relegate poche, represse, sparute, ghettizzate, frange estreme: facilmente controllabili, manipolabili, disponibili loro malgrado a fungere da agnello sacrificale sull’altare della tutela delle “libertà civili”. Privati delle idee, spogliati delle ideologie, siamo giunti al passo finale: privarci delle opinioni, privarci della parola. Vietato ogni riferimento alla “razza”, al “sesso”, all’ “orientamento di genere”, all’ “orientamento sessuale”, all’ “etnia”. Vietato dubitare di una “storia universale” artefatta e funzionale ai soliti noti, vietato mettere in discussione i suoi miti. Vietato andare sopra le righe, essere scorretti, osare, alzare lo sguardo. Da qualche tempo, addirittura, non ci è concesso neanche lo sfottò campanilista, quello dello stadio, il “forza Vesuvio”, il “Giulietta è ‘na zoccola”. Perché dovete essere accoglienti. Dovete essere buoni. Dovete, soprattutto, stare buoni. Finito, basta. Non si può. Ti chiuso lo stadio, ti metto in prigione, ti prendo le impronte, ti matricolo, chiamo l’eurogendfor. Per fortuna, stavolta, sono cascati male. Gli stadi, le curve, da nord a sud, non ci stanno. E preferiscono subire le maledizioni meneghine che invocano il magma distruttore, preferiscono subire l’onta del mischiare colori nemici, preferiscono ammettere l’offesa e il vilipendio alle proprie bandiere, in nome di un principio etico. Che la libertà di espressione del pensiero è sacrosanta. Che oggi sono colori sportivi e che domani saranno bandiere di popolo. Che è meglio vivere una società in cui sentirsi dire “negro”, “cornuto”, “lebbroso”, che una in cui per averlo detto si dischiudono le porte del carcere. Che si comincia dal reprimere negli stadi e si finisce nella società tutta. Finita la politica, ci salveranno i giovani delle curve? Finite le idee ci salverà la loro “mentalità”? Un soffio di forza in una società senza energia. Un soffio di colore in una società grigia. Un soffio di Vita sputato in faccia a chi ci vuole morti. Avanti Ultras. Fabrizio Fiorini |
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