Conversano, lo scandalo della discarica I periti del gip: "Contaminato il terreno”
 











È uno dei punti fermi del nuovo piano dei rifiuti regionale. Ma la nuova discarica di Conversano perde. Le due vasche in contrada Martucci realizzate anche con fondi pubblici dalla ditta Lombardi non avrebbero strati di impermeabilizzazione adeguati. L’argilla che avrebbe dovuto isolare la struttura praticamente non esiste. E quella che c’era, vista la natura della zona, è stata lavorata in maniera sbagliata. A sostenere la tesi questa volta non sono né fanatici ambien-talisti, né i carabinieri del Noe né la Procura. Lo dicono i periti nominati dal gip di Bari, Annachiara Mastrorilli, che dal 9 al 26 settembre hanno realizzato nella struttura undici campionamenti alla presenza anche dei periti di parte.
In attesa della relazione finale, che verrà consegnata nelle prossime settimane al termine delle indagini di laboratorio, i report depositati volta per volta dai periti - che Repubblica ha avuto modo di consultare - lasciano pochi spazi ai dubbi:
la discarica non è stata realizzata come avrebbe dovuto e soprattutto la situazione nella quale si trova, così com’è, non sarebbe compatibile con l’esercizio. Le vasche perdono. Le prove di permeabilità effettuate hanno infatti dato esito negativo, tanto che i periti di parte stanno provando a contestare nel metodo più che nel merito com’è stata eseguita la prova.
Di fatto quindi sono state confermate, se non addirittura peggiorate, le conclusioni alle quali era arrivata la Procura nell’aprile di quest’anno quando il pm Baldo Pisani aveva chiesto e ottenuto il sequestrato dell’impianto. Il dato positivo riguarderebbe invece le acque di falda dei terreni circostanti, che - dimostrerebbe un report presentato dalla difesa della società Progetto gestione Bari 5, curato dall’università di Padova - non presenterebbero valori alterati. Se non in alcune misure probabilmente dovuti però ai pesticidi utilizzati dalle coltivazioni nella zona. Il vero problema riguarda però le modalità con cui
è stata costruita la discarica. Ai sopralluoghi di settembre hanno partecipato anche i tecnici della Regione: sanno benissimo che, qualora fossero confermati i dati venuti fuori dai primi controlli, così com’è la discarica non potrebbe entrare in servizio. Ma sarebbero necessari alcuni lavori di adeguamento. Non è un caso che il consigliere regionale del Pd, Fabiano Amati, nel consiglio di martedì ha presentato e fatto approvare un emendamento che subordina l’entrata in funzione dell’impianto di Conversano "alle verifiche ambientali di tutte le autorità competenti".
Al momento gli indagati sono 11: Rocco e Paolo Lombardi, il direttore dei lavori Carmine Carella, il capo dell’impianto Angelo Procaccio, l’ingegnere Giancarlo Florio, i membri della commissione di collaudo regionale Francesco Bitetto, Antonio De Risi e Romano Donno, l’amministratore della Progetto gestione Bacino Bari 5, Antonio Albanese, e i due tecnici Saverio Misceo ed Enrico Tatò. La storia dell’impianto rende però
diverse le varie posizioni.
A costruire l’impianto è stata la ditta Lombardi, tra l’altro utilizzando in buona parte fondi pubblici. Lo fanno nell’ambito del piano dei rifiuti voluto dall’allora governatore Raffaele Fitto. Piano che poi viene però annullato dalla giunta Vendola che per questo straccia il contratto con i Lombardi e procede a una nuova gara d’appalto. Nel frattempo però scatta il ricorso al tribunale amministrativo e la Regione lo perde. A questo punto le strade sono due: o i Lombardi rientrano nella gestione della discarica oppure bisogna pagarli per averla realizzata. Si sceglie una terza via, ora oggetto di una parte di questa inchiesta, tanto che sono in corso accertamenti da parte del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza: si procede cioè a una terza gara d’appalto in cui la Lombardi si presenta in Ati, Associazione temporanea d’impresa, con la ditta che avrebbe dovuto prendere
il suo posto nella gestione dell’impianto e costituiscono appunto
il Progetto gestione Bari 5 che
ora gestisce la discarica.
La società - fanno notare però gli investigatori - trova già l’impianto realizzato. Però non controlla che tutto sia in regola. Ed è di questo che i nuovi soci potrebbero in qualche maniera rispondere. Stessa accusa che viene mossa ai tecnici collaudatori che hanno certificato quello che, secondo i periti, invece non era. giuliano foschini,repubblica