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E’ un vero e proprio boom di fallimenti, che toccano nel nostro paese un nuovo record: nei primi nove mesi di quest’anno sono stati quasi 10mila (per la precisione 9.902), in aumento del 12% rispetto allo stesso periodo del 2012, mentre la crescita del solo terzo trimestre è di ben il 9%. Anzi, secondo la banca dati della Cerved, società specializzata nell’analisi delle imprese e nella valutazione del rischio di credito, i fallimenti sono al livello «massimo osservato da più di un decennio nel periodo gennaio-settembre». Tanto perché «la ripresa è a portata di mano», come sostiene da giorni Enrico Letta, nella speranza di farci dimenticare la realtà. E la realtà è che, al contrario, la crisi si fa (e si farà) sempre più pesante proprio a causa delle politiche di austerity messe in campo dal governo Alfetta, teleguidato da Bruxelles. Non a caso, la crescita dei default riguarda tutte le forme giuridiche, con tassi di crescita a due cifre: +12% per le società di capitale, +10% per le società di persone e +11% per le altre forme giuridiche. E tutti i settori: a cedere maggiormente sono le industrie dei servizi (con un aumento dei fallimenti del 14%), seguite dalla manifattura: +11%, che addirittura inverte il trend positivo del 2012. Continua l’aumento del fenomeno anche nelle costruzioni (+9,7%), il settore che sta pagando il dazio più pesante alla crisi. L’aumento dei fallimenti è un fenomeno diffuso anche dal punto di vista geografico: la Lombardia accusa di gran lunga il numero assoluto maggiore di fallimenti (2.250 nei primi nove mesi) con un aumento del 13%. Peggiore il trend di Emilia Romagna e Veneto (+19% per entrambe le Regioni) e del Lazio (+15%). Male anche il Sud, frenano i default Liguria (-11%) e Umbria (-18%). |
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