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Il declino dell`Europa degli gnomi |
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C’è un mantra che ricorre in questi giorni nelle analisi dei media embedded italiani negli articoli di economia e finanza. Gli autorevoli “opinionisti” o redattori, dopo aver letto il Financial Time, hanno parlato tutti di “rischio deflazione”, di “necessità di taglio degli interessi primari” della Bce (e Mr. Draghi si è subito adeguato con un -0,25%: "la grande notizia": così l’ha definita il Letta!), e di “modello di crisi alla giapponese”. Tutti però hanno rimosso, nelle loro paludate analisi, il fatto incontestabile che Tokio non ha affatto attuato una terapia di rigore e di austerità e di attacco sociale come fatto invece dagli eurocrati della Ue. Anzi, il Giappone, pur non aumentando la sua crescita per lunghi anni (ma comunque non “decrescendo”… come accade invece ad esempio in Italia), ha, pompando liquidità, mantenuto intatto il potere d’acquisto delle famiglie e, soprattutto, mantenuto l’occupazione generale, il Lavoro. In Europa le cure degli gnomi dell’austerità monetaria – tra i “Nostri”, appunto: Draghi, Andreatta, Prodi, Ciampi, Dini, Saccomanni, Visco – hanno portato l’intero continente alla recessione e, come dicono ora, alla deflazione. E ad una disoccupazione così grave che ormai si può disgraziatamente parlare di “generazione perduta” riferendosi ai giovani che non trovano lavoro o sono costretti all’emigrazione per occupazioni precarie. Nessuno di loro, nei fatti, si è posto al servizio del bene delle comunità nazionali, di fatto condotte alla rovina e ad almeno un ventennio di non rinnovamento generazionale. Si tenga anche presente che questi stessi “gnomi” – eurocrati al servizio delle banche d’affari multinazionali – hanno imposto anche l’euro come moneta unica “fabbricatrice di unità”. E’ evidente la menzogna: l’euro ha prodotto divisione e devastazione economica. Tralasciando le nostre ventennali critiche ai Trattati di Maastricht e consimili, al depauperamento ormai quasi completo delle capacità di economia reale, industriale e strategica delle nostre migliori aziende, ai baratti a nostro danno chiamati liberalizzazioni e privatizzazioni, basti pensare al dato attuale, alla forbice attuale tra euro e dollaro. Al cambio, per avere un euro bisogna pagare un dollaro Usa e trentanove centesimi: l’euro è considerato troppo forte dagli acquirenti mondiali di beni industriali e le esportazioni Ue ne soffrono e quelle Usa naturalmente no. In pratica è come se le imprese americane vendessero col 40% di sconto rispetto a noi. L’inflazione nella zona euro (1,5%) è praticamente inesistente. Il tasso di interesse della Bce ormai dello zero virgola venticinque per cento e quindi non è in grado di stimolare l’economia alla crescita. E la “cura” di Draghi non serve a nulla. Non salverà dalla recessione e anzi, con il dollaro così basso è prevedibile un ulteriore restringimento della base occupazionale e dell’export europeo. Questa crisi, che si aggiunge alla crisi della bolla internet, a quella dei subprime, a quella immobiliare, a quella bancaria e a quella produttiva non metterà dunque in crisi lo strumento di dominio mondiale in mano agli Usa: il dollaro. Ma i guru, impavidi, vanno avanti. E accelerano il declino. Lorenzo Moore
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