Destinazione Italia, Letta prova a riscrivere il piano bocciato dai manager
 











Mentre le dismissioni pubbliche tornano di attualità dopo la pausa crisi di governo, il piano Destinazione Italia che Enrico Letta sta utilizzando come biglietto da visita nelle sue visite all’estero per attrarre investimenti in Italia, ha finora raccolto più commenti al vetriolo che denari. Se ne dev’essere accorto perfino il presidente del consiglio, visto che il 9 ottobre scorso il governo ha avviato una “consultazione” online di trenta giorni sul documento originario del Piano perche i cittadini possano esprimere una valutazione delle misure o proporne di nuove. E questo anche se, avverte l’esecutivo con una postilla, “alcune delle misure sono già in corso di adozione da parte del Governo ed è quindi possibile che alcuni atti propedeutici alla loro attuazione siano approvati in tempi rapidi”.
In attesa delle modifiche, quindi, resta la versione originale, quella che ha fatto arrossire molti manager italiani ai vertici di aziende straniere
che, da esperti del percorso inverso rispetto alla destinazione Italia e probabili destinatari di una proposta di investimento nella Penisola, hanno commentato duramente sui social network le slide di presentazione del progetto. “Mi sento male. Se uno dei miei junior consultants mi presenta una roba simile gli sputo in faccia e lo caccio immediatamente”, ha scritto per esempio su Facebook un alto dirigente della società di consulenza Lowendal Masaï. ”Contenuti falsi e penosi… e non parliamo del format!!!”, ha aggiunto un collega ai vertici di Tas Group, società specializzata in soluzioni software per pagamenti e mercati finanziari.
Altri come il titolare del tour operator Agriscambi, invitano su Twitter a “confrontare Destinazione Italia con Destinazione Bulgaria“, sottolineando che “qui hanno messo una tassa anche sulla speranza … più attendi e più paghi”. Secondo un dirigente italiano di GE Healthcare, una divisione della General Electric, le slide sono invece “piene di frasi
molto spesso in grassetto che creano confusione e non attraggono l’attenzione sui punti principali”. Questa potrebbe quindi essere una “tattica perché se dovessimo ridurre tutto a tre punti salienti sul perché investire in Italia sarebbero ridicoli”.
E, mentre gli investimenti esteri tardano ad arrivare, arrivano nuovi dettagli sul prossimo piano di privatizzazioni dell’esecutivo. Letta ha spiegato in un’intervista al Washington Post che prevede di cedere Fincantieri e una quota del 49% di Terna, dimenticando però che del gestore della rete elettrica lo Stato possiede solo il 29,9% attraverso la Cassa Depositi e Prestiti. Le privatizzazioni, ha spiegato il premier, serviranno a reperire le risorse per portare la pressione fiscale “alla fine dei tre anni” del percorso previsto dal 44,3% al 43,3%. “Credo che ora i mercati siano pronti per comprare e venderemo gli asset pubblici”, ha affermato Letta, dichiarando che sarà “un passo importante”.
“I riferimenti numerici a ipotesi di
dismissioni riportati in un’intervista del presidente del Consiglio al Washington Post sono da intendersi come puramente indicativi della volontà di offrire al mercato quote non di controllo“, ha poi precisato una nota di palazzo Chigi tentando di rimediare alla gaffe del premier e sottolineando che “il governo deciderà entro l’anno, come previsto dal piano Destinazione Italia, con il supporto del Comitato per le privatizzazioni istituito presso il ministero dell’Economia e Finanze”. Comitato che tornerà operativo grazie a una norma inserita nell’ultima bozza del Dl collegato alla legge di stabilità che era stata inizialmente prevista nella cosiddetta “manovrina”. Per “assicurare un costante supporto al ministero dell’Economia e delle finanze nella predisposizione entro il 31 dicembre del 2013 e nella attuazione di programmi di dismissione di partecipazioni dello Stato e garantire la realizzazione degli stessi programmi secondo modalità e procedure trasparenti e tali da massimizzare i relativi introiti – si legge nel documento – Il ministero dell’Economia continua ad avvalersi del comitato permanente di consulenza globale e di garanzia per le privatizzazioni di cui alla direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 15 ottobre 1993?.
Il comitato è composto dal direttore generale del Tesoro Vincenzo La Via e da quattro esperti che restano in carica per tre anni con possibilità di conferma. Nella bozza si legge che la norma è volta ad assicurare carattere permanente al Comitato in deroga a quanto previsto dal decreto 95 del 2012 che prevedeva la soppressione degli organismi collegiali operanti presso le pubbliche amministrazioni, in regime di proroga ai sensi dell’ articolo 68, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112. La deroga, si spiega ancora, “è giustificata dall’interesse dello Stato di avvalersi, già nell’immediato per la predisposizione di un programma di privatizzazione, in coerenza con quanto indicato dal governo in Destinazione Italia,
dell’assistenza tecnica degli esperti che compongono il Comitato nella individuazione e nella successiva attuazione di operazioni di privatizzazione di partecipazioni dello Stato”.ilfatto